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“Si muore una volta sola”. Jeanne Labourbe, una rivoluzionaria francese nella Rivoluzione russa

JeanneLabourbeIl 2 marzo 1919 veniva assassinata a Odessa l’agitatrice comunista francese Jeanne Labourbe. Aveva 42 anni. La sua biografia, come quella di migliaia di rivoluzionarie e rivoluzionari dell’800 e del ‘900, meriterebbe di essere celebrata con un film alla Reds e dà l’idea del coraggio e della passione che animarono il movimento operaio e socialista internazionale e in particolare la rivoluzione russa. Nata in una povera famiglia di contadini francesi, agli inizi del Novecento Jeanne dovette emigrare in Polonia, che allora era parte dell’impero russo, per fare la governante e l’istitutrice (insegnare il francese dava opportunità lavorative presso famiglie benestanti).  E lì che aderì al partito operaio socialdemocratico, fuorilegge e clandestino, durante la rivoluzione del 1905. Espulsa si trasferì in Russia dove non smise mai di partecipare all’attività rivoluzionaria. Partecipò alla rivoluzione bolscevica e si dedicò al proselitismo per la causa comunista all’interno della comunità francese mettendo la sua conoscenza della lingua al servizio della propaganda in patria e tra le truppe francesi inviate in Russia per contrastare la rivoluzione. A Mosca Jeanne divenne segretaria del “gruppo comunista francese” che si raccoglieva intorno alla comunista e femminista Inessa Armand (nota più per la storia d’amore con Lenin che per i meriti rivoluzionari) a cui si unirono comunisti francesi accorsi per sostenere la rivoluzione come Boris Souvarine, poi divenuto celebre autore antistalinista. Così ricordava Jeanne il sindacalista rivoluzionario Alfred Rosmer nel libro “A Mosca al tempo di Lenin”:

Jeanne Labourbe era un’antesignana. Nella sua laboriosa giovinezza aveva pascolato le greggi nel suo villaggio della Bourgogne, poi andò a servizio in città fino al giorno in cui la lettera di una compagna costituì l’occasione della sua partenza per la Russia. Stabilitasi presso una famiglia polacca, dovette svolgervi il pesante ruolo di istitutrice e di donna a mezzo servizio, che tuttavia le permise, mentre insegnava la lingua materna al suo allievo, di completare la propria educazione. Quando scoppiò la rivoluzione del 1905, il suo gran cuore, il suo coraggio virile [chissà perchè il coraggio deve essere virile!], la sua dedizione assoluta a tutte le cause giuste la spinsero nel movimento di liberazione. Ella vi si prodigò interamente, e l’abbiamo vista insieme a noi unicamente per il gruppo e per il comunismo. Sappiamo come è morta: fu brutalmente assassinata il 2 marzo 1919, di notte, ai margini di un sobborgo deserto di Odessa, da un gruppo di ufficiali francesi e russi guidati dal generale Borius.

Non sono purtroppo tradotte in italiano le memorie di un altro componente del gruppo comunista francese, Marcel Body, che aderì alla sezione mentre si trovava come militare in Russia (Un ouvrier limousin au cœur de la révolution russe, éditions Spartacus, 1986).

