Ancora una volta, come accade da troppi anni, è sempre Rifondazione (insieme agli ambientalisti) che deve intervenire a difesa di interessi collettivi quando sono in ballo gruppi di potere influenti soprattutto in campo urbanistico edilizio.
Sezione distaccata di Pescara
Ricorso
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           Per: il sig. Maurizio Acerbo, (…) – ricorrente - contro: Comune di Pescara, in persona del Sindaco in carica, con sede in Piazza Italia, 65121 Pescara; – resistente - e: PESCARAPORTO s.r.l., (…);  – controinteressato
           PER L’ANNULLAMENTO
           PREVIA SOSPENSIONE DELL’EFFICACIA
           – del Permesso di Costruire n. 312/2012/P e relativi allegati, del 05.10.2012 rilasciato con prescrizioni alla ditta PESCARAPORTO s.r.l., in qualità di proprietaria, per la demolizione degli edifici esistenti e la riqualificazione del complesso industriale dismesso denominato “Ex-Edison†attraverso nuovo intervento edilizio ai sensi dell’art. 5 del D.L. n.70 del 13/05/2011 convertito nella L. n. 106 del 12/07/2011, ubicato a Pescara in Via Lungomare Papa Giovanni XXIII sull’area individuata catastalmente al foglio di mappa n. 27 part. n. 2047, il tutto in conformità del progetto esaminato dai Tecnici Istruttori e dalla Commissione Urbanistica-Edilizia nella seduta del 03.04.2012 n.7 pos.1 costituito da 21 elaborati progettuali e relazione tecnica quale parte integrante e sostanziale del provvedimento; – nonché di tutti gli altri atti presupposti, consequenziali o comunque connessi;
FATTO
           1) in data 22 novembre 2011 la Società Pescaraporto s.r.l. presenta al Comune di Pescara istanza di Permesso di Costruire sull’area di proprietà individuata catastalmente al foglio n. 27 part. n. 2047;
           2) in data 05.10.2012 il Comune di Pescara (a firma del Dirigente del Dipartimento Attività Tecniche Energetiche ed Ambientali – Settore Gestione del Territorio – Servizio S.U.E., Ing. Amedeo D’Aurelio) rilascia alla ditta Pescaraporto s.r.l., con sede a Pescara Viale Primo Vere n. 54, P.I. 01736710680, in qualità di proprietaria del lotto di superficie di mq 9800, il Permesso di Costruire n. 312/2012/P (doc. 1);
           3) il progetto approvato riguarda:
→ la completa demolizione del complesso industriale esistente sulla citata particella (costituito da una palazzina uffici di due piani fuori terra, un edificio polivalente solo piano terra e un capannone in ferro solo piano terra), così rilevato: volumetria 19.671,15 mc; superficie coperta 3091,17 mq (2831 fabbricati + 260 tettoie);
→ la successiva realizzazione di un complesso edilizio così costituito: fabbricato A commerciale costituito da tre corpi ad un piano (volume mc 8549,28; superficie coperta mq 2215); fabbricato B direzionale (uffici) sviluppato su sette livelli fuori terra (volume mc 5973,54; superficie coperta mq 605); fabbricato C turistico-alberghiero (albergo) di sette livelli fuori terra (volume mc 5984,79; superficie coperta mq 567).
           Il tutto per un totale di: volumetria mc 20507,60 e superficie coperta mq 3387. Ulteriori aree di progetto risultano così indicate: parcheggi a raso di uso pubblico mq 2159,80; area privata di uso pubblico mq 2153,65; parcheggi ad uso privato mq 2723,08.
           4) il Permesso di Costruire impugnato viene rilasciato dal Comune ai sensi dei commi 9-14 dell’art. 5 del Decreto-Legge. n. 70/2011. La citata disciplina, al fine di razionalizzare il patrimonio edilizio e riqualificare aree urbane degradate, dispone l’emanazione di leggi regionali per incentivare tali obiettivi, anche con interventi di demolizione/ricostruzione che prevedano, tra l’altro, misure premiali di volumetria, modifiche di destinazione d’uso, purche’ compatibili o complementari, e modifiche della sagoma necessarie per l’armonizzazione con gli edifici esistenti.
           5) dal punto di vista procedimentale, decorsi 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione e sino all’entrata in vigore delle leggi regionali, l’art. 5 comma 11 prevede, per la realizzazione degli interventi edilizi, l’applicazione dell’articolo 14 del D.P.R. 380/2001 (Permesso di Costruire in deroga agli strumenti urbanistici). Tuttavia, accedendo ad una peculiare interpretazione della disciplina di cui al comma 14 (se ne dirà in dettaglio ai motivi I e II di diritto), il Comune ritiene che, trascorsi 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, gli interventi edilizi di cui al comma 9 possano essere assentiti senza l’attivazione della disciplina di cui al Permesso in deroga ex art. 14 art. DPR 380/2001 (comprendente, tra l’altro, il passaggio in Consiglio Comunale), ritenendo dunque l’intervento assoggettabile al rilascio di Permesso di Costruire ordinario; come effettivamente accaduto in data 5.10.2012;
           6) I lavori di cui al Permesso di Costruire n. 312/2012/P impugnato sono iniziati in data 08.10.2012, pochi giorni dopo il rilascio del titolo, come risulta dalla segnaletica di cantiere (fotografie – doc. 2);
           7) merita sin d’ora un accenno, ai fini di una corretta ricostruzione dei fatti di causa, il susseguirsi delle disposizioni di pianificazione generale e attuativa riguardanti l’area in questione:
           L’area di cui al Permesso rilasciato (cfr. tav. 1 allegata da Pescaraporto srl al Permesso di Costruire – doc. 3), appartiene alla sottozona B7 di cui al P.R.G. vigente, all’interno della quale il PRG individua alcune aree che devono formare “oggetto di Piano Particolareggiato di esclusiva iniziativa pubblica†(art. 37.3 NTA di PRG – doc. 4).
           Tra queste, la Zona Portuale, da regolare mediante il P.P. n. 2 , “destinato alla realizzazione di un centro integrato, a carattere ricreativo-turistico di livello urbano … in una composizione spaziale caratterizzata da un immediato rapporto con gli specchi d’acqua del porto canale e del porto turistico (tipico modello del “water-frontâ€) e da un sistema continuo di ambienti e percorsi pedonali e ciclabili†(art. 37.8b NTA di PRG – doc. 4).
           Riguardo all’ulteriore suddivisione interna all’area di cui al PP2 prevista dal PRG, la zona oggetto dell’impugnato Permesso di Costruire ricade all’interno del sub ambito c (tav. 1 allegata da Pescaraporto srl – doc. 3; scheda norma di PRG comparto PP. n. 2 sub c - doc. 5 ). In ordine a tale subambito c, la scheda norma di PRG (doc. 5) prevede una superficie di cessione di aree per servizi pari al 53,32% della Superficie Territoriale (40% destinato a verde pubblico, 9,32% a parcheggi pubblici e 4% alla viabilità ).
