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CRONACA DI UN ABBATTIMENTO ANNUNCIATO

centrale-latte-pescaraL’abbattimento della ex-Centrale del Latte è l’ennesima pagina nera della storia pescarese. Quello che temevo è accaduto.

Se non fosse troppo forte l’amarezza verrebbe da ridere rispetto al paradosso di una città che spende centinaia di migliaia di euro per un festival dedicato a D’Annunzio e che contemporaneamente consente che si abbatta un edificio risalente proprio al periodo in cui il fascismo rendeva omaggio al Vate realizzando opere architettoniche nella sua città.
Ci sarebbe ancor più da sorridere sul paradosso di un’amministrazione di destra che non si preoccupa di salvaguardare l’opera di uno dei principali architetti italiani del regime.



Ma non ho alcuna voglia di fare sterili e facili polemiche perché questa vergogna è il frutto di incompetenza e di molti comportamenti omissivi e complici.

Innanzitutto non si capisce di cosa si occupino gli uffici della Sovrintendenza se per anni hanno dimenticato di procedere d’ufficio alla tutela di questo immobile.

Ancor più grave che la Sovrintendenza non sia intervenuta immediatamente avendo ricevuto lo scorso 7 giugno da Italia Nostra un’allarmata richiesta di attivarsi visto il pericolo di imminente demolizione (faccio presente che il permesso di costruire è stato rilasciato dal Comune di Pescara il 14 giugno).

Ancor più assurdo il comportamento dei dirigenti del Comune di Pescara. Nelle ore frenetiche in cui cercavo di salvare l’immobile dell’architetto Di Fausto sono venuto a conoscenza di una vicenda che fa rabbrividire e dalla quale emerge come dirigenti ben pagati non sappiano neanche dove sta di casa la tutela dei patrimonio storico – architettonico. Altro che “clamorosa svista collettiva”, come la definisce l’assessore Antonelli. Effettivamente l’importanza storica dell’edificio abbattuto non è mai stata oggetto di particolare attenzione nel dibattito cittadino, ma da due anni l’impresa cerca di ottenere il permesso per la demo ricostruzione! Possibile che, constatato che l’immobile non era sottoposto a vincolo, a istruttori e dirigenti non sia venuto in mente di richiedere ai sensi del Codice dei Beni Culturali l’intervento della Sovrintendenza? L’assessore Antonelli è stato informato della pratica in itinere? Se sì è corresponsabile, altrimenti proceda a sostituire i dirigenti. Non pretendo che conoscessero l’architetto Florestano Di Fausto, ma potevano chiedere lumi alla nostra facoltà di Architettura o ad associazioni come Italia Nostra.

Il dubbio che quell’immobile del 1932 meritasse di essere vincolato neanche li ha sfiorati.

Anzi l’attuale dirigente nominato dal sindaco Mascia mi ha detto che in qualità di libero professionista ha fatto il calcolo del cemento per il nuovo progetto che comunque conserva i mattoncini rossi (sic)!

Pare che due anni fa la precedente dirigente avesse fatto una circolare che in qualche maniera disincentivava la demo-ricostruzione perché prevedeva di mantenere comunque la stessa sagoma e lo stesso volume.

I dirigenti Pasqualini e Silveri poi hanno superato quella direttiva con una nuova che consentiva la “ristrutturazione innovativa”.

La commissione edilizia esamina il progetto e dà parere favorevole: anche questi tecnici lottizzati evidentemente ignoravano l’architetto Florestano Di Fausto! A nessuno di loro viene in mente di approfondire il tema del valore storico-architettonico dell’edificio né di sfogliare il Codice dei Beni Culturali.


Telefonando in giro per raccogliere informazioni ho scoperto che tra gli architetti da tempo circolava la voce di questo nefasta demolizione, ma l’Ordine degli Architetti non dice nulla forse perché il vicepresidente è il progettista dell’intervento.

L’assessore Antonelli, preso atto che i comunisti in precedenza non hanno vincolato l’edificio, se ne lava le mani come se queste questioni non lo riguardassero. Una buona scusa per lavarsene le mani. Probabilmente anche lui ignora il Codice dei Beni Culturali.

Da lungo tempo sostengo che a Pescara è indispensabile una variante di salvaguardia degli edifici storici e di pregio perché la lista contenuta nel PRG, frutto dello studio troppo stitico del professor Bartolini Salimbeni realizzato neglianni ’90, lascia senza tutela troppi immobili che non dovrebbero essere abbattuti.
Nel caso di questo edificio non c’era bisogno neanche del lungo procedimento che comporta l’approvazione di una variante. Per le caratteristiche di questo edificio sarebbe bastato pungolare con un po’ di determinazione la Sovrintendenza sulla base del Codice dei beni Culturali.
Purtroppo a nessuno di coloro che hanno avuto tra le mani la pratica è venuto in mente.
Come al solito sembra che la storia e la memoria sono buone per qualche convegno del Presidente del Consiglio Comunale, ma guai a infastidire gli interessi che si muovono intorno all’edilizia.

Maurizio Acerbo, consigliere comunale PRC

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