Il 1° dicembre 1955, lo storico rifiuto da parte di Rosa Parks, una donna afroamericana di 42 anni, di obbedire alla richiesta di alzarsi da un posto riservato ai bianchi sul bus e il suo arresto dettero inizio a un lunghissimo boicottaggio del trasporto pubblico da parte degli afroamericani a Montgomery in Alabama che fece da detonatore per l’impetuoso sviluppo del movimento per i diritti civili negli USA.
Noam Chomsky ha usato questa celeberrima figura e la sua rappresentazione nell’immaginario collettivo per una riflessione su come si sviluppano i movimenti popolari che trovate sull’antologia Capire il potere:
Una delle tecniche per limitare il potere del popolo è quella di cancellare dalla storia i veri agenti del cambiamento, di fare in modo che non siano riconosciuti. Per far questo è necessario distorcere la storia e far credere che siano stati i grandi uomini a fare tutto. In questo modo la gente impara che non è in grado di fare alcunché, che è senza speranza, che deve attendere che appaia qualche grande uomo a risolvere tutti i problemi.
Diamo per esempio un’occhiata al movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. Prendiamo Rosa Parks. Sappiamo che c’era questa coraggiosa donna nera che da un giorno all’altro decise: «Basta, non voglio più sedermi in fondo agli autobus». Be’, questa è una mezza verità , solo mezza. Rosa Parks veniva da una comunità molto ben organizzata, che aveva radici nel Partito comunista e sedi come la Highlander School [una scuola per quadri politici nel Tennessee]*. Rosa mise in atto un piano per combattere la segregazione che era stato però elaborato da un vasto gruppo di persone che lavoravano insieme.
Ma tutto ciò non viene ricordato dalla storia. Ciò che si ricorda è che una donna da sola ha avuto il coraggio di fare qualcosa. Ma del fatto che non fosse sola, nemmeno un accenno. Invece nessuno fa niente da solo. Rosa Parks faceva parte di un gruppo di persone impegnate che avevano lavorato a lungo per il cambiamento. Ed è sempre così che funziona.
Lo stesso vale per Martin Luther King, che ha potuto rendersi visibile e tenere comizi perché gli attivisti dello SNCC, i Freedom Riders e altre organizzazioni avevano preparato il terreno, e per questo avevano preso un sacco di botte. Tra l’altro, molti di questi attivisti provenivano da classi privilegiate e quindi erano diventati militanti del movimento per i diritti civili per scelta e non per necessità . Erano loro il movimento per i diritti civili. Martin Luther King era importante perché veniva ripreso dalle telecamere ai comizi, ma il vero movimento erano queste altre persone. E sono sicuro che lui avrebbe detto le stesse cose, o quanto meno avrebbe dovuto dirle.
Lo stesso vale per Gandhi, che rimane comunque un personaggio controverso. In ogni caso, Gandhi è diventato un personaggio di spicco grazie al lavoro sul campo fatto da altri. E penso che si possa dire lo stesso per ogni altro movimento popolare.
(…) L’attivismo è molto frustrante, ma offre anche risultati: convinci un paio di persone che cominciano a fare qualcosa e, prima o poi, questo può condurre a un cambiamento su scala vastissima. Lo sappiamo. Voglio dire che il vecchio Partito comunista americano — criticatelo quanto vi pare, dite pure che era stalinista e quant’altro – aveva alcuni punti di forza. Uno era che aveva molte persone veramente impegnate: si presentavano quando c’era bisogno di qualcuno che azionasse il ciclostile, perché erano convinti che quello fosse il modo per ottenere qualcosa. E avevano voglia di lavorare, lavoravano al posto di altri della loro comunità che intendevano aiutare a vivere meglio. E non dimentichiamoci che lottavano per i diritti civili in tempi in cui farlo non era uno scherzo; quando non si trattava di andare a Selma con una grande marcia, ma di trovarsi soli nel Sud, in posti dove si veniva facilmente uccisi: il Partito comunista americano era soprattutto questo. Chiunque lo disprezzi dovrebbe ricordarsene.
Come ricorda Chomsky, Rosa Parks frequentò il School Desegregation Workshop del 1955 della Scuola di Highlander Folk Works e nel dicembre dello stesso anno dette inizio al boicottaggio degli autobus di Montgomery. I funzionari del Tennessee chiusero la Highlander School nel 1962, dopo che era stata attaccata da segregazionisti bianchi e altri come una “scuola di addestramento comunista”. Una nuova istituzione, il Centro di Ricerca e Formazione Highlander fu fondata sulla sua scia. Highlander era stato un luogo di incontro per varie associazioni socialiste e comuniste, e i suoi fondatori “prefigurarono la nascita di una coalizione radicale a sostegno di un aggressivo movimento interrazziale dei lavoratori industriali e dei contadini del Sud”, anche se “né [il suo fondatore Myles] Horton né alcun altro membro del corpo docente fece mai il passo finale e aderì al partito comunista”. Qualche indicazione bibliografica per saperne di più: John M. Glen, Highlander: No Ordinary School, Knoxville: University of Tennessee Press, 1996, pp. 162-164, 54-55; Frank Adams, Unearthing Seeds of Fire: The Idea of Highlander, Winston-Salem, NC: John F. Blair, 1975;  Myles Horton, The Long Haul: An Autobiography, New York: Teachers College Press, 1998.