           8) in ossequio a quanto previsto dal PRG, con delibera di G.C. n. 447 del 29.06.2012 è stato adottato il P.P. n. 2 – Zona portuale (doc. 6).
           Per il comparto c (ove insiste l’intervento) il PP2 amplia ulteriormente la dotazione di standard: 50% della ST per il solo verde, sino a un totale a standard pari al 65% ST (art. 7 tav. 17 n.t.a. del PP2 – doc. 7).
           L’area è stata poi inserita dal PP2 nel subcomparto c2 (denominato PP2c2), di totali mq 11641, in gran parte occupato dalla proprietà Pescaraporto, di circa mq 9800 (doc.9); all’interno del subambito c2 le aree destinate a verde pubblico (pari a 7000 mq) sono individuate in misura pari al 60% di tutta la ST del subcomparto, (art. 7.2 tav. 17 n.t.a. PP2 – doc. 8).
           La localizzazione degli standard è stata effettuata dal P.P. n. 2 all’interno della tavola 13b (doc. 9): nell’area oggetto dell’intervento, di proprietà della Pescaraporto, sono localizzate ampie superfici destinate ad aree pubbliche, comprendenti diverse categorie di verde pubblico, destinate a soddisfare le citate previsioni per standard di cui al PRG e al PP2.
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           SULLA LEGITTIMAZIONE ATTIVA DEL RICORRENTE CONSIGLIERE COMUNALE
           La legittimazione attiva del sig. Maurizio Acerbo, che riveste la carica di Consigliere Comunale (doc. 10), deriva in via diretta da quanto osservato nei motivi di ricorso, in specie I e II, con riguardo all’interpretazione dell’art. 5 comma 14 D.L. 70/2011 utilizzata dal Comune di Pescara nella vicenda che ci occupa.
           L’ente ha infatti ritenuto sufficiente, nell’assentire l’intervento edilizio de quo, rilasciare Permesso di Costruire secondo il procedimento ordinario, anziché tramite Permesso in deroga, nelle forme dell’art. 14 DPR 380/2001 (e dunque previa deliberazione del consiglio comunale).
           Alla luce di tale interpretazione, che questa difesa contesta (come si avrà modo di dettagliare nella parte in diritto, in specie motivi I e II), l’intervento edilizio è stato assentito dal Comune di Pescara attraverso i propri organi burocratici, senza alcun interessamento degli organi di governo, e segnatamente omettendo la “previa deliberazione del Consiglio Comunale†imposta dall’art. 14 DPR 380/2001, come richiamato dall’art. 5 comma 11 D.L. n. 70/2011.
           Proprio dal mancato coinvolgimento del Consiglio Comunale sul rilascio del Permesso di Costruire impugnato, scaturisce la legittimazione attiva dei Consiglieri Comunali in carica, lesi nelle rispettive prerogative acquisite ex lege al momento della nomina.
           La giurisprudenza chiarisce infatti come gli stessi siano legittimati ad agire in giudizio “per tutte quelle violazioni procedurali che si risolvono in un concreto impedimento al regolare esercizio delle attribuzioni inerenti al munus, nonché per le determinazioni che comportino la preclusione, in tutto o in parte, dello svolgimento delle funzioni relative all’incarico rivestitoâ€. Così T.A.R. Trentino Alto Adige – Trento 14 gennaio 2010 n. 20.
           E ciò parimenti quando la lesione delle prerogative investa non soltanto il singolo Consigliere, ma, come nel caso di specie, lo stesso organo di cui egli fa parte; la decisione resa dal T.A.R. Sicilia – Catania nella sentenza n. 2194 del 22 dicembre 2009 è molto chiara in proposito: “Deve ritenersi sussistente la legittimazione al giudizio da parte di singoli consiglieri comunali per l’impugnazione di atti che essi assumano essere stati adottati in violazione di prerogative consiliari, trattandosi di lesione del diritto all’ufficio, che non appartiene soltanto all’organo collegiale nel suo insieme, ma anche personalmente e separatamente a ciascun consigliere, in relazione alla titolarità dei rispettivi ufficiâ€.
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           Tutto ciò premesso, dev’essere affermata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione di legge ed eccesso di potere, ed è pertanto interesse dell’odierna ricorrente impugnarli, insieme con ogni altro ed ulteriore atto, antecedente o successivo comunque presupposto, connesso o consequenziale, per i seguenti motivi di
DIRITTO
I
           VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 5 DECRETO-LEGGE L. 70/2011 convertito in L. 106/11; ART. 14 D.P.R. 380/2001; ART. 42 D.LGS. 267/2000); QUESTIONE DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELL’ART. 5 COMMA 14 D.L. 70/2011 IN RAPPORTO AGLI ARTT. 5, 97, 114, 117, 118 COST.
           Come esposto in narrativa, il permesso di costruire impugnato è stato rilasciato dal competente Ufficio Comunale, senza aver ricevuto il previo assenso del Consiglio Comunale, invero certamente indispensabile nel caso di specie, trattandosi di intervento in deroga alle previsioni urbanistiche vigenti nell’area in questione. La scelta dell’iter procedimentale effettuata dal Comune di Pescara deriva, presumibilmente, da un’errata interpretazione del disposto di cui all’art. 5 (commi 9-14) del D.L. 70/2011, convertito in L. 106/2011.
           Secondo questa fonte normativa, gli interventi di razionalizzazione e riqualificazione del patrimonio edilizio dovevano essere regolamentati dalle Regioni, lungo le direttive dettate dal citato Decreto, entro il termine di “sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto†(art. 5 comma 9), ovverosia entro il 12.09.2011.
           Decorso infruttuosamente tale termine – come avvenuto nella Regione Abruzzo – e sino all’entrata in vigore della normativa regionale, interviene il disposto di cui all’art. 5 comma 11: “Decorso il termine di cui al comma 9 e sino all’entrata in vigore della normativa regionale, agli interventi di cui al citato comma si applica l’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 anche per il mutamento delle destinazioni d’usoâ€, entro i limiti di volumetria aggiuntiva di cui all’art. 5 comma 14.
           Questo significa che il regime di tali interventi è quello dei permessi di costruire in deroga, secondo cui – ex art. 14 D.P.R. 380/2001 – il permesso in deroga è rilasciato previa deliberazione del Consiglio Comunale, nel rispetto comunque delle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 42 del 2004 e nelle altre normative di settore che incidono sulla disciplina dell’attività edilizia.