In un incontro con Lenin il 19 agosto 1918  Jeanne Labourbe gli propone di utilizzare i comunisti francesi e inglesi presenti in territorio russo per la propaganda. Lenin scrisse immediatamente al commissario del popolo agli Affari esteri Cicerin invitandolo a concretizzare le proposte della Labourbe, tra cui quella di creare un giornale in lingua francese a Mosca da diffondere in Francia. Il primo numero fu pubblicato il 20 ottobre 1918 e invitava i soldati francesi (per la maggior parte operai e contadini) a non sparare sugli operai e contadini russi. Propagandava la ribellione agli ordini e la solidarietà con il proletariato rivoluzionario russo. Jeanne Labourbe, nonostante il tanto lavoro a Mosca, decise di andare direttamente in zona di guerra per portare avanti l’attività di propaganda. “Si muore solo una volta”, disse all’amico Jacques Sadoul che coordinava le operazioni di propaganda bolscevica tra le truppe di occupazione francesi in Ucraina.  Nel 1919, quando Odessa fu occupata dalle truppe francesi, Jeanne partì come volontaria per organizzare la resistenza nelle retrovie dell’esercito bianco, come militante clandestina. Doveva tenere i collegamenti per far arrivare ai compagni del Partito comunista clandestino dell’Ucraina soldi e materiali di propaganda. Ma essendo francese riteneva di essere adatta più di chiunque altro a diffondere le idee internazionaliste tra le truppe. Divenne un’animatrice del “collegio straniero” del comitato comunista clandestino di Odessa che era stato messo su dal bolscevico Ivan Smirnov. Il lavoro sotterraneo di propaganda del Comitato riuscì a fare breccia tra le truppe francesi a Odessa. Questa straordinaria impresa rivoluzionaria la raccontò uno dei più famosi combattenti comunisti e poi fondatore delle Brigate Internazionali durante la Guerra di Spagna Andrè Marty nel libro LA RIVOLTA DEL MAR NERO che fu pubblicato dalla casa editrice del PCI Rinascita nel 1949 e nel 1951. Marty fu l’unico ufficiale a partecipare all’ammutinamento della flotta francese nel mar Nero rifiutando di combattere contro la repubblica dei soviet, anzi il suo fallito tentativo dette inizio al proagarsi dell’insubordinazione. [Non ho trovato cenni ad altre ripubblicazioni forse perchè nel 1952 il leggendario rivoluzionario comunista e combattente antifascista francese venne espulso dal PCF. Raccontò la vicenda nel libro “Il caso Marty” (1955)]. Nel libro Marty attribuisce proprio a questo lavoro militante di propaganda l’inizio della rivolta tra i soldati e i marinai di stanza in Crimea e nel mar Nero:

Verso la fine del 1918, le truppe alleate, in virtù di una speciale clausola dell’Armistizio dell’11 novembre, avevano praticamente sostituito le truppe di occupazione tedesche in Ucraina e in Crimea.I bolscevichi continuarono tra le truppe alleate il lavoro con i mezzi con cui erano riusciti a conquistare alla causa del popolo russo le divisioni del Kaiser, che avevano occupato l’Ucraina e la Crimea dall’inizio dell’anno. Naturalmente essi concentrarono i loro sforzi sul fattore più decisivo – l’esercito e la marina francese. Il capitale finanziario britannico, come è sempre stato il suo costume, lasciava che altri combattessero al suo posto. I soldati apprendevano dagli opuscoli e dai giornali bolscevichi pubblicati in francese che era stato assegnato loro il ruolo di gendarmi della controrivoluzione. Queste pubblicazioni dimostravano una notevole conoscenza della situazione e dei bisogni quotidiani e delle richieste dei soldati e marinai francesi. Questo era il motivo per cui furono entusiasticamente accettati e letti. I soldati e i marinai francesi in tal modo si resero conto che i bolscevichi stavano in realtà difendendo i loro interessi. Diventarono, in un primo momento, simpatizzanti e poi amici. Il quartier generale francese impiegò ogni mezzo “per mantenere il morale”. Si diffusero storie fantastiche su bambini divorati e prigionieri squartati. I bolscevichi rispondevano nei loro volantini illegali, mostrando chi erano i veri assassini, chi erano i macellai del popolo. Spiegavano che cos’era veramente la Rivoluzione Socialista d’Ottobre, ciò che rappresentava, e che cosa significava per i lavoratori di tutto il mondo. Il comando francese impose un regime di terrore e omicidi. Nella notte del 1° marzo, l’eroica Jeanne Labourbe, un’insegnante francese, e dieci altri compagni, cinque dei quali donne, vennero ammazzati a colpi revolver senza processo da ufficiali Bianchi francesi e russi. Ma altri eroi presero il loro posto, e il lavoro continuò. La polizia militare dell’Armata d’Oriente, diretta dal sinistro Benoist, moltiplicò i suoi atti di ivan-smirnov-lastochkin-ukrainian-communist-revolutionaryprovocazione, commettendo i peggiori crimini e torturando e uccidendo i prigionieri, come nel caso di Ivan Smirnov, noto come Lastochkin, uno dei leader del partito bolscevico a Odessa. Le navi da guerra francesi bombardarono Kherson a distanza ravvicinata, uccidendo donne e bambini. I bolscevichi proseguirono la loro attività, e il brontolio tra le truppe divenne sempre più forte. Sempre più spesso i soldati francesi a Odessa potevano essere visti protestare con veemenza quando i lavoratori russi venivano portati in prigione. All’inizio di febbraio 1919, c’era seria agitazione tra le file dell’esercito; verso la fine di marzo divenne molto profonda e coinvolse anche gli ufficiali subalterni. L’armata francese era quindi parzialmente neutralizzata. Entro la fine di gennaio l’anello si era chiuso intorno alla parte meridionale della Russia. La zona occupata estendeva da Tiraspol, in Ucraina, e costeggiava tutta la costa del Mar Nero. Le truppe che proteggevano le retrovie dei Bianchi in Ucraina e in Crimea erano costituite da francesi, greci, polacchi, serbi e russi Bianchi. Gli imperialisti francesi fecero di tutto per garantire un decreto per la mobilitazione generale in Romania (…)  

