PRESENTEREMO UNA LEGGE PER FERMARE LA LIBERALIZZAZIONE DEL COMMERCIO
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Perché siamo contrari alla liberalizzazione selvaggia del commercio
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La liberalizzazione degli orari e delle aperture domenicali non è motivo di rilancio dell’economia e dei consumi o libera concorrenza, ma un peggioramento delle condizioni di lavoro di migliaia di lavoratrici e lavoratori e la rottura di equilibrio tra piccolo, medio e grande esercizio commerciale. La crisi che stiamo attraversando non si supera così, quello che manca alle persone ed alle famiglie sono le risorse, i soldi non le occasioni per spenderli.
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La liberalizzazione selvaggia delle aperture e degli orari è soltanto un altro regalo alla grande distribuzione e un’ulteriore batosta per le piccole imprese.
La completa liberalizzazione di orari e aperture festive non persegue affatto l’obiettivo di una più efficace tutela della concorrenza, dal momento che essa determina, al contrario, il rafforzamento sul mercato delle sole aziende che per le loro maggiori dimensioni sono in grado di cogliere tale opportunità , a discapito delle imprese minori le quali, non essendo in grado di garantire una apertura continuativa, risulterebbero penalizzate e giocoforza emarginate dal mercato, determinandosi, quale ulteriore grave conseguenza, un’accentuazione della desertificazione delle nostre città e dei piccoli centri, già dì per sé in atto a seguito degli effetti del perdurare della crisi economica e soprattutto della altissima densità di grande distribuzione presente in Abruzzo.
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La completa deregolamentazione non è vero che sia la regola in tutta Europa visto che in Francia, in Germania e nella maggior parte dei paesi europei vige il principio dell’apertura domenicale e festiva per deroghe e comunque una regolamentazione ragionevole per tutelare lavoratori, piccolo commercio e consumatori.
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La scelta iperliberista genera solo caos e il sempre aperti, 24 ore al giorno, per 365 giorni all’anno è una condizione insostenibile, sia per le piccole imprese strette nella morsa tra rinuncia al diritto al riposo e alla vita familiare, sia per i lavoratori della grande distribuzione.
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La Regione Abruzzo può e deve opporsi a una deregulation incostituzionale
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La Regione Abruzzo può e deve opporsi con ogni mezzo alle norme di liberalizzazione selvaggia del commercio imposte dalle ultime manovre dei governi Berlusconi e Monti. La lentezza con cui l’assessore Castiglione verifica la possibilità di ricorrere o meno alla Corte Costituzionale è emblematica dell’atteggiamento a favore della grande distribuzione che caratterizza da sempre la politica regionale.
Ricordo che le altre regioni hanno già impugnato la manovra estiva di Berlusconi che introduceva la deregolation nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte*. Ora che il governo Monti ha esteso la deregulation a tutti i comuni non si capisce perché la Regione stia ancora cincischiando. Per questa ragione insieme al collega Antonio Saia del PdCI abbiamo presentato un’interrogazione.
La Regione Abruzzo deve presentare ricorso alla Corte Costituzionale lamentando la violazione dell’articolo 117, comma 4 della Costituzione, che attribuisce alle Regioni la competenza esclusiva residuale in materia di Commercio.
Ma non basta. La Regione proprio sulla base delle sue competenze può legiferare in materia regolamentando orari e aperture.
Nei prossimi giorni presenteremo un progetto di legge sul commercio che, analogamente a quanto fatto per esempio dalle regioni Veneto e Toscana, ponga uno stop a questa deregulation che favorisce la grande distribuzione ai danni delle piccole imprese, degli esercizi di vicinato e degli stessi lavoratori ipersfruttati.
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Maurizio Acerbo, consigliere regionale PRC
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*Prima il governo Berlusconi  ha previsto che le attività commerciali e quelle di somministrazione siano svolte, in via sperimentale, senza “il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arteâ€. A tale fine ha previsto che le Regioni e gli Enti locali adeguino le proprie disposizioni legislative e regolamentari entro il 1° gennaio 2012.
Il Ministero dello Sviluppo Economico è intervenuto con circolare n. 3644/C del 28 ottobre 2011 affermando, tra l’altro, che fino al 1° gennaio 2012 le nuove disposizioni non trovano applicazione e che qualora, al 2 gennaio 2012, le Regioni “non abbiano adeguato le proprie disposizioni legislative o regolamentari la norma statale di liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura nelle città turistiche e nelle città d’arte deve comunque essere applicata e non può essere vanificata con interpretazioni inutilmente dilatorieâ€.
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In questo contesto è intervenuto il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, del governo Monti che ha soppresso le parole “in via sperimentale†e le parole “ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arteâ€.
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Ne consegue che, non avendo la norma modificato il comma 7 dell’articolo 35 del decreto-legge n. 98/2011, a partire dal 2 gennaio 2012, anche se le Regioni e gli Enti locali non si siano adeguati, la disposizione trova applicazione, in mancanza di diversa disciplina regionale sul punto.
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[…] Abruzzo sta reagendo. Da tempo l’assessore Castiglione si è detto d’accordo con la proposta che ho lanciato all’indomani dell’approvazione del decreto Monti ma della legge regionale che contrasti questa deregulation non si vede ancora traccia.  Stufi di […]