           Sul piano pratico, la citata disposizione del D.L. n. 70/2011 implica che, dinanzi all’inerzia delle regioni, viene conferito al Consiglio Comunale il potere discrezionale di stabilire se e quali interventi edilizi, anche di demolizione e ricostruzione, vadano consentiti in base alle finalità indicate dal decreto sviluppo.
           Questo corrisponde del resto a un ben preciso disegno ordinamentale, poiché ai sensi dell’art. 42 comma 2 lett. b) del d.lgs. 267/2000, il Consiglio ha competenza su “programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materieâ€.
           D’altronde, si tratta di interventi edilizi che possono modificare le destinazioni d’uso stabilite nei piani urbanistici e aggiungere consistenti nuove volumetrie ed è quindi del tutto naturale che – pur nell’ottica di derogare all’ordinario sistema della pianificazione – si ribadisca che debba essere comunque l’organo di indirizzo politico-amministrativo a definire condizioni e limiti all’ammissibilità delle deroghe.
           A fronte di quanto appena osservato, il comma 14 dell’art. 5 dispone: “decorso il termine di 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le disposizioni contenute nel comma 9, fatto salvo quanto previsto al comma 10, e al secondo periodo del comma 11, sono immediatamente applicabili alle Regioni a statuto ordinario che non hanno provveduto all’approvazione delle specifiche leggi regionali. Fino alla approvazione di tali leggi, la volumetria aggiuntiva da riconoscere quale misura premiale, ai sensi del comma 9, lettera a), è realizzata in misura non superiore complessivamente al venti per cento del volume dell’edificio se destinato ad uso residenziale, o al dieci per cento della superficie coperta per gli edifici adibiti ad uso diversoâ€.
           Si potrebbe inferire da tale disposizione che l’ulteriore termine di 120 giorni, sempre in assenza della legge regionale, comporti la realizzabilità degli interventi in assenza della procedura prevista dall’art. 14 del DPR 380/2001 e quindi della deliberazione consiliare, essendo richiamato soltanto il secondo periodo del comma 11, laddove è invece nel primo periodo che si fa riferimento al permesso di costruire in deroga.
           La procedura di cui al Permesso in deroga sarebbe dunque applicabile, secondo quest’interpretazione, unicamente nel lasso di tempo fra i 60 giorni dalla legge di conversione ed i 120 dalla stessa, dopodichè scatterebbe l’assentibilità diretta, senza deliberazione del Consiglio.
           Si tratta, però, di una interpretazione che renderebbe palesemente incostituzionale la norma che se ne vorrebbe ricavare, spogliando il Consiglio Comunale (ex lege organo investito in via diretta della rappresentanza delle comunità locali) della fondamentale funzione di governo del territorio: funzione che non può che spettare, invece, proprio al preordinato organo di governo.
           In virtù, infatti, del principio di distinzione tra compiti di indirizzo politico e compiti di gestione – ritenuto dalla giurisprudenza costituzionale diretta espressione dell’art. 97 Cost. – così come gli organi di governo non possono essere attributari di funzioni di gestione, allo stesso modo agli organi burocratici non possono essere assegnate funzioni di indirizzo politico-amministrativo.
           E tuttavia, sarebbe proprio questa la conseguenza che scaturirebbe dall’accesso alla suddetta interpretazione dell’art. 5 comma 14 del Decreto Sviluppo: ciò significa che il semplice decorso di un breve lasso di tempo (e al solo fine di favorire determinate iniziative costruttive) comporterebbe, del tutto irragionevolmente, lo spostamento di una competenza, chiaramente spettante a un organo di governo, verso un organo burocratico.
           Dinanzi all’abnormità di queste conseguenze, appare evidente che il mero mancato richiamo esplicito, nel comma 14 dell’art. 5 del D.L. 70/2011, alla procedura del permesso di costruire in deroga, non può essere inteso come tacita volontà di affidare tutta la responsabilità della scelta urbanistica al solo organo burocratico, restando dunque sottinteso che la procedura da utilizzare è comunque quella di cui all’art. 14 DPR 380/2001.
           Se quest’ultima è l’interpretazione da assegnare al combinato disposto dei commi 9, 11 e 14 dell’art. 5 d.l. 70/2011, il provvedimento impugnato si rivela pertanto viziato da violazione di legge (art. 5 d.l. 70/2011; art. 14 DPR 380/2001), per essere stato rilasciato in assenza della previa deliberazione del Consiglio Comunale.
           Qualora, invece, si ritenesse che la lettera delle disposizione e la volontà del legislatore fossero da intendere nel senso qui criticato, allora non resterebbe, senza margini per una interpretazione conforme a costituzione, che constatare l’incostituzionalità dell’art. 5, comma 14 del D.L. 70/2011, e di conseguenza sollevare la relativa eccezione.
           Oltre a risultare palesemente irragionevole per quanto poco sopra osservato, la disposizione violerebbe tanto l’art. 97 Cost., quanto l’art. 117 comma 3 Cost., nella parte in cui assegna alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni la materia del governo del territorio; oltre che gli articoli 5, 114, 118 Cost., dai quali la Corte Costituzionale ha da tempo desunto “la necessità che il procedimento che incide sull’approvazione ovvero sulla modifica degli strumenti urbanistici si articoli in maniera tale da assicurare la sostanziale partecipazione, allo stesso, degli enti il cui assetto territoriale è determinato proprio dagli strumenti in questioneâ€. Corte Cost. Sent. 26.10.1988, n. 1010. E naturalmente l’attribuzione a un organo privo di legittimazione democratica della decisione su procedimenti che modificano l’assetto del territorio non soddisfa affatto il requisito della “sostanziale partecipazioneâ€.
           Mediante formale istanza si solleva pertanto questione di legittimità costituzionale, affinchè venga dichiarato incostituzionale l’art. 5 comma 14 – in combinato disposto con i commi 9,11,13 – D.L. n. 70/2011 per contrasto con gli artt. 97, 117, 5, 114, 118 della Costituzione. La citata normativa è incostituzionale nella parte in cui stabilisce (secondo l’interpretazione fornita dal Comune di Pescara) che il mero decorso del termine di 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 70/2011 in assenza della legge regionale, comporta la realizzabilità degli interventi di cui all’art. 5 comma 9 al di fuori della procedura ex art. 14 DPR 380/2001 e quindi in assenza della deliberazione del Consiglio Comunale.
II
           VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 5 D.L. N. 70/2011 sotto altro profilo; ART. 12 COMMA 3 DEL D.P.R. N. 380/2001)
           L’atto impugnato è poi in contrasto con la disciplina normativa di riferimento anche sotto un ulteriore profilo che investe le prerogative dell’organo consiliare.