Il lavoro di inchiesta tra i soldati condotto da Jeanne Labourbe e dai suoi compagni consentì di mettere a fuoco e utilizzare nella propaganda tutti i motivi di malcontento:

Tutte queste cause di insoddisfazione erano esistite durante tutta la guerra imperialista; c’erano state in aggiunta alla spaventosa carneficina e alle terribili sofferenze in trincea. Eppure, con l’eccezione dei grandi movimenti del 1917, avevano fomentato pochissime rivolte. Ma in Ucraina, Crimea e Bessarabia c’erano i bolscevichi che spiegavano ai soldati quello che era il concreto motivo della loro afflizione e delle loro sofferenze: la guerra, di cui solo i ricchi traevano profitto. La propaganda dei bolscevichi sempre ebbe l’effetto di mostrare immediatamente ai soldati che la loro più modeste richieste dipendevano nel lungo periodo dalla soluzione dei grandi problemi politici del momento, e soprattutto dalla fine dell’intervento. Tutto questo veniva spiegato in termini così semplici e così chiaramente che anche i meno istruiti capivano. Ma quanta pazienza era necessaria, e quanti sforzi organizzativi e sacrifici i militanti bolscevichi dovevano fare per conoscere esattamente quali fossero il temperamento e le esigenze dei soldati e dei marinai, per scrivere e stampare volantini e giornali e, infine, per distribuirli! Nel mese di gennaio i primi spari furono scambiati con l’Armata Rossa e con i partigiani.
“Ci hanno mentito, ci hanno ingannato!” i soldati francesi e marinai si sentivano dire ovunque. “Stiamo ricominciando la guerra qui di nuovo! “ Poi lì sarebbe apparso un volantino o un propagandista lavoratore oun propagandista soldato. Loro avrebbero spiegato: “Sì, si sta cominciando la guerra ancora una volta! Perché i capitalisti francesi non sono ancora soddisfatti con le ricchezze che hanno rubato con il sangue del soldati e attraverso la miseria degli operai e dei contadini ‘Guardate le miniere del bacino del Donetz – non sono più proprietà dei vostri sfruttatori capitalisti francesi -ma deilavoratori russi. E voi dovete soffrire e morire al fine di conquistarequeste miniere per le 200 famiglie dominanti, mentre la vostra famiglia vi sta aspettando nella miseria!” Idee semplici, che tutti potevano capire. L’arrivo di rinforzi di uomini e di materiale di ogni sorta le confermavano ulteriormente ogni giorno. I soldati e marinai ora volevano sapere contro chi stavano combattendo. Chi era il nemico e dove si trovava? Chi erano i bolscevichi ? Cosa volevano?
Essi trovarono risposte tempestive e chiare a queste domande nei volantini bolscevichi.

Le assurdità e le menzogne pubblicate ogni giorno a torrenti dall’intera stampa borghese e social-patriota ora si ritorcevano contro i loro
autori. D’ora innanzi il commento usuale fu: fesserie!

Questo segnò il crollo della propaganda contro-rivoluzionaria, mentre, allo stesso tempo, la simpatia per il popolo rivoluzionario russo era in costante crescita. Ogni giorno il lavoro bolscevico conquistava sempre più ampie sezioni dell’armata francese. Gli arresti e le esecuzioni sempre più frequenti non incutevano più timore nei cuori degli uomini; al contrario, essi suscitavano la loro indignazione unanime.(…) La propaganda veniva costantemente intensificata. Le sue forme erano ben adattate al francese: si diffondeva di bocca in bocca e, soprattutto, per mezzo di canzoni. Come al solito, e come era stata l’usanza durante tutta la guerra, i soldati ed i marinai prendevano le canzoni popolari del momento e cambiavano le loro parole. 

