Community

Already a member?
Login using Facebook:
Powered by Sociable!

Archivi

In Bielorussia, la sinistra sta combattendo per porre le richieste sociali al centro delle proteste

Sulla situazione in Bielorussia mi sembra utile proporvi un’intervista a due militanti di sinistra uscita sul sito della rivista socialista americana Jacobin. L’articolo è del 14 agosto e quindi non tiene conto degli eventi successivi ma a mio parere fornisce elementi di analisi importanti su una realtà che poco si presta al tifo acritico che soprattutto sui social tende a prevalere. La situazione, in un contesto certo più drammatico, dei comunisti democratici è simile alla nostra: son troppo deboli per costituire un punto di riferimento di massa in un contesto di polarizzazione tra il governo paternalista autoritario di Lukashenko e l’opposizione neoliberista sostenuta da Usa e UE che ha buon gioco nell’esercitare la propria egemonia sul malcontento popolare. Non uso il termine “dittatura” perchè non siamo di fronte a una repressione sanguinaria ma a un governo che ha goduto per anni di vasto consenso abituato a esercitare una pesante limitazione delle libertà democratiche e sindacali. Non si può non esprimere solidarietà ai compagni del partito Un mondo giusto che fanno parte come noi del Party of the European Left che sono stretti tra la repressione governativa e un’egemonia dei neoliberisti sull’opposizione. Come sinistra radicale e comunisti democratici dovremmo sostenere gli sforzi per una democratizzazione del paese senza farci strumentalizzare dalle manovre per allargare ulteriormente la Nato a est e privatizzare un settore pubblico ancora forte.

Va segnalato che la geopolitica come chiave di analisi funziona poco perchè il welfare di Lukashenko (che è sostenuto da uno dei due partiti comunisti) è entrato in crisi a causa dell’aumento del prezzo del petrolio da parte della Russia. Lo stesso Lukashenko ha aperto all’UE e agli USA nei mesi scorsi. La realtà è piena di contraddizioni e non credo sia utile semplificarla. Non mi convincono nè i sostenitori di Lukashenko a prescindere perchè sotto attacco dell’Occidente nè quelli che pensano che sia in corso una sorta di rivoluzione proletaria. Mi sembrano realistiche le preoccupazioni degli intervistati che, come già accaduto a Est più volte negli ultimi 30 anni, l’egemonia liberale sui movimenti di protesta della classe lavoratrice si traduca poi in una tragica affermazione di politiche di saccheggio capitalista. La Bielorussia è un paese che secondo Bloomberg ha un indice di disuguaglianza tra i più bassi di Europa e una base industriale pubblica molto forte. I compagni spiegano perchè è entrato in crisi quel modello e perchè non appaia ora un forte movimento operaio a difenderlo (almeno così sembra per ora). Buona lettura!

UN’INTERVISTA CON KSENIA KUNITSKAYA VITALY SHKURIN di Volodymyr Artiukh

Le proteste in Bielorussia sono state ampiamente dipinte come una “rivoluzione colorata” filo-occidentale o “Minsk Maidan”, ignorando le ragioni più profonde del malcontento popolare nei confronti del presidente Alexander Lukashenko. Jacobin ha parlato con militanti della sinistra in Bielorussia riguardo alle forze che stanno dietro le proteste e delle prospettive del movimento operaio organizzato che afferma la propria agenda. Continue reading In Bielorussia, la sinistra sta combattendo per porre le richieste sociali al centro delle proteste

L’appello dei Beatles per la legalizzazione della cannabis (1967)