           L’istituto di riferimento è, come detto, quello del permesso di costruire in deroga, anche qualora si volesse per assurdo aderire alla criticata interpretazione secondo cui la deroga possa essere in questo caso decisa dal solo organo burocratico: si tratta, vale a dire, di consentire costruzioni che per determinati aspetti non si conformano ai normali parametri urbanistico-edilizi previsti dai vigenti strumenti urbanistici.        Ebbene, non par dubbio che la deroga non possa comunque riguardare la previsione che rinvia alla redazione di un piano particolareggiato (art. 37 NTA di PRG). Questa posizione è stata sostenuta dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Piemonte, 4 marzo 1980 n. 118 ) nel definire i limiti concettuali degli interventi in deroga, sulla base del criterio secondo cui in attesa del piano attuativo “l’individuazione del sedime di localizzazione dell’opera pubblica nell’ambito della vasta zona appartenente a più proprietari ha la conseguenza di concretizzare il sacrificio della sfera degli interessi degli uni a vantaggio degli altri, e ciò non può legittimamente avvenire con procura di deroga, ma nei modi e con le garanzie apprestate dall’ordinamento nell’ambito del procedimento predisposto per conferire razionalità all’assetto territoriale, non disgiunta dal contemperamento dell’interesse pubblico con quello privato e degli interessi dei privati tra loroâ€.
           Vale a dire che non può neppure parlarsi di deroga quando la disciplina dell’assetto dei suoli, la cosiddetta conformazione, non è ancora stata stabilita, essendosi l’amministrazione riservata la scelta di definire con un piano di dettaglio (nel caso in questione il cosiddetto PP2, peraltro adottato dall’amministrazione) la conformazione della proprietà ; in sostanza, non vi sono ancora le regole cui derogare.
           In questo caso, dunque, eventuali “deroghe†non potrebbero che comportare lo stravolgimento dell’esercizio di una funzione fondamentale del Comune di competenza del Consiglio, qual è quella, appunto, della fissazione delle regole d’uso dei suoli.
           E del resto una parte di profilo è coperta da una specifica regola del nostro ordinamento, quella espressa nella disposizione sulle cosiddette misure di salvaguardia secondo cui “in caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda.†(art. 12 comma 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).
           Si tratta di regola espressione di un principio di ordine assolutamente generale cui anche i permessi di costruire in deroga non possono che conformarsi. Nel caso di specie, essendo stato adottato il piano particolareggiato “P.P. n . 2 – Zona Portuale†con Delibera di G.C. n. 447 del 29.06.2012, il Comune avrebbe dovuto sospendere ogni determinazione sulla richiesta di permesso di costruire (per di più in caso di sicuro contrasto tra PP2 adottato e intervento assentito: in dettaglio, si rinvia al motivo V).
           Il presente autonomo e specifico motivo di censura, rinforza peraltro l’interpretazione conforme a Costituzione afferente le prerogative consiliari proposta nel motivo precedente; perchè, al limite, il solo modo per tentare di conciliare l’istituto della deroga con l’assenza delle misure di conformazione della proprietà (ammesso e non concesso di poter superare l’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato e il problema delle misure di salvaguardia) sarebbe stato quello di affidare al Consiglio Comunale la concreta valutazione della compatibilità degli interventi “in deroga†con i futuri assetti pianificatori, valutando le esigenze del più ampio contesto territoriale, operando cioè una sintesi tra le esigenze dello sviluppo e della riqualificazione e quelle della pianificazione attuativa.
III
           VIOLAZIONE DELL’ART. 5 COMMA 9 D.L. N. 70/2011; VIOLAZIONE DELL’ART. 14 D.P.R. 380/2001. ECCESSO DI POTERE PER FALSITA’ DEL PRESUPPOSTO
           Il comma 14 dell’art. 5 D.L. 70/2011, come detto, ha sancito, in caso di inerzia delle Regioni, l’applicabilità diretta da parte dei Comuni delle misure di cui al comma 9 (con o senza passaggio in Consiglio Comunale, questione di cui si è detto e su cui si tornerà ): quali criteri deve utilizzare l’Ente per valutare l’assentibilità degli interventi edilizi che intendano giovarsi delle misure premiali di cui al Decreto Sviluppo?
           L’unico parametro rinvenibile nel testo della legge è quello dettato in apertura del comma 9, ovverosia le linee guida cui dovrebbero essere ispirate le leggi regionali, in assenza di queste ultime, è inevitabile operare la selezione degli interventi secondo tali principi. Ebbene, l’intervento legislativo regionale ha il “fine di incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente nonché di promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare†art. 5 comma 9 D.L. 70/2011.
           L’intervento de quo sembra mostrare attinenza con alcune delle finalità indicate; ciò, tuttavia, è vero soltanto in astratto, mentre la questione deve essere riconsiderata sulla base di un’indagine condotta in concreto sul caso di specie. Bisogna infatti tenere presente innanzitutto che il PRG inscrive la zona oggetto dell’intervento all’interno di uno dei “comparti da attuarsi attraverso interventi di esclusiva iniziativa pubblica (P.P.)†(cfr. art. 37 NTA di PRG); e per di più alla data di rilascio del Permesso, il previsto P.P. è stato già adottato dal Comune, che sta pertanto esercitando attualmente la sua potestà pianificatoria, ai fini della realizzazione di un “sistema integrato†e nell’ottica di un “intervento urbanistico unitario†di cui al citato art. 37.
           Dunque: 1) non soltanto non sussistono le esigenze di “razionalizzazione†e “riqualificazioneâ€, in quanto le stesse risultano già soddisfatte dall’avvenuta adozione di uno strumento mirato ad un “intervento urbanistico unitario di esclusiva iniziativa pubblicaâ€; 2) ma per di più l’intervento autorizzato con Permesso di Costruire finisce per ostacolare e contrastare le esigenze razionalmente mediante la pianificazione.
           Tali profili di contrasto attengono innanzitutto agli standard urbanistici, con particolare riguardo agli spazi a verde (come sarà evidenziato nel motivo n. IV); ma interessano anche il disegno complessivo dell’opera, oltre che il suo rapporto con il contesto circostante. Il PRG (art. 37 NTA) prevede infatti per la zona interessata dal P.P. n. 2 “una composizione spaziale caratterizzata da un immediato rapporto con gli specchi d’acqua del porto canale e del porto turistico (modello del “water-frontâ€) e da un sistema continuo di ambienti e percorsi pedonali e ciclabiliâ€. Infatti, il sub comparto PP2c2 concentra tutta la capacità edificatoria della particella n .2047 su di un unico edificio (cfr. art. 7.2 tav. 17 nta PP2 e tav. 13b PP2 – docc. 8 e 9), proprio al fine di mantenere il cd. “water front†paesaggistico e non saturare con innumerevoli edifici l’auspicato “sistema continuo di ambienti e percorsi pedonali e ciclabiliâ€, comprensivi di aree verdi.