Nella loro rabbia, le  infami spie della polizia assassinarono Jeanne Labourbe, tre giovani lavandaie, i superbi militanti Michael Shtilikvert e Smirnov, entrambi esponenti del comitato di Odessa del partito bolscevico. Ma la furia del Comando fu vana! Non avevano più il controllo delle loro truppe.  (la traduzione è dall’edizione inglese del libro di Andre Marty).

 Come aveva già fatto a Mosca, Jeanne Labourbe  si occupava della redazione, pubblicazione e diffusione di un giornale in lingua francese. Si chiamava “Le Communiste”.  Non potendo salire sulle navi a fare propaganda tra i marinai, si aggirava per le vie di Odessa o nei locali del porto per parlare con loro. Come racconta Marty, la pericolosissima attività di agitazione e propaganda sotterranea ebbe effetti contagiosi con la ribellione dei marinai della nave Mirabeau nel febbraio 1919 e i soldati del 58° e 176° reggimento di fanteria che si rifiutarono di combattere contro i bolscevichi. Il controspionaggio intensificò le indagini per individuare i militanti e le tipografie clandestine da cui fuoriuscivano il andre marty la rivolta del mar nero“Comunista”, i volantini e i manifesti in tutte le lingue delle armate straniere. Riuscirono a identificare e arrestare i membri del Comitato Clandestino, guidato da Jeanne Labourbe. Il 1 marzo 1919 Jeanne rientrò a casa dopo una riunione del comitato clandestino che aveva all’ordine del giorno  l’insurrezione contro l’occupazione militare nella quale si era schierata a favore giudicando favorevole il clima.  Verso le 10 di sera alcuni ufficiali delle guardie bianche, informati da delatori francesi, vi fecero irruzione. Durante la perquisizione trovarono copie del gionale “Le Communiste” e dei volantini. Jeanne e altri 10 membri del comitato furono arrestati, percossi e torturati, le donne del gruppo stuprate. Dopo la mezzanotte furono portati fuori città e trucidati. L’indomani fu fortissima l’indignazione per l’esecuzione di Jeanne e Smirnov la cui popolarità era fortissima. I militari furono costretti ad autorizzare il seppellimento legale dei militanti clandestini e sotto gli occhi degli agenti i membri del comitato regionale clandestino deposero sulla loro tomba una corona che portava scritto, in una fascia scarlatta, “Morte agli assassini!”. La morte di Jeanne Labourbe ebbe una fortissima eco tra le truppe francesi e anche in Francia, dove grazie al suo lavoro di propaganda, si era sviluppato un ampio movimento in difesa della Russia, che coinvolgeva intellettuali celebri come Henri Barbusse e Romain Rolland. La rivolta si diffuse sempre più tra le truppe francesi con lettere aperte di sostegno alla rivoluzione e contro la guerra, partecipazione alle manifestazioni e ai comizi contro l’intervento imperialista, consegna di armi ai bolscevichi, diserzioni per arruolarsi nell’Armata Rossa. Questa rivolta culminò nell’AMMUTINAMENTO DEL MAR NERO  che ebbe inizio per iniziativa proprio di Andrè Marty il 16 aprile 1919 e coinvolse numerose navi della flotta con marinai che al canto de l’Internazionale issavano la bandiera rossa al posto del tricolore francese, eleggevano soviet e invocavano e ottenevano il rientro in patria. Alla fine dell’aprile 1919 le truppe e le flotte straniere dovettero ritirarsi per la pressione dell’Armata Rossa e il generalizzarsi dell’insubordinazione tra soldati e marinai. La causa dei marinai e soldati ribelli risultò così popolare che gli ammutinati, tra cui Marty, dopo aver subito pesantissime condanne vennero tutti amnistiati tra il 1920 e il 1923. A partire dagli anni ’80 la storiografia francese tende a ridurre il ruolo della propaganda bolscevica e della simpatia delle truppe per la rivoluzione nel ritiro delle truppe anglo-francesi dalla Russia meridionale (passarono al sostegno con armi e denaro alle armate “bianche” controrivoluzionarie). Lenin invece considerò essenziale il ruolo svolto dall’agitazione rivoluzionaria: “Noi abbiamo risposto alla sua illimitata supremazia tecnica e militare togliendole tale supremazia con la solidarietà dei lavoratori contro i governi imperialisti (…) E’ vero, noi non avevamo che dei fogli insignificanti, rispetto alle migliaia di giornali della stampa inglese e francese, in cui ogni frase veniva stampata e propagandata su decine dì migliaia di colonne; noi non potevamo pubblicare che 2 o 3 fogli in 4° al mese, nel migliore dei casi si aveva un foglio per 10 mila soldati francesi, e di questo non sono neppure jeanne labourbe francobollosicuro. Perché dunque i soldati francesi e inglesi avevano fiducia nella nostra propaganda? Perché noi diciamo la verità; perché quando essi sbarcarono in Russia, si resero subito conto d’essere stati ingannati”. Con queste parole Lenin rese omaggio a Jeanne Labourbe nel suo rapporto al VII congresso dei Soviet di tutta la Russia il 5 dicembre 1919:

