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Durante un concerto a Napoli dei 99 Posse alla festa dei Carc sono state esposte sul palco le bandiere delle repubbliche di Donetsk e Lugansk. Dato che sulle locandine della festa c’era anche il logo dell’ANPI si è scatenata la polemica da parte dei sostenitori della guerra per procura della NATO che hanno preso a bersaglio l’ANPI accusata per l’esposizione di “bandiere filo-russe”.
Innanzitutto va detto che la polemica con l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia è fuori luogo. L’ANPI partecipa a migliaia di iniziative di partiti, gruppi, associazioni antifasciste senza per questo doverne condividere tutte le posizioni. Infatti è presente ovunque a feste del PD pur non condividendo il sostegno alla guerra da parte di quel partito. Quindi attaccare l’ANPI per quel che fanno i 99 posse sul palco è una stronzata. Ovviamente il nervo scoperto per gli atlantisti è che l’associazione si sia schierata contro l’invio di armi e per una soluzione di pace. Per questa scelta coraggiosa di fedeltà all’articolo 11 della Costituzione dobbiamo ringraziare l’ANPI come ho detto anche nel mio intervento al congresso nazionale del 2022. Ma poi è così grave aver esposto quelle bandiere? Io dico di no. Il principio di autodeterminazione se è valido per l’Ucraina lo è anche per le sue regioni orientali e per la Crimea. Lo ha spiegato Alfredo De Zayas in un articolo che ho tradotto sulla pulizia etnica contro armeni del Nagorno Karabakh: “se il principio di autodeterminazione vale per il tutto, deve valere anche per le parti”. E’ quello che pensava e dichiarava Gorbaciov sulla Crimea e il Donbass.
Quelle bandiere ricordano che la vicenda ucraina è molto più complicata del racconto manicheo che, da una parte e dall’altra, serve a giustificare la guerra. Non si può raccontare la genesi del conflitto facendo finta che tutto sia cominciato nel 2022 con l’invasione decisa da Putin. Sullo sfondo c’è lo scontro geopolitico tra USA e Russia con l’espansionismo della NATO a est. Ma c’è anche il ruolo del nazionalismo ucraino sostenuto dall’Occidente. Se l’informazione italiana fosse meno manichea qualche talk avrebbe invitato la nostra ex-europarlamentare Eleonora Forenza che nel 2016 ha visitato le repubbliche con la Carovana antifascista e per questo è finita nel mirino del governo ucraino.
Le repubbliche nel 2014 non nacquero per iniziativa di Putin – gli oligarchi russi avrebbero continuato a fare affari con l’Occidente dove trascorrono gran parte del loro tempo e dove erano soliti investire – ma da una rivolta popolare seguita all’ondata di nazionalismo anti-russo di Euromaidan. Ora la situazione è molto cambiata dopo l’invasione e l’annessione da parte della Russia ma rimane il fatto che quelle bandiere ricordano che: 1) Putin all’inizio della vicenda non era un sostenitore del secessionismo 2) la guerra in corso è anche una guerra civile su cui NATO e Russia hanno gettato benzina.
Sulla genesi delle repubbliche separatiste invito a leggere l’analisi che Boris Kagarlitsky scrisse nel 2014.Kagarlitsky non può essere accusato di essere filo-Putin essendo in questo momento in galera per la sua opposizione alla guerra. Approfitto per invitare a firmare l’appello che ho lanciato a fine luglio per la liberazione di questo grande intellettuale militante e a andare sulla pagina fb del comitato internazionale Freedom for Kagarlitsky.
Consiglio anche di leggere il suo libro edito da Castelvecchi editore L’Impero della periferia che aiuta a comprendere la Russia molto più degli articoli degli scribacchini guerrafondai o dei rozzobruni. Cosa scriveva Kagarlitsky? Eccovi la traduzione del suo articolo del 2014:
I burocrati russi sono stati sinceramente sorpresi dalla reazione dell’Occidente ufficiale: non si aspettavano una tale rabbia o una condanna unanime.I politici europei sono fuori di sé dalla furia. La stampa mainstream racconta ai suoi lettori storie spaventose sull’aggressione russa contro l’Ucraina. La televisione mostra interviste con ministri e deputati di Kiev che in lacrime implorano l’Europa di salvare il loro paese dall’orso infuriato.
In effetti, la reputazione della Russia di Putin in Occidente non è niente di straordinario, addirittura peggiore di quella dell’Unione Sovietica di Breznev. Ma ciò a cui stiamo assistendo è del tutto fuori dai limiti del consueto. Non c’era niente che gli somigliasse né durante la Guerra Fredda, né durante il conflitto ceceno, né durante lo scontro tra Russia e Georgia. Non dovremmo nemmeno menzionare l’azione di Eltsin nel bombardare il parlamento russo; a quel tempo, l’Occidente liberale applaudiva.
A Mosca ci si aspettavano critiche dopo l’annessione della Crimea.
