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Vi­ctor Serge: Necessità di un rinnovamento del socialismo (1944)

serge-couvHo tradotto un testo scritto da Victor Serge durante l’esilio in Messico nell’aprile del 1944. Per saperne di più consiglio la pagina facebook che ho creato dedicata a quello che Mike Davis ha definito “probabilmente il più grande scrittore operaio del XX secolo”. Le sue Memorie di un rivoluzionario sono un libro fondamentale, imprescindibile. 

Nulla permane stabile nel mondo per trent’anni. La storia permette solo un’ apparente stabilità  ai dogmi religiosi. Né la scienza né la produzione, né i movimenti intellettuali né i movimenti sociali possono contentarsi oggi con le migliori formule di trent’anni fa. O di 20 anni fa …Per quello che si riferisce al socialismo, che era l’idealismo più vivo della società  capitalista e la concezione più audace delle classi interessate alla trasformazione della società, è evidente che potrÃà  rivivere solo al prezzo di un riarmo ideologico, di un rinnovamento in breve, di un vasto sforzo dinamico di ricerca e di creazione. Che un tale sforzo verrà  fatto e darà  una rapida nascita a nuovi movimenti influenti, lo dà per più che probabile. La povertà  del socialismo tradizionale in realtà  coincide con la immensa crisi rivoluzionaria del mondo moderno, che mette inevitabilmente – a prescindere dall’azione del socialismo – all’ordine del giorno dell’intera umanità  il problema di una riorganizzazione sociale orientata verso il razionale e il giusto.
Pur non essendo un movimento filosofico (dal momento che la trasformazione della società  è sempre il lavoro del pensiero pratico), il socialismo è una filosofia che può essere definita in due parole: materialismo e dialettica. Dopo Marx, Engels, Bakunin e Kropotkin la concezione della materia è stata trasformata; la dialettica ci viene presentata oggi come un ottimo metodo di pensiero pratico (Engels e Lenin hanno visto in essa la stessa legge fondamentale dello sviluppo della natura). Al contrario la psicologia a malapena esisteva nei giorni della formazione del socialismo; oggi nessuno studio dei fatti sociali può farne a meno.
La lotta di classe ha perso il suo schematismo del secolo passato. Il datore di lavoro ha lasciato il posto all’azionista e al magnate del trust; o al funzionario dello stato totalitario. Il proletariato è diviso in aristocrazia operaia e in sottoproletariato di operai disoccupati e operai non qualificati. Le vecchie classi medie disgregate han dato luogo a uno strato sociale, la cui importanza nella produzione aumenta quotidianamente: quella degli amministratori e dei tecnici.Le professioni liberali del secolo scorso perdono gran parte della loro importanza mentre una nuova “intellighenzia” si sviluppa; è passato il tempo degli avvocati e dei giornalisti, ma l’economista, lo psicologo, il pedagogo, assumono una nuova importanza. Burocrazie governanti hanno fatto irruzione nella società rompendo lo stampo delle vecchie classi e reclutandosi tra tutte quelle. Le classi sociali hanno cambiato composizione, funzione, struttura; e il rapporto di forze tra loro si è profondamente modificato.
L’ alternativa di ieri: capitalismo o socialismo, è superata. Terze soluzioni, non previste da nessuno, si sono imposte. L’URSS non è né un paese capitalista né un paese socialista; il Terzo Reich ha cessato di essere un paese capitalista nel senso tradizionale del termine: tutti coloro che hanno studiato a fondo il sistema nazista sono concordi su questo. Le lotte sociali di oggi non si combattono sul terreno del libero mercato, ma di economie dirette, ogni giorno in modo più completo.
La concezione tradizionale secondo la quale la borghesia e il proletariato erano le uniche classi di importanza decisiva, dovendo la classe media seguire una o l’altra, è stata smentita dalla storia. Le classi medie hanno avuto nella formazione dei regimi totalitari un ruolo di primaria importanza; e hanno esercitato sui fronti popolari un peso almeno pari se non superiore a quello della classe operaia.
L’ideologia socialista di ieri e di avanti ieri concepiva il collettivismo come qualcosa incompatibile con lo sfruttamento del lavoro. E abbiamo potuto constatare con amarezza che la proprietà  collettiva dei mezzi di produzione può essere la base di nuovi regimi di sfruttamento (URSS) per non parlare di una nuova schiavitù. Collettivismo e socialismo han cessato di essere due parole sinonimo. La definizione del socialismo tende a porre l’accento più che sull’organizzazione economica sulla organizzazione politica e giuridica, cioè sui diritti degli uomini (problema della libertà).
La stessa realizzazione del socialismo appariva nel passato come se dovesse essere il risultato di una rivoluzione proletaria. Era “la missione storica della classe operaia”. Che le classi lavoratrici sono uno dei fattori essenziali della trasformazione sociale in corso sembra a noi qualcosa incontestabile (e si deve notare a questo proposito che uno dei più veri fini della guerra mondiale è quello di determinare un nuovo regime di lavoro; tuttavia anche appare evidente che lo sviluppo stesso della produzione industriale tende all’abolizione della proprietà  privata, alla razionalizzazione pianificata (collettivismo) determinando una serie di eventi di tale ampiezza (la guerra mondiale e gli elementi di guerra civile che essa implica) che la riorganizzazione del mondo si pone chiaramente all’ordine del giorno. In relazione a questo fatto i problemi della “presa del potere da parte della classe operaia” si presentano sotto un aspetto completamente diverso. La creazione di nuovi regimi risponde imperativamente agli interessi delle masse umane, molto più ampie che le masse operaie; nessuna nuova struttura sociale può essere concepita senza che i tecnici e gli intellettuali giocano in essa una delle funzioni principali.
Gli stessi termini del vocabolario teorico di ieri sono inapplicabili per la realtà di oggi. L’imperialismo definito da Hobson, Hilferding e Lenin non serve per definire la tendenza verso l’espansione territoriale del collettivismo burocratico staliniano. Allo stesso modo che la definizione della guerra 1914-1918, “guerra imperialista”, nella sua giusta semplicità, non può più essere applicato all’attuale guerra mondiale, che affronta sistemi sociali di struttura diversa su uno sfondo di trasformazione generale della economia, mescolando i fattori imperialisti con elementi contraddittori di guerra civile; e che tende fortemente a una riorganizzazione del mondo, su altre basi che quelle del capitalismo e dell’imperialismo.
Il pericolo è grande per il movimento socialista che rappresenta la più chiara coscienza delle necessitù storiche e delle necessità  dell’uomo moderno. Il pericolo è quello di rimanere schiavo delle vecchie parole in una epoca nella quale la realtà  impone brutalmente, per il pensiero e l’azione efficace, il riconoscimento di nuovi fatti e la necessità di un impulso creativo.

[sono gradite correzioni della traduzione: segnalarle a maurizioacerbo@gmail.com]

http://www.fundanin.org/serge2.htm

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