Un articolo che il grande storico del movimento operaio scrisse nel giugno 1871 per il centenario della Comune di Parigi. Utile anche 50 anni dopo.
Sconfitta, la Comune divenne per il movimento operaio un simbolo e una professione di fede
È così che l’importanza della Comune di Parigi è stata percepita dal movimento dei giovani operai in Europa, per il quale lo shock è stato galvanizzante. L’ondata di incontri di solidarietà è travolgente: è in Germania che è più vigorosa. Questa manifestazione di internazionalismo è alimentata dalla sensazione che «sia giunta l’ora della liberazione dei lavoratori». La Comune risulta essere un’avanguardia, un esempio da seguire subito. «La democrazia in Germania attende con impazienza il momento in cui sarà possibile emulare questo ottimo esempio», proclama il discorso votato all’inizio di maggio 1871 dagli operai di Hannover. A Londra, il Consiglio Generale della Prima Internazionale, la cui anima è Marx, vive sia nella febbre che nell’ansia. La rivolta parigina li ha colti alla sprovvista e per Marx, entusiasta oltre che lucido, le possibilità di sopravvivenza del movimento sono scarse. Ma ora non è il momento di dubitare. Dal 17 aprile è stato categorico: «La lotta a Parigi ha portato la lotta della classe operaia contro la classe capitalista e il suo Stato in una nuova fase. Qualunque sia l’esito, ha permesso di conquistare un nuovo punto di partenza di importanza storica universale».
La Comune di Parigi ha anche prodotto uno shock nei circoli conservatori in Europa, che è stato espresso dalla paura della maggior parte dei governi in Europa. I cancellieri dei tre imperi (Russia, Germania, Austria-Ungheria) sono arrivati al punto di stabilire un piano d’azione concertato di fronte al «sinistro evento», pericolo concreto di contagio rivoluzionario che minaccia l’ordine costituito. Al di là del primo panico, emerge una nuova certezza: bisogna cogliere l’occasione offerta dagli eventi di Parigi per prendere contro le idee e le organizzazioni «sovversive» – repubblicani e socialisti – misure energiche su scala internazionale: l’opinione pubblica spaventata non ostacolerà più i disegni dei governi. La preparazione psicologica inizia a metà aprile. Bismark suggerisce il tema al giornalista Moritz Busch, che aveva accompagnato lo stato maggiore tedesco in Francia: «Soprattutto farai emergere … lo straordinario numero di stranieri di ogni tipo a cui i parigini si sono appellati in loro aiuto per lottare contro il governo legale … Questi parigini che si proclamano volentieri la crema della civiltà accettano come leader i fanatici i cui interessi sono, il più delle volte, opposti ai loro».
Dopo la settimana di sangue, Thiers e Jules Favre riprendono la stessa idea, rilanciando la vecchia tesi conveniente e popolare del complotto internazionale. Il 6 giugno 1871, Jules Favre inviò una circolare a tutti i rappresentanti diplomatici francesi all’estero, per la comunicazione ai governi dei rispettivi paesi, dove invocava una sorta di santa alleanza contro il movimento rivoluzionario, contro la cospirazione che ora porta un nome: l’Internazionale, l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, che si incarna in un uomo, un tedesco emigrato a Londra: Karl Marx.
La tesi delle attività occulte di una società diabolica, tema della campagna contro l’Internazionale, intesa a distorcere l’immagine della Comune nel mondo, ha largamente contribuito a formare «la leggenda», come osservava Marx: «Fino a ora, si potrebbe pensare che la formazione dei miti cristiani nell’impero romano fosse stata possibile solo perché la stampa non era ancora stata inventata. È esattamente l’opposto. La stampa quotidiana e il telegrafo, che diffondono le loro invenzioni in un batter d’occhio in tutto il mondo, fabbricano più miti in un giorno di quanti potrebbero essere fabbricati una volta in un secolo (e questi vitelli borghesi li inghiottono e diffondono)». Per rispondere a questa campagna e restituire la Comune nel contesto del movimento operaio, Marx pubblica il discorso sulla guerra civile in Francia approvato dal Consiglio generale dell’AIT e su cui convergono gli attacchi. Attraverso le calunnie, la notorietà di Marx si estese quindi ben oltre l’ambito del movimento operaio internazionale, e fu con soddisfazione che scrisse a Kugelmann il 18 giugno 1971:
«(Il discorso) fa un rumore diabolico e ho l’onore di essere in questo momento l’uomo più calunniato e più minacciato di Londra. Ci si sente davvero bene dopo vent’anni di noiosa storia d’amore in mezzo alla palude».