Voglio dare un altra ragione di polemica contro John Lennon a Giorgia Meloni e Susanna Ceccardi. John Lennon era pure antiproibizionista!
Il 24 luglio 1967 i Beatles e il loro geniale manager (ebreo, omosessuale e socialista ma non ditelo alla Ceccardi) Brian Epstein, insieme a molte altre celebrità tra cui il filosofo Bertrand Russell, lo scrittore Graham Greene, il regista Peter Brook, il fotografo Dereck Bailey, gli psichiatri David Cooper e Ronald D. Laing e il leader della new left Tariq Ali lanciarono un appello per la legalizzazione della marijuana. Comprarono una pagina del quotidiano inglese Times (mica Libero!) per pubblicare l’appello dal titolo LA LEGGE CONTRO LA MARIJUANA E’ IMMORALE. La prima manifestazione per la legalizzazione era stata organizzata dal poeta Allen Ginsberg già nel 1965.
A distanza di decenni ci tocca ancora fare i conti in Italia e altri paesi con una legislazione ottusa che nega persino l’accesso alla cannabis terapeutica, vedere persone arrestate per piantine sul balcone e mafie (e pure carabinieri) fare mercato nero!
I Beatles furono introdotti alla marijuana da Bob Dylan nel 1964 e nel 1967 realizzarono l’album capolavoro che dette il via alla summer of love Sergeant Pepper in cui un certo profumo di marijuana era evidentissimo e dichiarato. I Beatles erano non solo gli ispiratori della scena underground mondiale ma ci stavano proprio dentro. Quando il 1 giugno 1067 John Hopkins, fondatore del giornale underground International Times, dell’UFO Club e del 24 Hour Technicolour Dream fu condannato a 9 mesi di prigione per possesso di marijuana si creò una mobilitazione antiproibizionista contro la legge che proibiva la cannabis. Presso la libreria Indica si tenne un’assemblea nel corso della quale si decise di fare un appello e pubblicarlo comprando spazio sulla grande stampa. Fu Barry Miles, futuro biografo di William Burroughs, a telefonare all’amico Paul McCartney per chiedere una sottoscrizione e i Beatles decisero di finanziarlo. Lennon poi quando emigrò negli USA fu protagonista della campagna per la liberazione del poeta e attivista John Sinclair che era stato condannato a 10 anni di detenzione. Nel 1969 John Lennon e Yoko Ono testimoniarono davanti a una commissione del governo canadese sull’uso non-medico della marijuana ovviamente a favore della legalizzazione. Questo comitato concluse la sua indagine nel 1972 invitando il governo a una legislazione illuminata ma il rapporto fu ignorato. C’è voluto un presidente ex-guerrigliero tupamaro per avere finalmente la legalizzazione da parte di uno stato.
Il testo del 1967 colpisce per la sua attualità. Quanto tempo perso! Oggi Lennon Buona lettura!

Continue reading L’appello dei Beatles per la legalizzazione della cannabis (1967)

In memoria di Stalin caduto a 17 anni

Loris Ferrarini: nato a Bologna il 4 ottobre 1926, figlio di Renato e Amelia Calzolari, residente a Bologna, licenza elementare, meccanico, partigiano. Il 1 giugno 1944 entra nella Resistenza modenese tra le file della Brigata “Comando” con il nome di battaglia “Stalin” anche se la leva della RSI non lo minaccia
direttamente. Partecipa alla costruzione della Repubblica di Montefiorino. Quando le forze armate tedesche organizzano l’operazione Wallenstein III contro i partigiani della zona libera, Ferrarini viene catturato nel corso di uno degli scontri e il 2 agosto 1944 è impiccato a Barigazzo insieme ad altri tre partigiani.
Riconosciuto partigiano dal 2 giugno 1944 al 29 luglio 1944.

Non so altro di questo ragazzo, caduto a 17 anni combattendo per la libertà.

Non so se fu lui a scegliere quel nome di battaglia o se furono i più grandi a proporglielo. So però cosa significava quel nome per milioni di proletari, intellettuali, antifascisti in tutto il mondo e nel nostro paese.

Rappresentava la guida dell’unico paese dove i poveri, gli sfruttati, gli oppressi avevano rovesciato tutte le gerarchie e stavano costruendo il proprio stato.  Rappresentava il paese che resisteva a Hitler.

Lo so non solo per averlo letto sui libri ma perchè sono cresciuto tra tanti suoi coetanei, comunisti e socialisti, che tanti anni dopo avevano magari maturato una visione molto più critica, a volte di condanna ma a volte anche di giustificazione nonostante tutte le evidenze storiche.

Non accetterò mai che si manchi di rispetto a quei giovani e a quei lavoratori che combatterono per la libertà.

Leonardo Sciascia raccontò lo stalinismo popolare di quegli anni nel suo racconto “La morte di Stalin”.  Eric Hobsbawm ha spiegato con efficacissima sintesi il perchè gli stessi dirigenti comunisti accettarono in tutto il mondo di allinearsi a Stalin in un passo del suo Problemi di storia comunista. Lucio Magri ha scritto del “fardello dell’uomo comunista“.