           A fronte di tale scelta, nel Permesso di Costruire rilasciato alla Pescaraporto, i fabbricati previsti sono addirittura cinque! Tali edifici occupano quasi completamente l’area d’intervento, creando una netta barriera verso il porto turistico ed il mare (facendo così completamente venir meno il modello paesaggistico del water front) e togliendo spazi e respiro al sistema continuo di ambienti verdi e percorsi ciclo-pedonali.
           Nell’applicare la disposizione normativa di cui al D.L. 70/2011, pertanto, non deve essere confuso lo strumento con la finalità : il rilascio di Permessi di Costruire ex art. 5 comma 9 è soltanto il mezzo (rectius: uno dei mezzi) per perseguire il “fine†(così chiamato proprio dall’art. 5 comma 9), costituito dalla predetta razionalizzazione e riqualificazione.
           Invece l’intervento predetto finisce per porsi in contrasto con tali finalità , perseguite dall’ente pubblico mediante i propri atti pianificatori, e per di più, come osservato, senza alcun intervento degli organi di governo. Conseguentemente deve concludersi che l’Amministrazione è incorsa in violazione di legge ed eccesso di potere, essendo stato autorizzato l’intervento in carenza dei presupposti stabiliti dall’art. 5 comma 9.
IV
           VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 5 COMMA 11 D.L. 70/2011); ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE
           L’intervento assentito mediante l’impugnato Permesso di Costruire risulta inoltre adottato in violazione dell’art. 5 comma 11 del D.L. 70/2011. Nel consentire l’esecuzione in deroga degli interventi edilizi, la norma individua una serie di disposizioni che devono necessariamente essere tenute ferme, nel senso che in nessun caso la deroga può incidere negativamente sulle stesse. Tra queste, gli standard urbanistici. Dispone infatti l’art. 5 comma 11, secondo periodo: “Resta fermo il rispetto degli standard urbanistici, delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attivita’ edilizia (…)â€.
           L’area di cui al Permesso rilasciato (catasto: foglio 27 particella 2047; cfr. doc. 3), appartiene alla sottozona B7 di cui al PRG vigente, al cui interno il P.R.G. individua alcune aree che devono formare “oggetto di Piano Particolareggiato di esclusiva iniziativa pubblicaâ€; tra queste, la Zona Portuale, da regolare mediante il P.P. n. 2 (art.37.3 NTA – doc. 4), entro il cui perimetro è individuato il comparto c, ove si trova l’area de qua.
           In ordine a tale subambito c, la scheda norma di PRG (doc. 5) prevede una superficie di cessione di aree per servizi pari al 53,32% della Superficie Territoriale (40% destinato a verde pubblico, 9,32% a parcheggi pubblici e 4% alla viabilità ). Nel medesimo comparto c, il PP2 amplia ulteriormente la dotazione di standard, giungendo sino a un complessivo 65% della ST, di cui circa il 50% a verde (art. 7 tav. 17 n.t.a. del PP2 – doc. 7).
           Il P.P. ha individuato poi l’ulteriore sub comparto di attuazione c2 (PP2c2), di totali mq 11641 – in buona parte occupato dalla proprietà Pescaraporto srl, di mq 9800. All’interno del subambito c2 le aree destinate a verde pubblico sono individuate in misura pari al 60% di tutta la ST – essendo pari a 7000 mq (art. 7.2 tav. 17 n.t.a. PP2 – doc. 8).
           Nell’area oggetto di proprietà della Pescaraporto, gli standard sono stati localizzati all’interno della tavola 13b – PP2 (doc. 9), che prevede ampie superfici destinate a diverse categorie di verde pubblico, per soddisfare le previsioni per standard sopra esaminate, di cui al PRG e al PP.
           La previsione di PRG esaminata poc’anzi – cessione di aree per servizi pari al 53,32% della Superficie Territoriale (40% verde pubblico, 9,32% parcheggi pubblici, 4% viabilità ) – concorre ovviamente a garantire il rispetto della quota di aree per servizi di cui al PRG. A questo proposito, il PRG registra una situazione di carenza di aree pubbliche, pari a 5,73 mq/abitante insediato, per un totale di 663.173 mq di carenze registrate (pag. 70 Relazione Tecnica Illustrativa al PRG – doc. 11). In questo senso, la citata previsione della cessione del 53,32% di aree per servizi (il P.P. amplia poi ulteriormente, come visto, la dotazione di standard urbanistici, sia nello stesso comparto c che nel subcomparto c2) è dunque strumentale e funzionale al recupero di standard, al fine di ovviare alle carenze rilevate.
           Ciononostante, nell’intervento edilizio di cui all’impugnato Permesso di Costruire, la Superficie fondiaria, cioè lo spazio per l’edificazione e le aree di pertinenza, coincide con l’intero lotto di proprietà , ben 9800 mq, saturandolo completamente: non è previsto verde pubblico né altri spazi pubblici necessari per il rispetto degli standard urbanistici (cfr. doc. 1).
           Il progetto si limita infatti ad indicare i – pochi – spazi di uso pubblico (per lo più parcheggi) imposti in via generale dalle NTA per le destinazioni a carattere commerciale e direzionale, mentre nulla è previsto in ordine al rispetto dei pregnanti standard urbanistici (di cui all’art. 7 comma 1 NTA), imposti dal PRG e dal P.P.2 nelle misure sopra esaminate. Così facendo, l’individuazione degli spazi per standard (in specie aree pubbliche a verde) effettuata in sede di pianificazione – come visto, sia generale che attuativa – finisce per essere resa impraticabile dalla richiesta di un mero intervento edilizio privato, che scavalca le suddette previsioni, in ciò finendo per atteggiarsi come vero e proprio atto di pianificazione, in violazione della ratio e della lettera di cui al D.L. n. 70/2011.
           La perdita immediata di standard conseguente alla realizzazione dell’intervento può persino essere quantificata (circa 6500 mq) con riguardo al subcomparto PP2c2, che, come visto, prevede la cessione di aree per servizi per oltre il 60%, su una superficie (11641 mq) poco più grande del lotto di proprietà della Pescaraporto srl. Ma in ogni caso, anche prendendo in esame le sole previsioni di PRG, (che nel subambito c prevedono una cessione di aree per servizi pari al 53,32% della St) risulta assai consistente la perdita di standard urbanistici derivante dall’intervento in esame.
           Il rilascio del Permesso di Costruire impugnato, lasciando l’area di circa 10.000 mq priva delle prescritte dotazioni pubbliche per verde e servizi, risulta pertanto lesivo degli standard urbanistici posti dal PRG (scheda norma comparto P.P. n. 2 sub c) e dal P.P. n. 2 adottato (art. 7 e art. 7.2 nta PP2), andando a concretizzare – per di più senza alcun accenno nella motivazione del provvedimento – un’evidente violazione dell’art. 5 comma 11 D.L. n. 70/2011, nella parte in cui dispone che, nella realizzazione degli interventi di cui al comma 9, “resta fermo il rispetto degli standard urbanisticiâ€.