Lo storico Robin G.Kelley ha raccontato in un libro purtroppo non uscito in Italia ma disponibile on line, “Hammer and Hoe: Alabama Communists During the Great Depression”,  l’epopea dei comunisti degli anni trenta che – come sottolinea Noam Chomsky – furono gli antesignani del movimento per i diritti civili e della militanza afroamericana (fecero lo stesso in Sud Africa) e in una bella intervista “Come ‘il comunismo’ portò l’uguaglianza razziale nel Sud” racconta anche l’influenza che esercitarono su Rosa Parks:Â
questa è una storia che in realtà precede il movimento dei diritti civili così come lo conosciamo, che risale al 1930. (…)  Nel 1928, la posizione comunista a livello internazionale era che gli afro-americani del Sud avevano il diritto all’autodeterminazione. Significato: essi avevano il diritto di creare la propria nazione nel sud. Questa posizione che veniva fuori da Mosca, veniva da altri comunisti neri in tutto il mondo. E con questa idea in mente mandarono due organizzatori in Alabama (…) i primi due organizzatori erano un ragazzo di nome James Julio , che era un operaio siciliano che era emigrato in Alabama, e un altro ragazzo di nome Tom Johnson , e insieme andarono in cerca di lavoratori bianchi e lavoratori neri. E i lavoratori neri arrivarono in una quantità eccezionalmente alta subito perché per loro, avevano una memoria della Ricostruzione, il ricordo della guerra civile. E in quel tipo di memoria collettiva, gli era stato detto che un giorno gli Yankees torneranno e completeranno il combattimento. Beh, quando hanno visto questi comunisti bianchi, hanno detto, oh, bene, gli Yankees sono qui. Non vediamo l’ora di unirci. (…) Si concentrarono su tre cose . La prima, dato che si era durante la Grande Depressione, il loro obiettivo primario erano i disoccupati. E così le loro richieste erano vogliamo lavoro o qualche tipo di sostegno da parte del governo. La seconda cosa fu, nel 1931, il famoso caso Scottsboro, dove nove giovani neri furono arrestati ingiustamente per aver violentato due donne bianche e finirono in prigione. Ebbene, questi casi accadono ogni volta in cui gli uomini neri sono falsamente accusati. La differenza era che il partito comunista fece della causa di Scottsboro una questione internazionale. La mettono sui giornali. Diffondono la parola in tutto il mondo in diverse lingue. E, infine, la terza cosa furono i diritti civili fondamentali: il diritto di voto, il diritto di sedersi nelle giurie, si sa, il diritto di non essere Jim Crowed [linciati ndr] o segregati. Queste cose sicuramente attirarono i lavoratori neri.  (…) Inizialmente, quando il Partito Comunista arrivò e cominciò a organizzare i lavoratori neri, la NAACP a Birmingham e tutto contea di Jefferson era solo una specie di ombra di se stessa. Avevano sei membri paganti. Il Partito Comunista ne aveva circa 500. E perché? Perché la NAACP a quel tempo, almeno localmente, era interessata a sostenere il business nero e l’elite nera e la classe media nera. Non avevano davvero un’agenda per i diritti civili per sé. E quando si aprì il caso Scottsboro, per il leader della NAACP, Walter White, la sua preoccupazione era se questi ragazzi lo avessero fatto. Mentre i comunisti dicevano, guarda, sappiamo che loro sono prigionieri della guerra di classe. Sappiamo che loro sono vittime. E loro ne fecero venir fuori un grande caso. (…) in termini di membri paganti effettivi i comunisti non ne hanno mai avuto più di 600, 700 in Alabama. Ma, se si guarda a tutte le altre organizzazioni ausiliarie, la International Labor Defense che si concentrava sulla questione dei diritti civili ne aveva fino a 2.000. L’Unions dei mezzadri ne aveva fino a 12.000. C’era l’International Workers Order. C’era la League of Young Southerners. C’era il Southern Negro Youth Congress. Se si sommano tutte queste organizzazioni si arrivava facilmente alle 20.000 persone. (…) Dal 1930 a circa il 1935, sono stati davvero sotterranei. Da un lato, loro facevano manifestazioni pubbliche e questo li faceva scontrare con la polizia. Molte persone furono picchiate durante queste manifestazioni, tra cui attivisti bianchi che erano comunisti. Ma come fanno a manovrare? Quello che dovevano fare era fondamentalmente approfittare dell’invisibilità in quanto neri per funzionare. Se dovevano far circolare volantini, a volte le donne di colore che erano comuniste si atteggiavano da addette alla lavanderia e portavano quello che sembrava essere bucato in casa di un compagno bianco. Ma dentro quei canestri, poteva esserci la carta e un ciclostile. E poi avrebbero adoperato il ciclostile. Poi portavano fuori i volantini per passarli ai