Sappiate che il nome di una francese, della compagna Jeanne Labourbe, che era andata a lavorare con spirito comunista fra gli operai e i soldati francesi e che è stata fucilata a Odessa, è ormai noto a tutto il proletariato francese, è diventato una parola d’ordine di lotta; intorno a questo nome tutti gli operai francesi, senza distinzione di tendenze e frazioni sindacali, che sembravano tanto difficili da superare, si sono uniti contro l’imperialismo internazionale.

In un articolo sul giornale dell’Internazionale Comunista del maggio 1919 Victor Serge ricordava la compagna assassinata per ordine del comando francese e constatava soddisfatto il sentimento di simpatia che si era diffuso nel proletariato francese per la rivoluzione bolscevica: “le masse operaie francesi non consentono più attacchi contro i consigli; chiedono la loro difesa e la loro imitazione”. Il grande scrittore rivoluzionario in uno scritto del 1929 citava Jeanne Labourbe accanto alle più celebri rivoluzionarie russe (Véra Zasoulitch, Sophie Perovskaia, Alexandra Kollontaï, Angelica Balabanova, Lilina, Menjinskaia e altre) nel sottolineare il ruolo delle donne nella rivoluzione russa:

Se le lavoratrici, le casalinghe, le madri, le compagne, le amanti rimangono passive, la società non può essere trasformata. La rivoluzione russa è stata così completa, così profonda, perché fin dal lontano passato, le donne hanno partecipato alla sua preparazione, le donne si emanciparono nel prepararla – e perché nei giorni decisivi, parteciparono in gran numero. Su ogni pagina della storia del movimento rivoluzionario russo, troviamo nomi di donne. Le donne nella Rivoluzione d’Ottobre hanno partecipato a tutte le fasi di azione in tutti i settori, così tante che si può dire in massa. Nessun tipo di bolscevico era più comune, dal 1918 al 1921, che quello della militante, dell’organizzatrice, agitatrice o combattente.

Mi sono imbattuto nella storia di Jeanne Labourbe casualmente il 2 marzo quando un compagno ucraino Dmytriy Kovalevich le ha reso omaggio pubblicando su facebook la sua foto e una sintetica biografia. Fortunatamente c’è chi non dimentica.

Maurizio Acerbo

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per la serie #1917 e dintorni consiglio di leggere anche il post Il primo soldato della rivoluzione. Su quel che accade ultimamente in Ucraina ma di cui si parla poco segnalo la censura che colpisce uno sceneggiato tratto dal capolavoro di Bulgakov “Il maestro e Margherita”

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Dopo la pubblicazione di questo post la storica Maria Grazia Meriggi che non ringrazierò mai abbastanza per il libri che ha scritto mi ha inviato su facebook questo profilo di Jeanne Labourbe redatto dallo storico Jean Maitron per il suo Dizionario biografico del movimento operaio francese

Jeanne Labourbe

Née le 8 avril 1877 à Lapalisse (Allier), assassinée à Odessa dans la nuit du 1er au 2 mars 1919 par des «Blancs» pour avoir défendu la cause soviétique.