V
           VIOLAZIONE DELL’ART. 12 D.P.R. 380/2001; ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO
           Sussiste inoltre una violazione diretta del menzionato art. 12 comma 3 T.U. Edilizia, nella parte in cui dispone che: “In caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, é sospesa ogni determinazione in ordine alla domandaâ€. Esistono infatti almeno due sicuri aspetti di contrasto tra l’intervento in esame ed il P.P. adottato.
           a) L’area oggetto di intervento è stata, come detto, inserita dal P.P. 2 nel sub comparto di attuazione c2 (denominato PP2c2), di totali mq 11641: tale comparto è in buona parte occupato dalla proprietà Pescaraporto srl, di circa mq 9800 (doc. 3). All’interno del subambito c2 le aree destinate a verde pubblico sono individuate nella misura di 7000 mq (art. 7.2 ntaPP2 – doc. 8). Nel progetto assentito, tuttavia, non sono previsti spazi per il verde pubblico. E’ evidente che se il subcomparto c2 di 11641 mq totali venisse completamente privato di verde pubblico per 9800 mq, la superficie residua (1841 mq) non potrebbe mai soddisfare la previsione (7000 mq) di cui all’art. 7.2 tav. 17 n.t.a. PP2 (doc. 8)!
           b) Inoltre lo stesso P.P. 2 adottato ha provveduto ad individuare concretamente sul territorio le aree da destinare a standard (tav. 13b PP2 – doc. 9). Nell’area oggetto dell’intervento, di proprietà della Pescaraporto – come detto, il comparto PP2c2 eccetto l’estremità inferiore dello stesso – sono localizzate ampie superfici destinate ad aree pubbliche, comprendenti diverse categorie di verde pubblico (Va, Vs. Vn).
           A questo proposito l’art. 3 della tav. 17 n.t.a. PP2 (doc. 12) dispone che: “I soggetti privati proprietari o aventi causa singoli o riuniti in consorzio cedono gratuitamente all’amministrazione, tutte le aree a standard, classificate come Vn, Vs, Va, Pr, Pc nelle tav.13 a,b,c – Planimetria normativa.â€. L’intervento assentito viola dunque l’art. 3 delle n.t.a. PP2 nella parte in cui obbliga il privato alla cessione delle aree individuate come Verde nella tavola 13 b; tali superfici, infatti, non soltanto non vengono cedute, ma sono definitivamente sottratte, in quanto pertinenziali all’intervento edilizio assentito (parcheggi, aree di manovra ecc.), alla destinazione a Verde Pubblico sancita dal P.P.2 all’interno della tav. 13 b.
           In conclusione, emerge quel “contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati†cui l’art. 12 comma 3 DPR 380/2001 ricollega l’obbligo di lasciare “sospesa ogni determinazione in ordine alla domandaâ€. Non avendo dato corso a tale sospensione, il Comune ha rilasciato un Permesso di Costruire illegittimo perché violativo dell’art. 12 comma 3 DPR 380/2001.
VI
           VIOLAZIONE DELL’ART. 5 D.L. 13 MAGGIO 2011 N. 70 sotto altro profilo; ECCESSO DI POTERE PER IRRAGIONEVOLEZZA
           Il Permesso di Costruire risulta viziato per violazione dello stesso D.L. n.70/2011 anche sotto il diverso profilo del dimensionamento dell’intervento edilizio. L’art. 5 si occupa, al comma 14, di individuare la misura massima entro cui riconoscere la volumetria prevista come misura premiale. Tale volumetria è realizzata in misura non superiore “al venti per cento del volume dell’edificio se destinato ad uso residenziale, o al dieci per cento della superficie coperta per gli edifici adibiti ad uso diversoâ€.
           La norma di cui al Decreto n. 70/2011, si limita dunque a stabilire: a) che gli interventi rientranti nel campo d’applicazione di cui all’art. 5 comma 9 beneficiano di una volumetria premiale rispetto a quella normalmente assentibile; b) quale deve essere la base di calcolo per tale misura premiale.
           La norma non entra invece nel merito delle varie discipline urbanistiche che regolano, nel singolo Comune, l’attuazione dei piani regolatori e dunque concretamente l’attività edilizia. E’ quindi indispensabile (in assenza di altri parametri) fare riferimento alla normativa di PRG, per calcolare il quantum edificabile cui aggiungere la cubatura “premialeâ€: il PRG utilizza per la sottozona B7 la superficie utile lorda.
           Venendo all’intervento in esame (doc. 1):
– la superficie lorda totale rilevata sull’originaria concessione è di mq 3330;
– è necessario poi calcolare la misura premiale, che, per gli usi non residenziali, non può superare il 10% della superficie coperta;
– la superficie coperta, come da relazione, è di mq 2831,10;
– l’aumento del 10% della superficie coperta ammonta a mq 283,11;
– la superficie utile complessiva di progetto risulta quindi di mq 3613,11 (3330 di partenza + 283,11 come misura premiale);
– nella zona B7 il Comune di Pescara non esprime il concetto di volume, tant’è che non individua, tra i tanti possibili, un metodo da utilizzare per il calcolo del volume; tuttavia, ai soli fini del confronto con l’intervento assentito, possiamo trasfondere in volume la superficie utile di progetto ut supra individuata (moltiplicandola per ml 3,00 – come da relazione).
– il volume dell’edificio assentibile, comprensivo della misura premiale sopra calcolata, è di mc 10.893,33 (mq 3613,11 x ml 3,00).
           Il progetto assentito, invece, prevede una volumetria quasi doppia, pari a mc 20520,45. E questo perché il calcolo effettuato dalla Pescaporto ha seguito, del tutto arbitrariamente, le seguenti operazioni:
– volume edifici esistenti (non sup. utile lorda, come da PRG): mc 19671,15;
– misura premiale: 10% sup. coperta = mq 283,10; in volume = mc 849,30;
– totale cubatura: 19671,15 + 849,30 = 20.520,45.
           L’errore più evidente (frutto di conseguenze paradossali in termini di aumento di cubatura) è stato quello di partire, per verificare il volume di partenza, dalla cubatura esistente, quando invece, come detto, per la disciplina della sottozona B7 il PRG non esprime alcun indice volumetrico, utilizzando unicamente la Superficie Utile Lorda. Così facendo, il Permesso impugnato non si è limitato ad applicare la misura premiale di cui al D-L 70/2011, ma si è posto arbitrariamente in variante allo stesso PRG. Lo stesso parere, redatto per il Comune di Pescara dal Direttore Generale Avv. Stefano Ilari (doc. 13) è molto chiaro in proposito: “Resta pertanto inteso che al fine della premialità la richiesta del permesso di costruire deve contenere il rilievo dell’edificazione esistente, condotto secondo le regole del piano regolatore genrale vigente, ovvero del regolamento edilizioâ€.
