Dopo aver letto il post banale e unilaterale di Roberto Saviano sulla morte di Fidel Castro mi sono imbattuto in questo brano dello scrittore uruguaiano Eduardo Galeano. Non posso che consigliarne la lettura ai tanti Saviano che in queste ore commentano la morte di uno dei più grandi eroi del Novecento con toni degni di Trump, senza nemmeno avere l’attenuante di essere esuli cubani in Florida.
I suoi nemici dicono che è stato un re senza corona e che ha confuso l’unità con l’unanimità .
E in questo i suoi nemici hanno ragione.
I suoi nemici dicono che se Napoleone avesse avuto un giornale come il <<Granma>>, nessun francese sarebbe stato messo al corrente del disastro di Waterloo.
E in questo i suoi nemici hanno ragione.
I suoi nemici dicono che esercitò il potere parlando molto e ascoltando poco, perchè era più abituato agli echi che alle voci.
E in questo i suoi nemici hanno ragione.
Però i suoi nemici non dicono che non fu per posare davanti alla Storia che mise il petto di fronte ai proiettili quando venne l’invasione,
che affrontò gli uragani da uguale a uguale, da uragano a uragano, che sopravvisse a seicento trentasette attentati, che la sua contagiosa energia fu decisiva per convertire una colonia in una patria e che non fu nè per un artificio del Demonio nè per un miracolo di Dio che questa nuova patria ha potuto sopravvivere a dieci presidenti degli Stati Uniti, che avevano il tovagliolo al collo per mangiarla con coltello e forchetta.
E i suoi nemici non dicono che Cuba è uno dei pochi paesi che non compete per la Coppa del Mondo dello Zerbino.
E non dicono che questa rivoluzione, cresciuta nel castigo, è quello che ha potuto essere e non quello che avrebbe voluto essere. Né dicono che in gran parte il muro tra il desiderio e la realtà si fece sempre più alto e più largo grazie al blocco imperiale, che affogò lo sviluppo della democrazia cubana, obbligò la militarizzazione della società e concesse la burocrazia, che per ogni soluzione tiene un problema, l’alibi per giustificarsi e perpetuarsi.
E non dicono che considerando tutte le afflizioni, considerando le aggressioni esterne e l’arbitrarietà interna, questa isola rassegnata però testardamente allegra ha generato la società latino-americana meno ingiusta.
E i suoi nemici non dicono che questa impresa fu opera del sacrificio del suo popolo, però anche fu opera dell’ostinata volontà e dell’antiquato senso dell’onore di questo cavaliere che sempre combatté per i vinti, come quel suo famoso collega dei campi di Castilla.
Eduardo Galeano – dal libro Specchi
[ringrazio Roberto Ciccarelli che ha postato stamattina questo testo su fb]
[…] Eduardo Galeano spiega Fidel a Saviano […]
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