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Jeremy Bellamy Foster: il Fronte Popolare e la Montly Review

Mi è arrivata oggi una mail dalla Montly Review per la campagna di abbonamenti e donazioni. Ne ho tradotto una parte perchè presenta un’interessante ricostruzione storica e anche una succinta analisi di fase. Buona lettura!

La Monthly Review è emersa settantacinque anni fa dall’ambiente del Fronte Popolare degli anni della Grande Depressione e della Seconda Guerra Mondiale, che da allora ha costituito una parte fondamentale della nostra identità. L’importanza storica di questo aspetto è forse meglio colta da Gerald Horne, autore di una serie di libri di riferimento della Monthly Review Press, tra cui Jazz and Justice (2019), che ha scritto:

Il Fronte Popolare [fu] un movimento internazionale che esercitò una potente influenza sulla cultura statunitense negli anni Trenta e Quaranta. Iniziato durante la Grande Depressione e spesso guidato dal Partito Comunista degli Stati Uniti, il Fronte Popolare raggruppava sotto un unico ombrello le forze radicali e liberali animate dall’antifascismo. Basato su ampie campagne di organizzazione del lavoro, lottò contro il Jim Crow nel Sud, condusse campagne di solidarietà per cause internazionali come la Spagna repubblicana e diede un sostegno di base ai programmi del New Deal. All’apice della sua forza, il Fronte Popolare diede vita a una tendenza che non superò la fine della Seconda Guerra Mondiale: Comunisti, liberali e persino alcuni centristi che agivano di concerto, soprattutto su basi antifasciste, pro-lavoro e antirazziste (Criterion, 21 aprile 2022).

La scomparsa del Fronte Popolare come movimento rilevante negli Stati Uniti può essere ricondotta alla sconfitta politica dell’ex vicepresidente degli Stati Uniti Henry A. Wallace, candidato del Partito Progressista alle elezioni presidenziali del 1948.

La campagna di Wallace, che rappresentava la sinistra del New Deal, fu minata da una combinazione di red-baiting e di tardive promesse ai lavoratori fatte da Harry S. Truman come candidato del Partito Democratico.

Dopo la sconfitta di Wallace, e nel mezzo del crescente maccartismo dell’epoca, Huberman e Sweezy (che insieme avevano scritto il preambolo della piattaforma del Partito progressista) fondarono Monthly Review: An Independent Socialist Magazine nel maggio 1949, con il forte sostegno di figure di spicco della sinistra come F. O. Matthiessen e Albert Einstein. Una delle prime cose che i redattori di MR fecero nella nuova rivista fu quella di lanciare una discussione sulla “cooperazione a sinistra”. Ben presto, però, ci si rese conto che il maccartismo aveva già polverizzato la sinistra a tal punto da rendere impossibile una cooperazione come quella immaginata. Huberman e Sweezy furono entrambi presi di mira dall’inquisizione maccartista e il caso Sweezy (Sweezy vs. New Hampshire) arrivò fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti.

Nei suoi primi anni di vita, la Monthly Review viene quindi intesa internamente come un’azione di resistenza, che mantiene in vita, contro ogni previsione, una posizione socialista indipendente negli Stati Uniti. Nei decenni successivi MR si distinguerà soprattutto per la sua critica politico-economica al capitale monopolistico, al militarismo e all’imperialismo.

Secondo il punto di vista di Sweezy, presentato nella sua Teoria dello sviluppo capitalistico (1942), il dominio del liberalismo nella sfera politica, una volta sfidato da un movimento socialista dal basso basato sulla classe operaia, dipendeva sempre dallo sviluppo di un tenue “equilibrio di classe”. Tale equilibrio di classe era scomparso quasi ovunque con la crisi del liberalismo negli anni Trenta, all’epoca della Grande Depressione. Tuttavia, negli Stati Uniti fu rianimato in forma più espansiva durante la relativa prosperità economica dei decenni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, rafforzata dal “consenso” della Guerra Fredda e dal keynesianesimo militare. Tuttavia, con l’insorgere della stagnazione economica, la finanziarizzazione, il rapido aumento delle disuguaglianze, il declino dell’egemonia economica statunitense e la globalizzazione della produzione, a partire dagli anni Settanta, questo equilibrio di classe ha iniziato a disintegrarsi sia negli Stati Uniti sia nella maggior parte del resto del mondo capitalista.

Di fronte alla rapida disintegrazione dell’equilibrio di classe dovuta allo sviluppo della crisi strutturale del capitale, i settori chiave del capitale monopolistico-finanziario – tra cui il capitale fossile, la nuova élite della finanza tecnologica e il complesso militare-industriale – si sono rivolti al neoliberismo e poi, quando questo ha cominciato a fallire, sempre più al neofascismo. Quest’ultimo si basa sulla pericolosa mobilitazione delle forze all’apice del sistema, della classe medio-bassa, basata su un’ideologia revanscista, nazionalista, razzista, sessista, guerrafondaia e anti-ambientale.

La risposta ancora nascente della sinistra in queste circostanze terribili, come dimostrano i recenti sviluppi in Francia, ma anche in altre parti del mondo capitalista, è stata la richiesta di un rinnovato Fronte Popolare come arma principale contro il fascismo, il razzismo, lo sterminio e il capitale monopolistico-finanziario.

Anche in questo caso è necessaria un’alleanza molto più ampia contro l’imperialismo.
In questo contesto, l’ascesa di un’alleanza crescente nel Sud globale sotto forma di BRICS può essere vista come una sorta di Fronte Popolare globale basato sul Sud di fronte all’accresciuta belligeranza della triade Stati Uniti, Europa e Giappone nel loro tentativo di sostenere l’ordine imperiale “basato sulle regole”.
In tutto questo, Monthly Review si impegna a promuovere un’autentica cooperazione nella sinistra globale, coerente con il perseguimento di fini rivoluzionari socialisti, umanisti ed ecologici e con l’obiettivo della pace nel mondo.

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