Ma e’ successo più di un mese fa e da allora le autorità del Cremlino non hanno fatto nulla di nuovo. Più volte al giorno ripetono, come un mantra, parole secondo cui rispettano l’integrita territoriale dell’Ucraina; che non hanno intenzione di annettere nessun altro; che hanno chiesto all’Occidente di elaborare con loro un approccio comune alla crisi, ma le critiche non sono cessate. Nel frattempo, quanto più assurde sono state le dichiarazioni rilasciate dagli attuali governanti di Kiev, tanto più avidamente e con gioia queste sono state accolte. Solo dopo la firma dell’accordo di Ginevra del 17 aprile tra Ucraina, Russia e Occidente si è verificato un certo ammorbidimento: i funzionari europei hanno scoperto all’improvviso che in Ucraina era “necessario trattare con gruppi che non rispondono né a Kiev né a Mosca”, e hanno riconosciuto che “mancavano prove chiare” dell’ingerenza di Mosca. Ma in ogni caso si è avvertito che se le autorita russe non si fossero comportate bene, presto forse ci sarebbero state prove del genere. Continue reading Boris Kagarlitsky: Ucraina orientale, la logica di una rivolta (2014)
Alfred de Zayas è professore di diritto presso la Scuola di diplomazia di Ginevra ed è stato esperto indipendente delle Nazioni Unite sull’ordine internazionale nel periodo 2012-2018. È autore di dodici libri tra cui “ Building a Just World Order †(2021), “Countering Mainstream Narratives†2022 e “The Human Rights Industry†(Clarity Press, 2021). Vi propongo un suo articolo da Counterpunch.Â
Continue reading ALFRED DE ZAYAS: La Responsabilità di Proteggere la popolazione armena del Nagorno Karabakh
“Se sei una di quelle persone che dicono ‘Adoro i Pink Floyd, ma non sopporto la politica di Roger’, faresti bene ad andartene a fanculo al bar in questo momento”, è l’annuncio che apre i concerti di Roger Waters.
Roger Waters ha compiuto 80 anni e gli auguri sono davvero sentiti.
Nella sua lunghissima carriera artistica, con i Pink Floyd e da solista, è stato parte fondamentale della colonna sonora della nostra vita.
Ma è anche uno dei musicisti più politicamente coscienti e attivi della storia del rock e non si può non apprezzarlo per le prese di posizione coraggiose e controcorrente.
Il suo costante impegno nella campagna per la liberazione di Julian Assange ha contribuito a rompere il muro del silenzio e la colpevole “distrazione” dei media mainstream. “Non ho dimenticato Julian Assange. La sua detenzione è un oltraggio mostruoso. Dall’estate del 1789 a Parigi siamo risoluti nel rigettare il diritto divino dei re. Oggi resistiamo contro l’immenso ricco e moralmente corrotto impero degli Stati Uniti d’America e i suoi accoliti di Whitehall. Noi restiamo fuori queste camere stringendo le nostre penne al petto. Affrontiamo questo dilemma. La penna è più potente della spada e quindi il nostro amico Julian Assange sarà libero. Se non oggi, domani e vivremo per amare e combattere un altro giorno”, ha scritto in un video nel 2021.
DIFFAMAZIONE E CENSURA
Le prese di posizione anticapitaliste, antifasciste e antimperialiste di Roger Waters sono rarissime tra le rockstar del suo livello dai tempi di John Lennon. Per questo si è cercato di colpirne la reputazione con accuse assurde come quella di antisemitismo per la sua costante solidarietà con il popolo palestinese.
Continue reading BUON COMPLEANNO AL COMPAGNO ROGER WATERS!
L’FBI DETIENE 21 MILIONI DI CAMPIONI E CONTINUANO AD AUMENTARE
La Cina e gli Stati Uniti stanno raccogliendo la stessa percentuale dei profili DNA delle loro popolazioni – e l’FBI vuole raddoppiare il proprio budget per ottenere ancora di più. USA criticano Cina ma fanno la stessa cosa. Lo racconta Ken Klippenstein sul sito di giornalismo investigativo The Intercept.Â
Continue reading THE INTERCEPT: L’FBI RACCOGLIE DNA A UN RITMO CHE RIVALEGGIA CON QUELLO DELLA CINA
Vi propongo la traduzione di uno storico discorso di Sankara alla prima Conferenza Internazionale Silva per la Protezione degli Alberi e le Foreste a Parigi, 14 febbraio 1986. Sullo stesso tema segnalo sul sito de il Manifesto un suo discorso del 1985. Per Sankara bisognava coniugare ecologia e antimperialismo/anticapitalismo. Un discorso attualissimo mentre discutiamo di come contrastare la catastrofe ecologica e il cambiamento climatico, come ha notato Black Agenda Report.
La mia patria, il Burkina Faso, è indiscutibilmente uno dei pochi paesi del pianeta che ha il diritto di autodefinirsi e di considerarsi il concentrato di tutti i mali naturali che l’umanità ancora conosce alla fine del XX secolo.
Eppure, questa realtà, gli otto milioni di Burkinabè l’hanno dolorosamente interiorizzata da 23 anni. Hanno visto morire madri, padri, figlie e figli, decimati a centinaia dalla fame, dalla carestia, dalle malattie e dall’ignoranza. Con le lacrime agli occhi guardarono gli stagni e i fiumi prosciugarsi. Dal 1973, hanno visto l’ambiente degradarsi, gli alberi morire e il deserto invaderli a passi da gigante. L’avanzamento del deserto nel Sahel è stimato di 7 km all’anno.
Solo questa realtà permette di comprendere e accettare la legittima rivolta che è nata, è maturata a lungo e finalmente è scoppiata, in modo organizzato, la notte del 4 agosto 1983, sotto forma di una Rivoluzione democratica e popolare in Burkina Faso. Continue reading Thomas Sankara: L’imperialismo è il piromane delle nostre foreste e savane (1986)
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