           Al contrario, il rilievo dell’edificazione esistente nel caso di specie NON è stato effettuato secondo le vigenti regole comunali, che avrebbero imposto, per la sottozona B7, l’utilizzo della Superficie Utile Lorda. Ovviamente, l’eventuale Legge Regionale ben può stabilire diversamente, ma fino a che il calcolo della volumetria premiale viene effettuato al di fuori di tale legge, gli strumenti per il rilievo dell’edificazione esistente non possono che essere rinvenuti nella normativa comunale. Il provvedimento impugnato risulta dunque illegittimo in quanto al calcolo del dimensionamento dell’intervento edilizio assentito.
VII
           VIOLAZIONE DELL’ART. 5 D.P.R. 380/2001; VIOLAZIONE DELL’ART. 6 E SEGG. D.LGS. 152/2006; ECCESSO DI POTERE PER IRRAGIONEVOLEZZA E DIFETTO DI ISTRUTTORIA
           Un ulteriore profilo di illegittimità dell’atto impugnato concerne il parere della A.U.S.L. (prot. 25626/12/DP del 03.08.2012), necessario ex art. 5 D.P.R. n. 380/2001 per il rilascio del Permesso di Costruire. Il Comune di Pescara dà conto dell’acquisizione del citato parere a pag. 5 del provvedimento impugnato; il parere, indicato come “favorevole preventivoâ€, risulta tuttavia incompleto. Infatti, vengono rinviate a data successiva le “valutazioni in merito agli aspetti ambientali legati al contesto nel quale il progetto sarà realizzato, in quanto ancora in itinere per l’area in esame le fasi del procedimento VAS per l’intero P.P. 2â€.
           Il rinvio in questione è incompleto ed irragionevole, nel rinviare le valutazioni all’esito della procedura VAS (in svolgimento ex art. 6 D.LGS. 152/2006): una volta intrapreso l’intervento edilizio assentito, le valutazioni ambientali oggi rinviate saranno inutilmente esaminate dalla AUSL, che si ritroverà di fronte ad un intervento già realizzato!
           La scelta comunale (dare corso ad un consistente intervento edilizio privato in pendenza di procedura VAS su area oggetto di notevoli trasformazioni urbanistiche) finisce per colorire di irragionevolezza tanto l’intervento edilizio assentito – che deve giocoforza utilizzare un parere AUSL incompleto – quanto la stesso procedura VAS, che, in corso d’opera, si troverebbe a fare i conti con uno sviluppo urbanistico che l’intervento privato ha stravolto (specie nel comparto PP2c2) rispetto ai dati progettuali del PP adottato sui quali sta attualmente svolgendosi la valutazione.
           Con ciò confermando anche quanto sostenuto con il III motivo di ricorso: l’intervento edilizio, in virtù dell’attività pianificatoria (e di valutazione ambientale strategica) in corso di svolgimento, non rientra nel campo d’applicazione di cui al Decreto Sviluppo, a maggior ragione in assenza di qualsiasi passaggio dell’intervento in Consiglio Comunale.
VIII
           VIOLAZIONE DI LEGGE: ART. 55 L.R. n. 45/2007
           E’ necessario richiamare la precedente destinazione dell’area oggetto d’intervento. Lo stesso Permesso di Costruire impugnato fornisce le informazioni necessarie, premettendo (pag. 1) che l’intervento riguarda la “riqualificazione del complesso industriale dismesso denominato Ex-Edisonâ€.
           Ebbene, la circostanza che sull’area insistesse il suddetto complesso industriale rende necessariamente applicabile la normativa di cui alla Legge Regionale n. 45 del 19.12.2007, e segnatamente l’art. 55 comma 13, che dispone: “Al fine di garantire un elevato livello di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, il comune, prima del rilascio dell’autorizzazione a costruire su un’area utilizzata per attività produttive, industriali o artigianali, impone al soggetto interessato, con oneri a carico di quest’ultimo, un’indagine di qualità ambientale sulle matrici ambientali, suolo, sottosuolo ed acque sotterranee, che evidenzi la compatibilità dell’intervento proposto con l’eventuale stato di contaminazione dell’area per la quale il soggetto interessato stesso ha richiesto il permesso a costruireâ€.
           La norma è pacificamente applicabile all’intervento de qua, facendo riferimento ad aree utilizzate per attività produttive, industriali o artigianali. Per di più, nella Perizia di Constatazione asseverata fornita dal Geom. Domenico Tracanna il 4.10.2011 (doc. 14), conosciuta dal Comune e dallo stesso inserita nelle premesse al Permesso di Costruire, si afferma a pag. 5 che il complesso industriale si trova in “pessimo stato di manutenzione e conservazioneâ€, con ciò rendendo ancor più importante quell’indagine ambientale “che evidenzi la compatibilità dell’intervento proposto con l’eventuale stato di contaminazione dell’area†prescritta dalla citata L.R. n. 45/2007.
           Eppure, nulla è rinvenibile in merito a tali obblighi all’interno del titolo edilizio impugnato. Non risulta che il Comune abbia mai imposto ex lege alla Pescaraporto srl l’indagine di qualità ambientale; neppure vengono prese in considerazione le ragioni o le valutazioni in merito ad un’eventuale esclusione della citata procedura. Per questo motivo, l’istruttoria risulta carente dell’adempimento di cui all’art. 55 comma 13 L.R. n. 45 del 19.12.2007, e il Comune è pertanto incorso in violazione di legge, rilasciando il Permesso di Costruire senza imporre l’indagine prescritta.
SULLA MISURA CAUTELARE
           I profili di illegittimità dell’impugnato provvedimento, come ampiamente esposti nei motivi di ricorso, evidenziano la sussistenza del fumus boni iuris.
           Sussiste altresì l’ulteriore requisito per la concessione della misura: l’intervento edilizio assentito con il Permesso impugnato, immediatamente attivabile, risulta infatti già essere in corso di realizzazione sin dal 08.10.2012 (doc. 2), con ciò integrandosi il grave ed irreparabile periculum in mora di una trasformazione non reversibile del territorio.
           Inoltre, il protrarsi dell’edificazione in pendenza del presente ricorso pregiudicherebbe irreparabilmente l’esercizio della potestà pianificatoria del Comune tramite il P.P. n. 2, attualmente nella fase successiva all’adozione. Non soltanto, infatti, un intervento di iniziativa privata verrebbe a modificare lo stato di fatto sulla base del quale il P.P. n. 2 è stato adottato, ma – alla luce di quanto esposto nei motivi di ricorso – tali modifiche inciderebbero in maniera immediata sulle previsioni di cui al P.P.2, andando a pregiudicare la dotazione degli standard, sotto il profilo sia della collocazione che della quantità .