lavoratori che sarebbero andati al loro lavoro. E quando nessuno stava guardando, lasciare i volantini per terra, lasciare che il vento li soffi ovunque e far finta di non saperne nulla. Nelle aree rurali, potevano appendere i piccoli manifesti e volantini sugli alberi a tarda notte, quando nessuno li avrebbe visti. (…) In Alabama fanno piccole cose segrete, del tipo che se l’acqua veniva staccata, i comunisti avrebbero trovato un modo per riaprire le tubazioni. Oppure, se l’elettricità veniva tagliata, loro usavano cavi per allacciare energia elettrica. Oppure, se qualcuno veniva sfrattato dalla propria casa, i comunisti, come gruppo, sarebbero andati dal padrone di casa a dire, guardate che avete una scelta, bisogna rimettere quel ragazzo o quella famiglia di nuovo nella loro casa o il giorno successivo la tua casa può trasformarsi in legna da ardere. (…) Penso che il partito comunista dell’Alabama sia stato molto efficace in alcuni settori. Il primo, anche nella formazione e nell’organizzare. Alcuni degli organizzatori più importanti nell’acciaio, nel ferro erano i comunisti; che, dopo il 1935, sono stati alcuni degli organizzatori guida in materia di formazione e organizzazione, che realmente fecero la differenza nella vita dei lavoratori negli anni ’50 e ’60. L’altra cosa è che ci furono molte persone che furono addestrate nel Partito Comunista che divennero attivisti dei diritti civili. Rosa Parks non aveva a che fare con tutto questo? Beh, alcune delle sue prime attività politiche furono sul caso Scottsboro, lo sai? Non ha mai aderito al partito, ma come giovane donna, lei e suo marito, infatti, parteciparono a alcuni degli incontri. Poi l’altra area è, proprio nelle zone rurali – questo può sembrare una piccola cosa, ma immaginate se state raccogliendo cotone a praticamente 30 centesimi al giorno e voi lottate e lottate e potete ottenere che il vostro salario arrivi fino a 50 centesimi o un dollaro al giorno. Ci sono voluti circa cinque anni e un sacco di sangue versato, ma riuscirono a aumentare i salari come risultato. Così, essi non poterono ottenere enormi vittorie, ma so una cosa, l’infrastruttura che fu costruita più avanti diventa il movimento dei diritti civili in Alabama, fu costruita per molti versi anche se non del tutto dal Partito Comunista.
Segnalo che Robert G.Kelley è anche autore di una biografia di Thelonius Monk pubblicata in Italia da Minimum Fax.
Anche Bruno Cartosio, nel suo fondamentale “I lunghi anni sessanta“, sottolinea che Rosa Parks non era una “donna sola” seppur coraggiosa ma una militante di un movimento ben radicato nella comunità afroamericana e richiama alla memoria la “microfisica” di quella lotta segnalando che certi eventi e personalità così entrate nel mito corrono “i rischi intrinseci al fatto che la loro stessa emblematicità diventi luogo comune o cosa solo museale – consegnata a un passato che si vuole non appartenga più al presente”: Â
Quegli eventi e le dinamiche da essi messi in moto hanno fatto la storia degli Stati uniti odierni.(…) Le ragioni per le quali qualche decennio fa “tutti†sapevano perché certe persone, certi luoghi o eventi erano memorabili devono essere dette nuovamente. Ed è opportuno ridirle come rispondendo a domande allora scontate: come e perché avvengono in concreto certe cose? Chi le promuove e ne è protagonista? Chi lotta contro chi? (…) Mi limito qui a richiamare alla memoria alcuni tratti essenziali del più grande e noto di quegli avvenimenti, il boicottaggio degli autobus urbani di Montgomery, capitale dell’Alabama, durato 382 giorni. Alcuni forse ricorderanno che la signora Rosa Parks si rifiutò di cedere il posto a un uomo bianco sull’autobus segregato, che fu arrestata e che dal suo arresto e processo prese avvio la protesta capeggiata dal giovane pastore battista Martin Luther King.  Di fatti come quello ne erano successi a decine, prima di quel momento, in tutte le città del Sud. Ma quell’episodio fu talmente decisivo da diventare emblematico.