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VICTOR SERGE SU KRONSTADT (1938)

Il centenario della rivolta di Kronstadt è uno di quegli anniversari che fa male. Il 28 febbraio 1921 ebbe inizio la rivolta repressa dai bolscevichi a caro prezzo (le perdite nell’armata rossa furono enormi). Molti anni dopo la valutazione di quell’evento tragico che spinse Lenin ad abbandonare il “comunismo di guerra” e a proporre la NEP fu oggetto di una dura polemica di Trotzky nei confronti di Victor Serge che nonostante i toni durissimi nei suoi confronti del vecchio rivoluzionario non smise mai di ammirarlo e difenderlo. Il giudizio di Serge su Kronstadt non coincide né con la mitizzazione anarchica né con la versione bolscevica: “Sperando di scatenare gli elementi di una tempesta purificatrice i marinai non poterono in realtà far altro che aprire le porte ad una controrivoluzione di cui prontamente avrebbero potuto approfittare i Bianchi dell’intervento straniero. Kronstadt insorta non era controrivoluzionaria; ma la sua vittoria avrebbe portato infallibilmente alla controrivoluzione”.  Anche su Kronstadt Serge propone una lettura critica che va al di là  del rifiuto dello stalinismo ma esamina anche i germi già insiti nel processo rivoluzionario e nelle scelte e attitudini dei bolscevichi che non smise, però, mai di difendere. 
Sulla rottura con Trotskij ho tradotto un articolo di Susan Weissman, biografa di Serge. In questa lettera al giornale New Internationalist l’autore di Memorie di un rivoluzionario riassumeva la sua posizione.
Un giorno risponderò agli articoli di Wright e L.D. Trotsky su Kronstadt. Questo grande argomento merita di essere ripreso a fondo e i due studi che hai pubblicato sono lontani, molto lontani, dall’esaurirla. (…) Registrano che il dramma di Kronstadt, 1921, evoca immediatamente i commenti dei social rivoluzionari, dei menscevichi, degli anarchici e di altri; e da questo fatto, naturale in un’epoca di confusione ideologica, di revisione dei valori, di battaglie di sette, si deduce una sorta di amalgama. Diffidiamo degli amalgami e di questo tipo di ragionamento meccanico. Sono stati troppo abusati nella rivoluzione russa e vediamo dove questo conduce. I liberali borghesi, i menscevichi, gli anarchici, i marxisti rivoluzionari considerano il dramma di Kronstadt da diversi punti di vista e per ragioni diverse, che è bene e necessario tenerlo a mente, invece di ammucchiare tutte le menti critiche sotto un’unica voce e imputare a tutte loro la stessa ostilità  verso il bolscevismo.
Il problema è, in verità, molto più vasto rispetto all’evento di Kronstadt, che fu solo un episodio. Wright e L.D. Trotsky sostengono una tesi molto semplice: che la rivolta di Kronstadt era obiettivamente controrivoluzionaria e che la politica del comitato centrale di Lenin e Trotsky in quel momento era corretta prima, durante e dopo. Corretta questa politica lo fu, su una scala storica e anche più grandiosa, il che permetteva che fosse tragicamente e pericolosamente falsa, errata, in varie circostanze specifiche. Questo è ciò che sarebbe utile e coraggioso riconoscere oggi invece di affermare l’infallibilità di una linea generale del 1917-1923. Resta in generale il fatto che le insurrezioni di Kronstadt e di altre località  hanno significato per il partito l’assoluta impossibilità di perseverare sulla strada del Comunismo di guerra. (…) Chi allora aveva ragione? Il Comitato centrale che si aggrappava a una strada senza problemi o le masse guidate condotte agli estremi dalla carestia? Mi sembra innegabile che Lenin in quel momento abbia commesso il più grande errore della sua vita. Dobbiamo ricordare che poche settimane prima dell’istituzione della NEP, Bukharin pubblicò un lavoro sull’economia che mostrava che il sistema in funzione era davvero la prima fase del socialismo? Per aver sostenuto, nelle sue lettere a Lenin, misure di riconciliazione con i contadini, lo storico Rozhkov era stato appena deportato a Pskov. Una volta che Kronstadt si ribellò, doveva essere sottomessa, senza dubbio. Ma cosa è stato fatto per prevenire l’insurrezione? Perchè la mediazione degli anarchici di Pietrogrado fu respinta? Può uno, infine, giustificare l’insensato e, lo ripeto, abominevole massacro dei vinti di Kronstadt che venivano ancora fucilati nel carcere di Pietrogrado tre mesi dopo la fine dell’insurrezione?
Erano uomini del popolo russo, forse arretrati, ma appartenevano alle masse della rivoluzione stessa.L.D. Trotsky sottolinea che i marina i e i soldati di Kronstadt del 1921 non erano più gli stessi, per quanto riguarda la coscienza rivoluzionaria, del 1918. E’ vero. Ma il partito del 1921 era lo stesso del 1918? Non stava già soffrendo di un burocratismo che spesso lo distaccava dalle masse rendendolo disumano nei loro confronti? Sarebbe bene rileggere in questo contesto le critiche contro il regime burocratico formulate molto tempo fa dall’Opposizione Operaia; e anche per ricordare le cattive pratiche che fecero la loro comparsa durante la discussione sui sindacati nel 1920. Da parte mia, fui indignato nel vedere le manovre che la maggioranza impiegava a Pietrogrado per soffocare la voce dei trotskysti e dell’Opposizione Operaia (che difendevano tesi diametralmente opposte).
La domanda che domina oggi tutta la discussione è, in sostanza, questa: quando e in che modo il bolscevismo ha cominciato a degenerare?

