Due anni fa un compagno fu scandalizzato dal fatto che avessi citato Mao durante un dibattito in una nostra festa. La mostrificazione di Mao è una delle operazioni di revisionismo storico più riuscite dell’ultimo trentennio ed è entrata nell’immaginario di gran parte dell’opinione pubblica progressista. Siamo passati dall’esaltazione acritica ed eccessiva degli anni ’60-’70 alla demonizzazione più totale.
Da riferimento mitico dei movimenti giovanili di tutto il mondo Mao è diventato un simbolo degli orrori del Novecento. Insomma dal paradiso della canzone di Alberto Camerini del 1977 all’inferno. Uno dei veicoli di questa operazione è stato il bestseller di Jung Chang e Jon Halliday “Mao:la storia sconosciuta” che presenta Mao come un “mostro”peggiore di Hitler e Stalin e che sulla grande stampa e nelle librerie ha trovato grande accoglienza. Un successo non contrastato nel nostro paese dove sono passate inosservate le recensioni critiche degli storici a livello internazionale. Se ne trova una sintetica ma efficace recensione critica di Marina Miranda sul sito della Società Italiana per lo studio della storia contemporanea. Ne segnalo qualcuna di storici della Cina anglosassoni come Jonathan Fenby, Jonathan Spence, Andrew Nathan. David S.G Goodman sulla Pacific Review ha paragonato il libro di Chang e Halliday al Codice Da Vinci (evidentemente non conosceva la produzione di Giampaolo Pansa). Una raccolta di interventi pesantemente critici di accademici è uscita nel 2010 “Was Mao Really a Monster?: The Academic Response to Chang and Halliday“, ma non risulta tradotta per il pubblico italiano che continua ad abbeverarsi al libro di Jung Chang e Jon Halliday. Va in controtendenza il relativo successo negli ultimi anni del filosofo maoista francese Alain Badiou che ha continuato a difendere Mao e la Rivoluzione Culturale che in una lettera a Slavoj Zizek scrive: “Mi sembra che, andando a vedere nel dettaglio, tu non sia sempre del tutto slegato dall’immagine insieme folcloristica e ripugnante che il nostro caro Occidente, effettivamente appoggiato, se non addirittura manipolato dallo Stato cinese (in mano, ricordiamolo, ai revanscisti della Rivoluzione Culturale, diventati signori corrotti dell’accumulazione capitalista), intende fornire dell’ultimo grande rivoluzionario marxista della storia mondiale”.
Tariq Ali, intellettuale anglo-pakistano già tra i leader del ’68 e noto anche per una celebre intervista in cui John Lennon esplicitò le sue opinioni di sinistra radicale, definisce il libro di Chang e Halliday una “soap-opera” nella recensione della biografia di Mao scritta da , “Mao Zedong and China in the Twentieth-Century World” uscita nel 2010. La raccolta di saggi e la biografia della Karl non sono ancora stati tradotti per il pubblico italiano. L’anticomunismo che è dilagato dopo il 1989 nel nostro paese è davvero egemone. Ho tradotto l’articolo di Tariq Ali, uscito sulla New Left Review 10 anni fa, intitolato Le contraddizioni di Mao. Un titolo che sarebbe piaciuto a Edoarda Masi a giudicare da quel che diceva di Mao in questa conversazione del 2004. Buona lettura!
L’emergere della Cina come potenza economica mondiale ha spostato il centro del mercato globale verso oriente. I tassi di crescita della Repubblica Popolare Cinese suscitano l’invidia delle élite ovunque, le sue merci circolano anche nei più piccoli mercati di strada andini, i suoi leader sono corteggiati da governi forti e deboli. Questi sviluppi hanno innescato discussioni senza fine sul paese e sul suo futuro. I media mainstream si preoccupano essenzialmente della misura in cui Pechino soddisfa le esigenze economiche di Washington, mentre i think-tank temono che prima o poi la Cina costituirà una sfida sistematica alla saggezza politica dell’Occidente. Il dibattito accademico, nel frattempo, di solito si concentra sulla natura esatta e sulla meccanica del capitalismo contemporaneo in Cina. Gli ottimisti dell’intelletto sostengono che la sua essenza è determinata dalla continua presa sul potere del PCC, vedono la svolta pro-mercato della Cina come una versione della Nuova Politica Economica (NEP) dei bolscevichi; in momenti più deliranti, sostengono che i leader cinesi useranno la loro nuova forza economica per costruire un socialismo più puro di qualsiasi altro tentativo precedente, basato sul corretto sviluppo delle forze produttive e non sulle comuni povere del passato. Altri, al contrario, sostengono che un nome più accurato per il partito al potere non richiederebbe nemmeno un cambio di iniziali: comunista viene facilmente sostituito con capitalista. Una terza visione insiste sul fatto che il futuro cinese semplicemente non è prevedibile; è troppo presto per prevederlo con certezza.
Nel frattempo infuriano anche i dibattiti sul passato rivoluzionario del Paese. La Cina non è stata esonerata dalla tendenza più ampia che ha accompagnato la vittoria globale del sistema americano, nella quale le storie sono state riscritte, il monarchismo e la religione visti di nuovo in una luce positiva e qualsiasi idea di cambiamento radicale è stata spazzata via. Mao Zedong è stato al centro di questo processo. Continue reading Tariq Ali: Sulle contraddizioni di Mao (2010)