(…) Fermiamoci alle considerazioni elementari in merito al boicottaggio di Montgomery. Non si può avviare una lotta insieme legale e di popolo se la persona che di essa può essere considerata l’origine non è consenziente e, soprattutto, consapevole delle implicazioni anche personali delle sue scelte. Rosa Parks non era solo una lavoratrice stanca per una giornata di lavoro, era una militante nera, iscritta da anni alla NAACP e decisa ad affrontare le conseguenze del suo atto deliberato di sfida. Lo erano anche il marito e le persone intorno a lei nei giorni decisivi che precedettero e seguirono quel 1° dicembre. Né si può avviare e sostenere un’azione che porti circa 50.000 persone – in pratica tutti gli afroamericani della città – a non usare gli autobus del servizio pubblico dal 5 dicembre 1955 al 21 dicembre dell’anno successivo se non esiste fin da prima una disponibilità alla coesione sociale, trasversale ai ceti, radicata in una cultura della resistenza condivisa; se non sono disponibili centri d’iniziativa e persone con capacità organizzative; se non vengono costruite ampie reti per la circolazione delle notizie e per l’esercizio della solidarietà che portino alla raccolta di fondi e mezzi per ovviare ai disagi prolungati delle persone che normalmente sono i maggiori utenti dei mezzi pubblici; se non esistono molte persone a cui affidare grandi e piccole responsabilità direttive, organizzative, amministrative, legali. In quel lunghissimo atto (…) si manifestò agli occhi degli oppressori l’esistenza di un’inattesa capacità degli oppressi di prendere individualmente decisioni di enorme impegno morale e di sostenerle materialmente. Quel che più conta, però, è che gli oppressi erano pronti a decidere per sé e da sé. La loro cultura di resistenza poggiava sull’alterità di casta e classe prodotta dal sistema stesso della segregazione razziale. La prassi segregazionista implica disprezzo, oppressione sociale e spesso violenza fisica da parte di chi la impone su chi la subisce. Ma i segregati non sono vittime passive dell’insulto razziale e sociale, costruiscono sul proprio terreno separato le proprie vite, la propria cultura materiale e intellettuale e le proprie organizzazioni. A Montgomery, scrive Jo Ann Robinson, “esistevano una settantina di organizzazioni politiche, religiose, sociali, economiche, educative, fraternali e sindacali†in cui si raccoglievano tutti gli strati sociali e di età della popolazione nera. L’esperienza dell’esclusione non è solo sofferenza, la separazione produce resistenza e quindi forza. Anche gli oppressi, non solo gli oppressori producono all’interno delle loro comunità i legami che permetteranno loro, quando si arriva al momento cruciale della lotta, di essere solidali e di collocarsi collettivamente su un piano etico più alto di quellod ei loro oppressori. Il non aver ammesso e capito questo fu il grande errore di presunzione della plantocrazia del Sud schiavista, di cecità intellettuale degli storici razzisti della schiavitù, di arroganza dei ceti dominanti dell’America postschiavistica. (…) Senza i tessuti solidaristici preesistenti alle lotte, alle risorse materiali e culturali presenti nelle comunità , le lotte stesse non sarebbero possibili e non avrebbero speranze. Nel caso di Montgomery, le chiese nere e i loro pastori furono i gangli principali della rete solidale, i cui altri nodi erano costituiti dalle associazioni nere locali, tra cui la Progressive Democratic Association e soprattutto il Women’s Political Council, da cui venne il primo e decisivo impulso al boicottaggio; da un’organizzazione sindacale nera come la Brotherhood of Sleeping Car Porters e da singoli membri del NAACP e del Southern Conferenze Educational Fund. La precedente esperienza di un analogo boicottaggio attuato a Baton Rouge, in Louisiana, nel 1953 – passato inosservato nel resto del paese, ma ben noto ai neri nel Sud – fornì il modello per l’organizzazione del complesso sistema dei trasporti “sostitutivi†dei mezzi pubblici, basato sulla messa a disposizione di se stessi e delle proprie auto, secondo turni ben regolati per fornire ad altre persone bisognose la possibilità di spostarsi per lavoro, compere e altre necessità . Dal punto di vista del sostegno finanziario, scrisse Martin Luther King, oltre ai contributi provenienti da singoli individui, bianchi e neri, statunitensi e stranieri, “la risposta più estesa venne dalle congregazioni di credenti, e soprattutto, ma non solo, delle chiese nere (…) Si può dire che l’aiuto provenne da chiese di pressocchè ogni città degli Stati uniti. Organizzazioni sindacali, associazioni civiche e sociali furono i nostri fedeli sostenitori e in molte comunità sorsero nuove organizzazioni finalizzate proprio a sostenere la protestaâ€.(…) Rendere visibili i legami tra le forze reazionarie e dare il massimo possibile di pubblicità alle lotte, alle contraddizioni e alle situazioni critiche ma anche alle espressioni di solidarietà (…) fu esattamente quello che fece il movimento nero a partire dalla metà degli anni cinquanta in tutti gli Stati uniti. In questo senso leader come Martin Luther King o Malcolm X furono abili nel provocare interesse attorno alla loro persona per dare visibilità alle comunità di cui erano visti come portavoce o interpreti e alle loro rivendicazioni.