           Più in generale comunque, la mera constatazione che l’intervento edilizio sia immediatamente attivabile in virtù del Permesso impugnato (tanto che i lavori hanno avuto inizio già in data 08.10.2012 – doc. 2), stante l’irreparabilità del pregiudizio che verrebbe arrecato al territorio dal protrarsi dei lavori (ancor più, vista l’enorme mole dell’intervento), integra il requisito del periculum in mora evidenziando la necessità della concessione di una misura cautelare.
           Pertanto, si chiede che l’Ecc.mo Tribunale adito Voglia disporre in via cautelare la sospensione dell’efficacia degli atti impugnati, e la conseguente sospensione dei lavori edilizi con efficacia immediata.
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Alla luce di quanto esposto, il ricorrente, rappresentato come in epigrafe,
CHIEDE
           che l’Ecc.mo Tribunale adito voglia disporre l’annullamento, previa sospensione, del Permesso di Costruire n. 312/2012/P e relativi allegati, rilasciato, con prescrizioni, il 05.10.2012 alla ditta PESCARAPORTO s.r.l., in qualità di proprietaria, per la demolizione degli edifici esistenti e la riqualificazione del complesso industriale dismesso denominato “Ex-Edison†attraverso nuovo intervento edilizio ai sensi dell’art. 5 del D.L. n. 70 del 13/05/2011 convertito nella L. n. 106 del 12/07/2011, ubicato a Pescara in Via Lungomare Papa Giovanni XXIII sull’area individuata catastalmente al foglio di mappa n. 27 part. n. 2047, il tutto in conformità del progetto esaminato dai Tecnici Istruttori e dalla Commissione Urbanistica-Edilizia nella seduta del 03.04.2012 n.7 pos.1 costituito da 21 elaborati progettuali e relazione tecnica quale parte integrante e sostanziale del provvedimento; nonché di tutti gli altri atti presupposti, consequenziali o comunque connessi;
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QUESTIONE DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE
           Con la presente formale istanza si solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 comma 14 D.l. n. 70/2011, convertito in L. 106/2011, in combinato disposto con i commi 9,10,11,12,13 – nell’interpretazione fornita dal Comune di Pescara per il rilascio dell’impugnato Permesso di Costruire – per contrasto con gli artt. 97, 117, 5, 114, 118 della Costituzione.
           Nel dettaglio, la citata normativa di cui all’art. 5 D.L. n. 70/2011 è incostituzionale nella parte in cui al comma 14 stabilisce (secondo l’interpretazione seguita dal Comune di Pescara) che il decorso del termine di 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 70/2011, in assenza di approvazione della legge regionale, comporta la realizzabilità degli interventi di cui all’art. 5 comma 9 al di fuori della procedura ex art. 14 DPR 380/2001, quindi senza la deliberazione consiliare.
           Così interpretata, la norma finirebbe per spogliare il Consiglio Comunale (ex lege organo investito in via diretta della rappresentanza delle comunità locali) della fondamentale funzione di governo del territorio: funzione che non può che spettare, invece, proprio all’organo di governo. In virtù, infatti, del principio di distinzione tra compiti di indirizzo politico e compiti di gestione, ritenuto dalla giurisprudenza costituzionale diretta espressione dell’art. 97 Cost., così come gli organi di governo non possono essere attributari di funzioni di gestione, allo stesso modo agli organi burocratici non possono essere assegnate funzioni di indirizzo politico-amministrativo.
           Qualora, pertanto, si ritenga che la lettera delle disposizione e la volontà del legislatore siano da intendere nel senso ritenuto dal Comune di Pescara – non sussistendo alcun margine per una interpretazione conforme a costituzione – non resterebbe che constatare l’incostituzionalità dell’art. 5, comma 14 (in combinato disposto con i commi 9,10,11,12,13) del D.L. 70/2011.
           La norma, oltre che palesemente irragionevole, risulta violativa tanto dell’art. 97 Cost. menzionato, quanto dell’art. 117 comma 3 Cost., nella parte in cui assegna alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni la materia del governo del territorio.
           Viola inoltre gli articoli 5, 114 e 118 Cost., dai quali la Corte Costituzionale ha da tempo desunto “la necessità che il procedimento che incide sull’approvazione ovvero sulla modifica degli strumenti urbanistici si articoli in maniera tale da assicurare la sostanziale partecipazione, allo stesso, degli enti il cui assetto territoriale è determinato proprio dagli strumenti in questioneâ€. (Corte Cost. Sent. 26 ottobre 1988, n. 1010). E naturalmente l’attribuzione a un organo privo di legittimazione democratica, della decisione su procedimenti che modificano l’assetto del territorio, non soddisfa certo il requisito della “sostanziale partecipazioneâ€.
           Con la presente formale istanza si solleva pertanto questione di legittimità costituzionale, affinchè venga dichiarato incostituzionale l’art. 5 comma 14 (in combinato disposto con i commi 9,10,11,12,13) D.L. n. 70/2011 convertito in L. 106/2011, per contrasto con gli artt. 97, 117, 5, 114, 118 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce (secondo l’interpretazione fornita dal Comune di Pescara) che il decorso del termine di 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 70/2011, in mancanza di approvazione di legge regionale, comporta la realizzabilità degli interventi di cui all’art. 5 comma 9 al di fuori della procedura ex art. 14 D.P.R. 380/2001 e quindi della deliberazione del Consiglio Comunale.
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           Con vittoria di spese e competenze di lite.
           Si allegano e depositano i documenti elencati nel testo.
           Si fa istanza istruttoria affinché venga ordinato alle Amministrazioni di produrre tutti gli atti e i documenti rilevanti emessi nella vicenda. Con riserva di presentare motivi aggiunti e chiedere ulteriori misure cautelari.
           L’importo del contributo unificato è pari ad € 600,00.
           Pescara, li 28.11.2012
           avv. Gianni Piscione
[…] fino a quando il tribunale amministrativo non si pronuncerà nel merito, il prossimo 23 maggio, sui ricorsi presentati da Acerbo e dall’hotel Regent, hanno congelato la richiesta di modifica della destinazione d’uso. […]
[…] battaglia è in corso su più fronti. Innanzitutto il 23 maggio si discuterà il mio ricorso sul permesso rilasciato alla Pescara Porto srl .  Poi c’è la questione del tratto di spiaggia accanto all’Istituto Paolo VI su cui […]
[…] rilasciati in via Carducci dove sta realizzando D’Andrea e accanto all’ex-Cofa dove l’intervento della Pescaraporto srl è stato bloccato dai ricorsi al TAR del sottoscritto e di un […]