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Georges Haupt sulla Comune di Parigi (1971)

Un articolo che il grande storico del movimento operaio scrisse nel giugno 1871 per il centenario della Comune di Parigi. Utile anche 50 anni dopo.

Sconfitta, la Comune divenne per il movimento operaio un simbolo e una professione di fede

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Smascherati FBI e NYPD: confessione sul letto di morte getta nuova luce sull’assassinio di Malcolm X

Fidel Castro con Malcolm X a Harlem

Lo abbiamo sempre saputo che dietro l’assassinio di Malcolm X c’era il governo degli Stati Uniti e in particolare l’Fbi di Hoover. Negli ultimi giorni è arrivata l’ennesima conferma. Malcolm X stava costruendo un progetto politico di unità degli afroamericani fortemente collegato con le lotte contro il colonialismo e l’imperialismo occidentale nel Terzo Mondo e una forte ispirazione anticapitalista e socialista. Come accadrà poi a Martin Luther King e alle Pantere Nere andava fermato. Un articolo dal sito della Montly review sulle nuove rivelazioni: 

Cinquantasei anni dopo l’assassinio di Malcolm X, nuovi dettagli dalla confessione sul letto di morte di un ex ufficiale del Dipartimento di Polizia di New York hanno ulteriormente coinvolto il NYPD e l’FBI nell’omicidio. Raymond Wood, l’ex funzionario del NYPD, ha chiesto che la lettera fosse pubblicizzata solo dopo la sua morte per timori di ritorsioni. Il cugino di Wood, Reggie Wood, ha letto il contenuto della lettera in una conferenza stampa tenutasi sabato a New York City. La famiglia di Malcolm X ha chiesto che le indagini sul suo omicidio vengano riaperte.