Cartosio come Chomsky ricorda le accuse di comunismo scagliate contro il movimento afroamericano, Martin Luther King e la stessa Rosa Parks e le operazioni dell’FBI contro figure oggi presentate come eroi nazionali. Oggetto di campagne contro King – tra i tanti argomenti usati – furono proprio i suoi “rapporti personali e organizzativi” con centri di iniziativa sociale e culturale antirazzista come la Highlander Folk School di Monteagle assai familiari a Rosa Parks:
Nel 1957, in occasione del venticinquesimo anniversario della creazione di Highlander, King fu fotografato insieme con il suo fondatore Myles Horton e altri, tra cui Rosa Parks. Di quella foto la Commissione per l’educazione dello stato della Georgia fece un’enorme cartellone pubblicitario, che fu affisso in tutto il Sud, accompagnato dalla didascalia: “Martin Luther King alla scuola di formazione comunista“, e il Ku Klux Klan fece cartoline che diffuse in centinaia di migliaia di esemplari.
All’Highlander Folk School ovviamente passava anche il folksinger comunista Pete Seeger e proprio lì, come racconta Portelli , venne fuori l’inno del movimento We shall overcome  dalla rielaborazione di un canto di lotta operaio raccolto anni prima e rielaborato dagli animatori della scuola popolare (in questo video rievoca l’influenza di King e Rosa Parks).
Sulla Stampa è uscito una bella ricostruzione  “il mondo di Rosa Parks prima e dopo il giorno del bus” di Nadia Venturini, autrice di un libro Con gli occhi fissi alla meta. Il movimento afroamericano per i diritti civili 1940-1965 che Alessandro Portelli ha definito “l’analisi più approfondita e la sintesi più completa di questa vicenda che sia apparsa finora in Italia”.Â
Nel 2013 in occasione del centenario della nascita di Rosa Parks con relativo monumento e celebrazione da parte di Obama alla Casa Bianca proprio Portelli sul Manifesto scrisse un articolo che rievocava la sua visita nel 1981 all’Highlander School e come comprese allorché il direttore ricevete la telefonata di Rosa Parks quanto fosse lontana dalla realtà la riduzione della militante a “icona e Mito, riassunta in un unico gesto simbolico, un solo giorno”:
 Il racconto che ci era sempre stato fatto su Rosa Parks era che si trattava di una signora anziana che aveva i piedi gonfi ed era troppo stanca per alzarsi. In realtà , come mi spiegò subito Mike Clark, Rosa era la segretaria della sezione di Montgomery della Naacp (l’Associazione Nazionale per il Progresso della Gente di Colore), e poco tempo prima di compiere quel gesto aveva partecipato a un seminario di formazione politica proprio a Highlander (a Highlander c’era stato anche Martin Luther King, e i razzisti avevano riempito il Sud di cartelloni con le foto di «King alla scuola comunista». Poco tempo dopo, Highlander fu data alla fiamme). Rosa Parks, insomma, non era una vecchia signora (aveva 42 anni!): era una militante politica pienamente consapevole del suo gesto. «L’unica cosa di cui ero stufa e stanca era di essere stufa e stanca», disse più tardi. (…) Come Rosa Parks, erano stufi di essere stufi anche tutti i neri di Montgomery e di tutta l’America- L’immagine vittimistica di Rosa Parks ha fatto sì che quasi nessuno si ponesse la domanda: ma come è possibile che per l’arresto di una sconosciuta cucitrice coi piedi gonfi, in un paio di giorni l’intera comunità nera aderisce al boicottaggio? Non sarà che erano preparati e organizzati e aspettavano solo il momento? Raccontò poi E. D. Nixon, sindacalista nero e altro dirigente della Naacp di Montgomery, il vero protagonista del boicottaggio: «Appena venimmo a sapere di quello che era successo a Rosa Parks, ci attaccammo subito al telefono e avvertimmo tutta la comunità ». Oltre tutto, non era la prima volta che una donna nera veniva arrestata per la stessa ragione; era successo almeno altre due o tre volte, ma per una ragione o per l’altra le persone coinvolte potevano essere screditate dalla macchina propagandistica del sistema segregazionista (una aveva reagito violentemente, un’altra aveva un precedente di arresto, e così via). Rosa Parks era assolutamente inattaccabile; addestrata com’era alla pratica della non violenza, aveva reagito all’arresto con fermezza e dignità inappuntabili. Quando successe, erano pronti. Mi face capire che mentre siamo sempre disposti a riconoscere agli oppressi e ai marginali le emozioni e le sofferenze, raramente ci viene in mente di riconoscergli anche l’intelligenza – e invece, di intelligenza, di organizzazione, di consapevolezza è fatta la storia del movimento a cui Rosa Park aprì la strada col suo gesto. Di solito, quando racconto la storia della telefonata di Rosa Parks a Highlander, aggiungo: «Mi sarei emozionato di meno se mi avessero detto che aveva telefonato Carlo Marx». Forse è perché che Carlo Marx appartenesse alla Storia lo sapevo già ; ma fino ad allora Rosa Parks era stata soprattutto icona e Mito, riassunta in un unico gesto simbolico, un solo giorno. Rendermi conto che, un quarto di secolo dopo, era ancora in contatto con le istanze più radicali della lotta sociale nel Sud me la riportò in un attimo dal Mito alla Storia. Perciò fanno bene le istituzioni statunitensi e il presidente afroamericano a dedicarle omaggi, statue e francobolli: il Mito ha le sue funzioni e la sua utilità , parla ai sentimenti, alle emozioni, all’immaginario. Ma la Storia ci insegna ad immaginare diversamente, a cercare di raffigurarci una donna intelligente e indomabile che ha continuato tutta la vita, dagli autobus segregati di Montgomery ai ghetti di Chicago, a impegnarsi nei movimenti, sempre su posizioni avanzate e radicali, fino alla fine.