Fille d’un journalier, républicain avancé, qui soutint en 1876, aux élections législatives, la candidature radicale de Ceorges Gallay, vieux lutteur de 48 et de 51, Jeanne Labourbe vécut son enfance et son adolescence partageant ses jours entre l’école, les menus travaux à la maison, la garde des animaux à la pâture jusqu’à ce qu’elle entre en apprentissage du métier de repasseuse.

En ce temps-là, il était courant que les familles riches de Russie recherchent en France des jeunes filles ou jeunes femmes pour tenir le rôle de femmes de chambre et d’éducatrices d’enfants. C’est ainsi qu’en 1894, âgée de dix-sept ans, Jeanne Labourbe partit pour la Pologne russe. Esprit curieux, elle s’intéressa à la lutte nationale des Polonais, aux luttes sociales des travailleurs.

En 1903, Jeanne Labourbe revint en France et se présenta à l’examen du brevet élémentaire dans l’espoir de pouvoir ensuite enseigner. Mais, ayant échoué, elle retourna en Pologne où elle put devenir institutrice privée. Elle se lia avec la famille d’un déporté politique russe et entra elle-même dans l’activité clandestine révolutionnaire. Lors de la révolution de 1905, elle donna son adhésion au Parti social-démocrate. Son rôle militant s’accrut et elle s’acquitta de liaisons internationales. Expulsée fin 1905, elle réussit à revenir en Russie puis passa deux mois en France en 1907. De retour en Russie, elle épousa un militant V. Marcovitch et se trouvait à Moscou lorsque se produisirent les événements de 1917. En août 1918, ayant pris contact avec Jacques Sadoul, elle fut une des créatrices du Collège communiste étranger, ralliant des Français puis des militants d’autres nationalités autour de la IIIe Internationale. Au nombre des Français, citons avec Jeanne Labourbe, Rosalie Barberet (ou Barberey) institutrice et fille d’une Communarde, son fils Henri alors âgé de dix-huit ans, le capitaine Jacques Sadoul, le lieutenant Pierre Pascal, les soldats Marcel Body, Raoul Chapoan Robert Petit et sa femme Marie-Louise Petit, institutrice, Inessa Armand. En mars 1919 Suzanne Girault, venant de Kiev, adhéra au groupe qui avait fait paraître IIIe Internationale dont le premier numéro est daté du 28 octobre 1918.

Fin 1918, l’intervention française se précisant en mer Noire, Jeanne Labourbe demanda à être envoyée dans le port d’Odessa afin de prendre contact avec soldats et marins et favoriser la fraternisation. Cachée chez une vieille militante elle s’employait à répandre tracts, brochures et à diffuser Le Communiste qu’elle rédigeait avec Henri Barberet, fils de sa camarade de Moscou. Cette activité attira l’attention des Russes blancs qui occupaient la ville. Le 1er mars au soir, des officiers russes et français firent irruption dans les locaux où se trouvaient notamment Jeanne Labourbe, sa logeuse et ses deux jeunes filles de dix-neuf et vingt et un ans. Après perquisition et saisie du matériel imprimé, les femmes furent emmenées à la Sûreté militaire. Torturées, elles furent ensuite entraînées au cimetière israélite et abattues à coups de revolver. Les cadavres, défigurés, furent par la suite difficilement identifiés et on ne reconnut Jeanne Labourbe qu’à ses cheveux courts et ondulés et à son vieux paletot de cuir.

Le 5 avril, les révolutionnaires reprenaient la ville et des funérailles solennelles furent organisées en l’honneur de Jeanne Labourbe et de ses camarades. Un monument à Odessa a été élevé à sa mémoire et des voies publiques portent son nom.

SOURCES : État civil de Lapalisse. — A. Marty, La Révolte de la mer Noire, Édit. Sociales, 1949 et notes. — Articles : L’Humanité, 11 août 1919, L’Internationale de Péricat, juin 1919, La Vie Ouvrière, 23 juillet 1919. — J. Fréville, Inessa Armand, op. cit. p. 137 et suivantes. — J. Fréville, «Une révolutionnaire française de la Révolution russe: Jeanne Labourbe« , Cahier de l’institut M. Thorez, n° 13, 1er trimestre 1969. — Notes de G. Rougeron.

Jean Maitron

 

 

 

 

 

 

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