Ma per quanto riguarda il popolo che insorse e si organizzò soprattutto nelle fila comuniste e socialiste le notizie erano quelle che circolavano clandestinamente, attraverso una propaganda che era costata anni di galera e confino. L’immaginario era quello che si formava attraverso racconti e passaparola.

Con quel nome di battaglia si combatteva per liberarsi dai tedeschi, dai fascisti e anche dalla miseria e dallo sfruttamento. Addà venì Baffone non era l’invocazione del totalitarismo come vorrebbero farci credere ma della liberazione.

Loris Ferrarini non ebbe la possibilità di partecipare a decenni di discussioni su Stalin e lo stalinismo che soprattutto dopo il 1956 lacerarono le coscienze dei comunisti. Non sapremo mai come l’avrebbe pensata in merito.

Di sicuro a giovani eroi come lui dobbiamo riconoscenza e rispetto. Al contrario di chi stava dalla parte della croce uncinata Loris combatteva per una società di liberi e uguali.

 

 

 

 

Ciao Fabrizia guerriera del sole.

Oggi ci ha lasciato Fabrizia Arduini, presidentessa del WWF zona frentana, attivista, artista, ma soprattutto grande amica e compagna di tante lotte. 

Voglio ricordarti così, sorridente in una delle tante manifestazioni per la nostra terra e il nostro mare. Con le armi della poesia, dell’arte, della magia, della sorellanza sei stata la grande anima di lotte che all’inizio avrebbero dato tutti per perse. Se abbiamo sconfitto Centro oli e Ombrina lo dobbiamo anche e soprattutto a te.

Hai distribuito amicizia, sorrisi, bellezza in tutte le direzioni e credo che in tante/i sentiremo la tua mancanza. Il parco della Costa Teatina rimane un sogno ma la ciclovia dovrebbero intitolartela.
La tua sensibilità  era come quella di Pablo, davvero psichedelica. Non eri ambientalista solo per consapevolezza razionale, ma per sensibilità  e immanenza. Eri parte della natura e sentivi su di te le ferite che il nostro modo spesso insensato di vivere e produrre le infligge.
Ogni giorno guardando la tua pagina ti ho visto continuare a seminare bellezza, sensibilità, amore per la vita e gli altri esseri viventi. Nonostante la malattia. Non sei mai stata ossessionata dall’essere contro – come pensano di quelle/i come noi – ma dall’immaginazione di alternative e possibilità  che sarebbero andate sprecate o dall’amore per luoghi e colori che meritavano di essere conservati, riscoperti, valorizzati. Agire localmente, pensare globalmente. Lo hai fatto per anni con passione & visione.
Sei stata un’organizzatrice di movimento e di comunità quasi sciamanica. Lavoravi con pazienza infinita a dossier in cui si accumulavano dati ma dedicavi altrettanta attenzione alle parole e alle immagini che avrebbero dovuto veicolare il nostro messaggio.
Sapevi parlare la lingua popolare e che se non coinvolgi il popolo non puoi vincere le battaglie in cui credi. Continue reading Ciao Fabrizia guerriera del sole.

Sai chi era Patrice Lumumba?

Buon compleanno Patrice Lumumba

di Sean Jacobs 

 

Patrice Lumumba fu primo ministro di un Congo appena diventato indipendente per soli sette mesi tra il 1960 e il 1961 prima di essere ucciso. Aveva trentasei anni.
Tuttavia la breve vita politica di Lumumba – come con figure come Thomas Sankara e Steve Biko, che hanno avuto vite altrettanto brevi – è ancora una pietra miliare per i dibattiti su ciò che è politicamente possibile nell’Africa postcoloniale, il ruolo dei leader carismatici e il destino della politica progressista altrove.
I dettagli della biografia di Lumumba sono stati continuamente memorizzati, tagliati e incollati: un ex impiegato delle poste nel Congo belga, si politicizzò dopo essersi unito a una sezione locale di un partito progressista belga. Al suo ritorno da un tour di studio in Belgio organizzato dal partito, le autorità presero atto del suo crescente coinvolgimento politico e lo arrestarono per appropriazione indebita di fondi dall’ufficio postale. Scontò dodici mesi di carcere. Continue reading Sai chi era Patrice Lumumba?