La biografia di Rosa Parks è quella di una vita ribelle come si intitola il libro The Rebellious Life of Mrs. Rosa Parks di Jeanne Theoharis che su The Nation spiega che “molto di ciò che si insegna agli studenti e molto di ciò che la maggioranza degli americani pensano di sapere sull’attivismo di Rosa Parks è sbagliato”. Lei non era “docile, passiva, o ingenua”. Era una militante che cominciò facendo compagnia al nonno seguace di Marcus Garvey che faceva la guardia alla casa col fucile per difendersi dal Ku Klux Klan. Hanno fatto bene i Wu Ming a consigliare con un tweet “Quanti edulcoratori seriali sanno che Rosa Parks appoggiava Malcolm X, il Black Power ed era pro autodifesa armata?” di leggere l’articolo di Jeanne Theoharis 10 cose che non sapevate su Rosa Parks :
1. Parks era stato buttata fuori del bus un decennio prima dallo stesso autista – per essersi rifiutata di pagare nella parte anteriore e andare nella parte posteriore. Aveva evitato l’autobus di quel conducente per dodici anni perché conosceva bene i rischi di far arrabbiare autisti che erano bianchi e portavano armi. Sua madre era stata minacciata con la violenza fisica da parte di un autista, di fronte alla Parks quando era una bambina. Un vicino della Parks era stato ucciso per la sua posizione sul bus, e la dimostrante adolescente Claudette Colvin, tra gli altri, era da poco stata gravemente malmenata dalla polizia.
2. Parks fu una sostenitrice per tutta la vita dell’autodifesa. Malcolm X era il suo eroe personale. La sua famiglia teneva una pistola in casa, anche durante il boicottaggio, a causa del terrore quotidiano della violenza bianca. Da bambina, quando veniva spinta da un ragazzo bianco, lei respingeva . Sua madre minacciò di ucciderla, ma la Parks manteneva la sua posizione. Un’altra volta, affrontò con un mattone un bullo bianco, sfidandolo a proseguire con la sua minaccia di colpirla. Lui se ne andò via. Al tempo in cui il Ku Klux Klan faceva scorribande violente attraverso la sua città dell’infanzia, Pine Level, Ala., suo nonno sedeva in veranda per tutta la notte con il suo fucile. Rosa rimaneva sveglia certe notti, vegliando con lui.
3. Il marito era il suo partner politico. La Parksdiceva che Raymond era stato “il primo vero attivista che io abbia mai incontrato”. Inizialmente non era sentimentalmente interessata perché Raymond era di carnagione più chiara di quanto lei preferiva, ma lei si impressionò per la sua audacia e per il fatto “che lui rifiutava di farsi intimidire dalla gente bianca”. Quando si incontrarono stava lavorando per liberare i nove ragazzi di Scottsboro e lei entrò a far parte di questo impegno dopo il loro matrimonio. Su sollecitazione di Raymond, la Parks, che aveva dovuto abbandonare la scuola al terzo anno per prendersi cura di sua nonna malata, tornò alla scuola superiore e ottennè il suo diploma. Lo stimolo di Raymond fu fondamentale per lo sviluppo politico della Parks e la loro collaborazione sostenne il suo lavoro politico per molti decenni.
4. Molti degli antenati della Parks erano indiani. Lei fece notare questo ad un amico che era rimasto sorpreso quando in privato la Parks rimosse le sue forcine e rivelò grosse trecce di capelli ondulati che cadevano sotto la vita. A suo marito, disse, piacevano i suoi capelli lunghi e continuò a portarli in questo modo per molti anni dopo la sua morte, anche se non lo ha mai fatto in pubblico. Consapevole delle politiche razziali dei capelli e dell’aspetto, lei li teneva nascosti in una serie di trecce e crocchie – mantenendo una chiara divisione tra la sua presentazione al pubblico e la sua persona privata.
