Dopo il ritiro delle dimissioni di D’Alfonso non si capisce perchè si vada al voto lo stesso. Alcune considerazioni personali su cose talmente evidenti che “tutti” fanno finta di non notare.
La situazione che si va configurando a Pescara appare assai strana.
Mi sembra che PD e PDL pescaresi condividano una scarsa cultura delle regole e non resistano alla tentazione di piegare le istituzioni alle loro esigenze di parte.
Il PD è abbarbicato alla posizione di forza rappresentata dal controllo della macchina comunale.
Sa che il vulnus rappresentato dalle inchieste della magistratura è cosa seria e, quindi, accetta di andare al voto mantenendo però la propria rendita di posizione.
Il centrodestra sa che la procedura è una farsa, ma non vede l’ora di andare al voto confidando di conquistare il Comune di Pescara dopo la Regione. Immagino che saranno forti le pressioni sul Ministero affinchè chiuda un occhio o forse due.
Ho la sensazione che in questo momento non vi sia alcun obbligo giuridico di votare a giugno per una nuova amministrazione comunale.
La legge in vigore prevede dei precisi casi che determinano il ritorno alle urne.
Non mi sembra che ci troviamo in una situazione di questo genere.
Trovo paradossale che il sindaco si autocertifichi un malanno “permanente” e che sulla base di questo presupposto alquanto fantasioso i cittadini pescaresi siano costretti a subire nuove elezioni.
Il medico che ha firmato il certificato secretato ha dichiarato pubblicamente di non aver mai scritto la parola “permanente” che invece compare in una missiva del sindaco D’Alfonso che non mi pare sia titolato ad attestare se vi siano i requisiti previsti dal comma 1 dell’articolo 53 del Testo Unico degli enti locali.
Luciano D’Alfonso non è fortunatamente nelle condizioni di Eluana Englaro e, quindi, non ci sono elementi che giustifichino l’attivazione della procedura prevista dalla norma in caso di “impedimento permanente”.
E’ evidente che mancano i presupposti dell’art.53 del Testo Unico e solo i furbi o i disinformati possono far finta che non sia così.
Anche dalle nostre parti abbiamo dei precedenti che chiariscono il mio ragionamento.
Il sindaco di Loreto Aprutino, colpito da un ictus, è stato sostituito per un lungo periodo di tempo dal vicesindaco ed è poi tornato a svolgere il suo mandato.
Il sindaco di Pescara non si è dimesso, decidendo quindi di rimanere in una posizione che lo può esporre a ulteriori provvedimenti cautelari.
Appare evidente che la procedura più corretta in questa situazione è quella che vede il vicesindaco assumere le sue funzioni e il Comune proseguire la consiliatura fino alla “guarigione” del sindaco, come prevede il comma 2 dell’articolo 53 in caso di “impedimento temporaneo”.
Ovviamente è legittimo sostenere che il ritorno alle urne è doveroso e indispensabile dal punto di vista politico, ma al tal fine sarebbe necessario che si ponessero in essere le condizioni previste dal nostro ordinamento, per esempio le dimissioni di un numero sufficiente di consiglieri comunali.
Maurizio Acerbo,
consigliere regionale Rifondazione Comunista
www.maurizioacerbo.it
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