Malcolm X, un iconico rivoluzionario e combattente per la liberazione dei neri, è stato assassinato il 21 febbraio 1965, nella sala da ballo Audubon di Harlem. Tre uomini furono processati e condannati al carcere per il loro ruolo nell’omicidio, ma l’inchiesta ufficiale è sempre stata criticata per la sua incapacità di verificare il ruolo del governo. Continue reading Smascherati FBI e NYPD: confessione sul letto di morte getta nuova luce sull’assassinio di Malcolm X

Richard D. Wolff: Usa, Il falso dibattito su un salario minimo

Negli USA la rivendicazione dell’aumento del salario legale orario portata avanti da Bernie Sanders e dalle campagne sindacali dovrebbe essere approvata in base al programma concordato da Joe Biden. Ma ora è scatenata una campagna trasversale contro la misura. L’economista Wolff smonta gli argomenti dei neoliberisti e offre considerazioni utili anche a noi italiani che dobbiamo ancora conquistare una norma in vigore negli USA dai tempi del New Deal.

I difensori “conservatori” del capitalismo ancora una volta si oppongono all’aumento del salario minimo. Si sono battuti per non aumentarlo in passato tanto quanto cercarono di impedire il Fair Labor Standards Act (1938) che per la prima volta impose un salario minimo negli Stati Uniti. Il principale argomento utilizzato dagli oppositori è questo: introdurre o aumentare un salario minimo legale minaccia i piccoli datori di lavoro. Potrebbero crollare o licenziare i dipendenti; in ogni caso, si perdono i posti di lavoro. Quello che si presume conveniente è  che vi sia una contraddizione necessaria tra salari minimi e lavori nelle piccole imprese. Questa ipotesi consente agli oppositori di affermare che non fissare un salario minimo legale, come non aumentarlo, salva posti di lavoro. Il sistema quindi presenta ai lavoratori molto mal pagati questa scelta: salari bassi o nessun salario. Continue reading Richard D. Wolff: Usa, Il falso dibattito su un salario minimo

Ursula Huws: Demercificazione nel ventunesimo secolo

La de-mercificazione è stata una caratteristica distintiva degli stati sociali che furono istituiti a metà del XX secolo per contrastare gli effetti distruttivi del capitalismo. Ma, dalla crisi della metà degli anni ’70, il neoliberismo ha messo in moto un processo di rimercificazione, riportando le utilities, i servizi pubblici e molti altri aspetti della vita ancora una volta sotto il diretto dominio capitalista. Ora che la pandemia ha consentito a tutti di vedere la falsità del mantra “non c’è alternativa al mercato”, è giunto il momento per una nuova ondata di demercificazione per il ventunesimo secolo?

Come ha osservato Marx, una caratteristica inesorabile del capitalismo è che deve continuare a crescere. Poiché il tasso di rendimento del capitale esistente diminuisce, deve impegnarsi in una corsa disperata e senza fiato per trovare nuove attività da cui trarre valore. La sua crescita è quindi alimentata da un costante saccheggio di risorse dal pianeta e la vita che esso sostiene che attualmente esula dal suo scopo. Dagli ingredienti genetici della flora della foresta pluviale alle forme di vita sconosciute nelle profondità dell’oceano, dalla performance musicale alla socialità stessa, se può essere appropriato per produrre una nuova merce, allora, usando la magia dell’ingegno umano e della forza lavoro, quella merce sarà prodotta e riprodotta. La mercificazione è quindi la forza trainante del capitalismo.

Ma, come ha anche notato Marx, questi processi mettono in moto nuove contraddizioni, innescando conflitti e crisi che richiedono l’intervento dello stato – se non per riportare l’equilibrio a quello che è, dopotutto, un sistema intrinsecamente instabile, almeno per consentire al capitalismo di sopravvivere. Negli anni tali interventi hanno assunto varie forme. Gli stati, ad esempio, hanno fatto rispettare le recinzioni dei beni comuni e dei diritti per estrarre il suolo, deviare e arginare i fiumi. Hanno fornito le infrastrutture di trasporto che consentono la circolazione delle merci e le infrastrutture legali per l’esecuzione dei contratti. Hanno cercato di rompere i monopoli quando questi sembrano minacciare la concorrenza. E hanno creato sistemi educativi per fornire alla loro popolazione le competenze di cui i capitalisti hanno bisogno. Continue reading Ursula Huws: Demercificazione nel ventunesimo secolo