5. L’arresto della Parks ebbe gravi conseguenze per la salute della sua famiglia e il suo benessere economico. Dopo il suo arresto, la Parks fu continuamente minacciata, tanto che sua madre parlava per ore e ore al telefono per mantenere la linea occupata ed evitare le continue minacce di morte. La Parks e suo marito persero il lavoro dopo il suo gesto e non trovarono piena occupazione per quasi dieci anni. Anche se lei fece apparizioni per raccogliere fondi in tutto il paese, la Parks e la sua famiglia erano a volte quasi indigenti. Lei sviluppò ulcere dello stomaco dolorose e un disturbo cardiaco, e soffrì di insonnia cronica. Raymond, snervato dalle minacce incessanti di molestie e di morte, cominciò a bere pesantemente e fu vittima di due crisi nervose. La stampa nera, culminando sulla rivista JET del luglio 1960 con la storia della “donna dimenticata del boicottaggio degli autobus”, espose la profondità del bisogno finanziario della Parks, spingendo i gruppi per i diritti civili a fornire finalmente un po’ di assistenza.
6. La Parks trascorse più di metà della sua vita nel Nord. La famiglia Parks dovette lasciare Montgomery otto mesi dopo la conclusione del boicottaggio. Lei visse per la maggior parte del tempo a Detroit, nel cuore del ghetto, a solo un miglio dall’ epicentro della rivolta di Detroit del 1967. Lì, passò quasi cinque decenni organizzando e contestando la disuguaglianza razziale nella “terra promessa che non lo era.”
7. Nel 1965 la Parks ottenne la sua prima posizione politica retribuita, dopo oltre due decenni di lavoro politico. Dopo aver fatto volontariato per la campagna politica senza speranza del Congressista John Conyers, la Parks lo aiutò a assicurarsi la vittoria nelle primarie convincendo Martin Luther King, Jr. a venire a Detroit per sostenere Conyers. In seguito lui la assunse per lavorare con gli elettori come assistente amministrativa nel suo ufficio di Detroit. Per la prima volta dal tempo del suo rifiuto sul bus, la Parks finalmente ebbe un salario, l’accesso all’assicurazione sanitaria, e una pensione – e il ripristino della dignità che una posizione di regolare retribuzione consentiva.
8. La Parks era molto più radicale di quanto non sia stato compreso. Ha lavorato al fianco del movimento del Black Power, in particolare intorno a questioni quali le riparazioni, la storia dei neri, contro la brutalità della polizia , la libertà per i prigionieri politici neri, il potere politico nero indipendente, e la giustizia economica. Partecipò alla Black Political Convention a Gary e alla conferenza del Black Power a Philadelphia. Si recò a Lowndes County, in Alabama per sostenere il movimento, parlò alla Poor People’s Campaign, contribuì a organizzare comitati di sostegno a favore dei prigionieri politici neri come il Wilmington 10 e Imari Obadele della Repubblica di New Africa, e fece una visita per sostenere la scuola delle Black Panther a Oakland, California.
9. La Parks era un internazionalista. Fu una delle prime oppositrici della guerra del Vietnam nei primi anni ’60, fece parte della Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà , e una sostenitrice delle udienze Winter Soldier a Detroit e della protesta della Brigata di Jeannette Rankin a Washington DC [marcia di 5.000 donne contro la guerra in Vietnam nel 1968]. Nel 1980, protestò contro l’apartheid e la complicità degli Stati Uniti, partecipando a un picchetto davanti all’ambasciata sudafricana e si oppose alla politica degli Stati Uniti in America centrale. Otto giorni dopo il 9 settembre 2011, lei si unì a altri attivisti in una lettera che invitava gli Stati Uniti a collaborare con la comunità internazionale e a rinunciare a rappresaglie o alla guerra.
10. La Parks è stata un’attivista per tutta la vita e un eroina per molti, tra cui Nelson Mandela. Dopo il suo rilascio dalla prigione, Mandela le disse, “Tu mi hai sostenuto mentre ero in prigione in tutti quegli anni”
Proprio Jeanne Theoharis, l’autrice della biografia della Parks, è instancabile nella battaglia per liberare la memoria di Rosa da una visione mainstream troppo limitata e edulcorata e restituirle la sua identità di militante radicale:
Il suo atto coraggioso è ormai leggenda americana. Lei è un punto fermo dei programmi scolastici elementari ed è stato il secondo più popolare personaggio storico nominato dagli studenti americani in un sondaggio. Quando i pretendenti repubblicani alla presidenza sono stati invitati a scegliere una donna che volevano raffigurata sulla banconota da 10 dollari, il maggior numero di voti è andato alla Parks.
