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Francesco Caruso e Maurizio Acerbo: Dimezziamoci lo stipendio

Ho l’impressione che il susseguirsi di dichiarazioni di buona volontà sul taglio dei costi della politica, in realtà privilegi degli eletti, sia una trovata per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dai provvedimenti in corso di  approvazione di autodifesa della casta come il ddl sulle intercettazioni che impedirà di mettere il naso e di raccontare l’endemica e patologica corruzione delle classi dirigenti italiche.

 

Per quanto riguarda la Regione Abruzzo se si volevano ridurre sul serio le retribuzioni di consiglieri e assessori bastava votare gli emendamenti presentati in più occasioni da Rifondazione Comunista e sistematicamente bocciati dall’aula.

 

Ho l’orgoglio durante la mia brevissima esperienza parlamentare di essere stato promotore dell’unico progetto di legge che tagliava del 50% l’indennità e che fu bloccato sul nascere in commissione dall’intesa bipartisan tra tutti i principali partiti.  Ripropongo un vecchio articolo che io e Caruso pubblicammo su Liberazione. Abbastanza esilarante.

Dimezziamoci lo stipendio

di Francesco Caruso* e Maurizio Acerbo*
 
Politici nel panico: «Proposta radicale»

Levata di scudi sull’idea di Rifondazione

Condividiamo totalmente l’intervento del compagno Massimiliano Smeriglio sui costi della politica pubblicato su Liberazione qualche giorno fa. E’ ora che la sinistra radicale assuma con determinazione questa battaglia e la porti avanti dentro e fuori le aule del Parlamento. Smeriglio giustamente scrive che non dobbiamo correre «dietro ai pruriti neopopulisti», e lancia un invito che sottoscriviamo in pieno: «per non essere reticenti, facciamo noi, il Prc, una proposta di legge che ridimensioni stipendi e pensioni dei parlamentari, facciamola subito, così eviteremo di continuare a prendere lezioni di moralità da leader politici che ci hanno condotto in questo buco nero». A dire il vero una proposta in campo già c’è. Già il 21 dicembre scorso abbiamo depositato alla Camera una modesta proposta di legge che prevede di dimezzare l’indennità spettante ai parlamentari (deputati, senatori e parlamentari europei). Tra l’altro tale provvedimento inciderebbe anche sulle indennità di carica lorda spettanti ai consiglieri regionali che è fissata al sessantacinque per cento dell’indennità spettante ai componenti del Parlamento nazionale ai sensi della legge 31 ottobre 1965, n. 1261. Si tratta di una proposta volutamente “minimalista”, ma di immediata efficacia. Eppure, mentre sui giornali dilaga il dibattito sui costi della politica, la commissione Affari costituzionali della Camera ha liquidato la nostra e altre proposte sul tema in pochi minuti disponendone il rinvio. Per il verde Marco Boato queste proposte di legge sono «semplicistiche», riferendosi alla nostra proposta e a quella dell’Italia dei Valori che prevede semplicemente di congelare la “scala mobile” per i parlamentari (d’altronde non c’è più per lavoratori e pensionati). L’altro relatore, Stucchi della Rosa nel Pugno, è intervenuto sulla stessa lunghezza d’onda. Riteniamo ottima l’intenzione di procedere ad un vasto approfondimento del tema, ma ci risulta incomprensibile che l’indagine assuma il ruolo di scusa per sottrarsi all’esame di provvedimenti che non richiedono particolari studi visto che i parlamentari ricevono puntuale estratto conto delle varie voci che contribuiscono al loro non certo magro reddito. Martedì 29 maggio la commissione è tornata ad occuparsi del tema con un susseguirsi di interventi preoccupati dalle nostre proposte definite da Ronconi dell’Udc «a dir poco radicali». Tutti hanno espresso un parere favorevole all’indagine conoscitiva, ma a condizione che nulla avesse da spartire con la proposta di ridurre le proprie indennità. Forza Italia, per voce di Boscetto, ha aperto le danze esprimendo «il timore che si tratti di un’iniziativa demagogica, preparatoria di interventi drastici e meramente propagandistici». Violante e Boato lo rincuorano immediatamente sulla non connessione tra indagine e proposte di legge in campo. Ma il valoroso deputato berlusconiano non si fida e insiste: «renderebbe un pessimo servizio al Paese un’indagine conoscitiva che intendesse collocarsi nel solco del libro di Rizzo e Stella». Ma l’autentico eroe dell’operaismo parlamentare è l’onorevole Bocchino di An che «ritiene che la retribuzione di parlamentare, per ore di lavoro e detratte le spese, non sia sproporzionata rispetto a quella, per esempio, di un insegnante». Peccato che un insegnante guadagni in un anno scolastico quello che Bocchino intasca in un mese o giù di lì. Siamo pienamente coscienti del fatto che il tema dei costi della politica non può essere ridotto a quello dei “benefici spesso imbarazzanti di cui godono gli eletti in parlamento o nei Consigli regionali”, riteniamo però che si tratti di un punto qualificante da cui bisogna cominciare. Ci fa piacere che questa opinione sia stata espressa pubblicamente anche dal segretario Franco Giordano e dal ministro Paolo Ferrero. Si tratta di un tema che non può essere soltanto agitato: cosa aspettiamo a porre la questione con nettezza in Parlamento e sul tavolo dell’Unione?

*Deputati Prc-Se

da LIBERAZIONE, 31/05/2007
 

sul tema vedi anche: http://www.maurizioacerbo.it/blogs/?p=118

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