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Villa Pini: strategia della confusione e possibili acquirenti

Per chi non l’avesse capite qualche mese fa, ora diventano assai più chiare le ragioni per cui la giunta Chiodi ha voluto modificare la norma sanzionatoria sulle cliniche private che non pagavano regolarmente gli stipendi.

E forse appare frutto non solo di improvvisazione e di superficialità il non aver voluto discutere, approfondire e predisporre per tempo una strategia per la fase successiva ad un’eventuale revoca degli accreditamenti a quello che fu il più forte gruppo della sanità privata abruzzese.

Si comprende forse anche meglio quale ruolo dovesse svolgere un big della politica con molte entrature romane come Rocco Salini.

La norma che Rifondazione Comunista aveva fatto approvare nel 2007 prevedeva come sanzione per le cliniche inadempienti la revoca degli accreditamenti.

La  giunta Chiodi si guardò per lunghi mesi dall’applicarla, cosa che non so se sostanzia responsabilità di tipo penale sicuramente rappresentò un comportamento omissivo rispetto alla situazione dei dipendenti costretti a lavorare senza retribuzione.

Successivamente la maggioranza decise di modificare la norma con la scusa che era poco chiara: la L.R. 32/2007 alla lettera c) comma 5 dell’art.7 prevedeva la “revoca dell’accreditamento istituzionale” in caso di “mancata applicazione del CCNL di categoria”. Tutti sanno che qualsiasi contratto nazionale di lavoro prevede modalità e tempi di pagamento delle retribuzioni. In particolare il CCNL vigente per la sanità privata all’art.67 dispone che “la retribuzione deve essere corrisposta al lavoratore in una data stabilita, comunque non oltre il 7° giorno lavorativo successivo alla fine di ciascun mese”.

A mio parere la norma era chiarissima. Comunque per evitare dubbi sarebbe bastato far approvare in pochi giorni una “interpretazione autentica” da parte del Consiglio Regionale.

Invece si scelse, dopo che erano trascorsi già molti mesi di affamamento dei lavoratori, di riscrivere l’intero articolo.

Il risultato è stato quello di prevedere un lungo periodo (6 mesi) di sospensione degli accreditamenti intercorso il quale si sarebbe proceduto alla revoca.

Nasce il sospetto che questi lunghi mesi servano a trovare altri soggetti privati che subentrino nella proprietà e possano riavviare il gruppo.

Cosa cambia in questo scenario grazie alla sospensione?

Semplicemente il fatto che in caso di revoca Angelini avrebbe potuto vendere soltanto le mura, mentre ora è sul mercato un gruppo potente che regolarizzata la sua posizione può contare su un appetitoso pacchetto di accreditamenti.

Un imprenditore la cui onorabilità è ormai compromessa potrebbe fare un passo indietro introitando una bella sommetta e rimarrebbe inalterata la geografia della sanità privata in Abruzzo.

Vorrei ricordare che parliamo di una torta gigantesca sulla quale l’interesse è sempre stato non solo della politica locale, ma anche nazionale.

Ci siamo dimenticati i contributi da 500.000 euro di Angelini a Forza Italia ? E le decine di milioni della sponsorizzazione bislacca finita chissà in quali tasche? E parliamo dei tempi della cartolarizzazione della FIRA di Masciarelli e della giunta Pace-Domenici.

Operazioni a questo livello richiedono sempre benevolenze e incoraggiamenti della politica che conta.

E’ plausibile che a Roma ci siano molti occhi puntati sul gruppo chietino e probabilmente un politico di lunga esperienza come Salini è stato chiamato a tessere la rete di relazioni e benedizioni indispensabili per portare in salvo il gruppo Angelini (o almeno a gestire nella maniera più indolore possibile il trapasso).

Le notizie relative a possibili acquirenti confermano che molti interessi ballano intorno al cappezzale o presunto tale di Villa Pini.

Scrivo queste cose, non per esercizio dietrologico, ma per elementari considerazioni di natura etica e politica.

La sanità ha condotto l’Abruzzo nel disastro a causa di una pluridecennale assenza di trasparenza e programmazione che ha consentito a sprechi e corruzione di proliferare a spese dei cittadini e dei loro bisogni di salute.

Gli accreditamenti ai privati non sono mai stati il frutto di dati epidemiologici e delle esigenze della popolazione, ma di una “contrattazione” tra politica e signori della sanità privata.

La crisi del gruppo Villa Pini ci poteva mettere nella condizione di tenere finalmente un atteggiamento virtuoso e conforme a una corretta politica sanitaria.

Invece il fatto che la giunta Chiodi non ci abbia mai consentito di discutere in maniera seria e PUBBLICA la gestione della crisi del gruppo Angelini ci consegna un quadro oscuro e confuso dove i “furbetti” possono continuare a muoversi secondo le vecchie logiche di sempre.

Il come riorganizzare il complesso di prestazioni erogate dal gruppo Angelini e la salvaguardia occupazionale dei suoi dipendenti dovrebbe essere una questione da affrontare tenendo presenti soltanto interessi di natura pubblica.

Non sta scritto da nessuna parte che debba permanere l’attuale quadro di accreditamenti privati (con un nuovo titolare) nel momento in cui nelle segrete stanze romane si sta elaborando il piano per la chiusura di non si sa quanti ospedali pubblici abruzzesi.

Chi lo ha detto che la via di uscita è il subentro di un nuovo gruppo della sanità privata?

Se si fosse applicata la norma del 2007 e si fosse praticata la strada del commissariamento delle strutture lo scenario sarebbe oggi meno oscuro e confuso.

Nel mentre ci battiamo per garantire un reddito ai lavoratori del gruppo teniamo sempre presente il complesso della battaglia per il risanamento della sanità regionale.

Maurizio Acerbo, consigliere regionale Prc

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