Gli americani sono convinti di conoscere questo eroe dei diritti civili. Nei libri di testo e nei documentari, lei è la sarta mite che guarda tranquillamente fuori da una finestra del bus – un simbolo di progresso e di quanto lontano siamo arrivati. Quando morì, nel 2005, la parola “tranquilla” è stata utilizzata nella maggior parte dei suoi necrologi e elogi. Siamo cresciuti comodi con la Parks che viene spesso vista, ma raramente ascoltata. Quell’immagine della Parks l’ha spogliata di contenuto politico. (…) un attivista per tutta la vita che aveva contestato la supremazia bianca per decenni prima di diventare il famoso catalizzatore per il boicottaggio degli autobus di Montgomery (…) una donna che, dalla sua giovinezza, non ha esitato a accusare il sistema di oppressione intorno a lei. Come scrisse una volta : “ho parlato e parlato su tutto quello che so sul trattamento disumano dell’uomo bianco del negro.” la Parks era una combattente per la libertà esperta che era cresciuta in una famiglia che sosteneva Marcus Garvey e che sposò un attivista per i ragazzi di Scottsboro. Aderì al capitolo di Montgomery della NAACP nel 1943, diventando segretaria locale. Passò il decennio successivo a promuovere la registrazione degli elettori, a cercare giustizia per le vittime nere della brutalità bianca e della violenza sessuale, a sostenere uomini di colore ingiustamente accusati, e a battersi per la fine della segregazione delle scuole e degli spazi pubblici. Impegnata sia per il potere dell’ azione diretta nonviolenta organizzata e il per il diritto morale all’ autodifesa, lei definiva Malcolm X il suo eroe personale.
Il regista Michael Moore ha dedicato a Rosa Parks una serie di tweets per l’anniversario:
Black Lives Matter. Le vite nere contano. Esse contano molto. Grazie Rosa Parks per aver rifiutato di spostarsi nella parte posteriore del bus, 60 anni fa, oggi, 1 dicembre 1955. Rosa Parks ha rischiato la sua vita. Lei non rischiò la sua vita per fare in modo che la polizia potesse pompare 16 pallottole in un giovane ragazzo nero, mentre giaceva a terra. Rosa Parks ha rischiato la sua vita. Lei non ha rischiato la sua vita affinché 60 anni più tardi il popolo nero fosse ancora al gradino più basso della scala economica. Onorate Rosa Parks: Purgate la polizia dei razzisti. Rilasciate tutti i condannati per droga non violenti. Rendete l’università gratuita. Siate patriottici – assumete afro-americani! Questa giornata dovrebbe essere una festa nazionale: RosaParksDay! Per onorare l’individuo comune che entra in azione, che una persona può fare la differenza.
La Highlander  esiste ancora e anche se non si chiama più Folk School ma Research and education center e così ricorda Rosa:
Noi la conosciamo ora come una delle figure chiave del movimento dei diritti civili. Una donna che era una forza della natura che cambiò la conversazione sulla razza e contribuì al progresso di cui noi beneficiamo oggi. In questo giorno, 1 dicembre 1955, il rifiuto di Rosa Parks di alzarsi dal suo sedile a Montgomery, in Alabama galvanizzò quelli già in lotta per la giustizia sociale e ispirato altri a partecipare. La storia per lo più raccontata è quella di una donna umile che improvvisamente si era stufata della segregazione sui bus e in quel momento fece il suo gesto. E’ vero che lei era stanca della segregazione, ma la signorina Rosa era un attivista ben stagionata nell’impegno con il NAACP locale dagli anni ’40. Lei era una leader e organizzatrice decisa e si impegnò nel movimento dopo quel giorno.Â
Lei venne a Highlander alcuni mesi prima a un workshop sulla desegregazione condotto da Septima Clark, organizzatrice delle Scuole di Cittadinanza e considerata la nonna del movimento dei diritti civili. Anche se molti vorrebbero identificare la sua eredità  con una singola azione, la storia di Rosa è quella di una dedizione durata una vita e di un lavoro instancabile. Lei sfidò la legge dello stato e la sua ribellione contribuì al miglioramento della nazione. Rosa è in ognuno di noi nel movimento attuale. Il suo spirito è con le persone che lavorano giorno per giorno per la liberazione ed è così che noi onoriamo la signorina Rosa.
La biografa Jeanne Theoharis scrive su The Nation:
Fare i conti con Rosa Parks, la ribelle per tutta la vita, ci spinge oltre la narrazione popolare del lieto fine del movimento dei diritti civili con l’approvazione dei Civil e Voting Rights Acts. Ci ricorda invece la lunga e continua storia di ingiustizia razziale negli Stati Uniti e la volontà  che la Parks ci ha lasciato di continuare a lottare. (…) Sessant’anni più tardi, è il momento di iniziare a insegnare Rosa Parks nella maniera giusta.
Abbiamo molto da imparare dalla storia della militante Rosa Parks.
Potete riascoltare la voce di Rosa Parks in un bello speciale su Democracy Now con Amy Goodman in occasione del centenario della nascita (video e trascrizione).
Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.