Ma lo shock della Comune, la sua influenza, non si limitano al ristretto quadro delle preoccupazioni del momento. L’impulso dato da quella che secondo Marx fu «la prima rivoluzione in cui la classe operaia fu apertamente riconosciuta come l’unica classe ancora capace di iniziativa sociale» sta nella svolta che determina nello sviluppo del movimento operaio internazionale. Per usare l’espressione di Rosa Luxemburg, la «tomba della Comune» è quella del primo periodo del movimento operaio europeo, quello delle «rivoluzioni spontanee, rivolte, barricate dopo le quali il proletariato è sempre ricaduto nell’apatia». Una svolta sentita da tutti i leader della Prima Internazionale che hanno dato una risposta differenziata alla domanda che ha posto: che fare? Quella di Marx va oltre: si tratta di andare oltre un’istituzione – l’AIT – e di sviluppare un movimento operaio di massa saldamente radicato nei vari paesi. Da qui un apparente paradosso: la Comune ha dato origine all’Internazionale, ma allo stesso tempo ha suonato la sua campana a morto.
Da quel momento in poi, dalla Comune emerge un problema del tutto nuovo, quello del partito, dell’organizzazione, che costituisce la base del movimento operaio moderno. Ma la svolta si avverte ben oltre il quadro istituzionale. Rivoluzione annunciatrice, la Comune fu anche rivoluzione rivelatrice. Questo spiega il cambiamento avvenuto dopo il 1871 nella tematica della storia intellettuale – o storia delle idee – del socialismo. Lo si può rilevare in tutti i dibattiti teorici sullo Stato e la Rivoluzione e in tutte le previsioni tattiche che seguirono la Comune.
Il giorno dopo la sua caduta, iniziò un dibattito appassionato in cui la Comune di Parigi fu brandita come esempio da ciascuno dei protagonisti. Le varie correnti del pensiero socialista attinsero ciascuna all’argomento della Comune, agitate dal suo esempio. Il famoso dibattito Marx-Bakunin, che poi riprese, trovò qui un fulcro concreto. In ogni fase cruciale del movimento operaio internazionale, l’esempio della Comune veniva costantemente evocato, che sembrava assumere una inaspettata attualità.
Ma il destino prodigioso della Comune non è solo parte dell’estensione dell’ideologia. È il simbolo – vale a dire le speranze, le immagini, che sono ancorate nella memoria collettiva sotto il termine di Comune di Parigi – che ha permesso di perpetuare la sua influenza. Perchè se la repressione, la «settimana di sangue», ha prodotto un trauma, ha anche alimentato il sentimento di odio, vendetta, la convinzione di essere impegnati in una guerra sociale tra proletari e borghesi in una società ormai bipolare. E una delle principali conseguenze dello shock subito fu che la coscienza dei lavoratori emerse dalla scia delle rivoluzioni borghesi. Non aveva più bisogno di annettere quelli del 1789 e del 1848, ora aveva la Comune. Inoltre, negli anni ’70, iniziarono in molti paesi a celebrare la Comune percepito come un simbolo. In Germania e in Austria, questa commemorazione coincide con e sostituisce il tradizionale anniversario del marzo 1848.
La Comune diventa un’idea, una professione di fede, una conferma dello sviluppo storico, dell’inevitabile compimento della rivoluzione proletaria. In altre parole, fornisce al movimento operaio una tradizione autonoma, una legittimazione. Ma l’immagine che si radica nella mentalità collettiva è stata plasmata attraverso il prisma di interpretazioni divergenti all’interno del movimento operaio. Questo spiega perché diverse tradizioni si sono innestate nella Comune. In Italia e in Spagna è la versione anarchica che tocca la sensibilità collettiva, mentre in Germania e in Russia è la tradizione marxista della Comune che troverà il più ampio pubblico e la massima diffusione.
Così, per la sua realtà e al tempo stesso per la sua immagine, la Comune è stata saldamente incorporata nello sviluppo teorico e ideologico, nella coscienza storica, nelle tradizioni, nel sistema di riferimento e nelle divergenze fondamentali del movimento operaio internazionale. L’espressione stessa di un mito vissuto, osservò con grande lucidità Edouard Vaillant settant’anni fa: «Che importa ora che (la Comune) fu effimera e, se vogliamo, inferiore di fatto alla leggenda che l’ha fatta crescere? La generazione che ha lottato, che ha sofferto, è scomparsa. I suoi mali sono finiti: lascia il suo esempio».
Questo articolo, pubblicato su Le Monde Diplomatique, era la sintesi di un saggio dallo stesso titolo che trovate sul libro di Georges Haupt, L’internazionale socialista dalla Comune a Lenin, edito in Italia da Einaudi nel 1978.
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