Il 15 maggio 1948 segnerà certamente una data di grande importanza nella storia degli ebrei. In questo giorno il governo socialista d’Inghilterra pose fine al suo dominio in Palestina e cedette, secondo la sua promessa e di sua spontanea volontà, l’ulteriore responsabilità di questo fastidioso pezzo di terra alle Nazioni Unite.
Quasi nello stesso momento in cui a Tel Aviv venne proclamato uno stato ebraico indipendente chiamato Israele. Il presidente Truman riconobbe immediatamente lo Stato ebraico. Dopo pochi giorni anche la seconda grande potenza mondiale, la Russia sovietica, conferì il suo riconoscimento al nuovo Stato. Altri paesi seguirono rapidamente l’esempio.
Un’ondata selvaggia di gioia ed eccitazione travolse le comunità ebraiche negli Stati Uniti e nel mondo intero. Anche se le nazioni arabe unite risposero alla proclamazione dello Stato ebraico dichiarando guerra e invadendo immediatamente la Palestina, queste ostilità non riuscirono a placare i sentimenti gioiosi della maggioranza degli ebrei.
Ammettiamo francamente che la base dei socialisti ebrei sotto la bandiera del BUND non può gioire con la maggioranza della popolazione ebraica. Ci assalgono gravi dubbi sul futuro immediato dei 600.000 ebrei in Palestina e sulle ripercussioni dello Stato ebraico sull’intera vita ebraica al di fuori di esso. Ciò di cui hanno bisogno gli ebrei in Palestina non è il diritto di sanguinare e morire sotto la bandiera del loro stato indipendente, ma di vivere in pacifica cooperazione con gli arabi in modo da assicurare e migliorare il loro progresso culturale e nazionale. Dubitiamo della capacità delle Nazioni Unite di frenare il fanatismo nazionalista degli arabi eccitati, peggiorato dalla propaganda dei loro reazionari Muftì. L’attuale stato di cose, in cui la vita e il futuro dei 600.000 ebrei in Palestina sono diventati un oggetto con cui le grandi potenze mondiali giocano il loro gioco imperialistico, è davvero un presagio. Non importa quanto coraggiosamente combattano gli ebrei della Palestina, le probabilità che ciò accada sono schiaccianti: un’isola ebraica di 600.000 persone circondata da un oceano arabo di 30.000.000 di persone difficilmente può sopravvivere.
La composizione del governo provvisorio del nuovo Stato di Israele è tutt’altro che rassicurante. Contro l’opposizione dei lavoratori ebrei organizzati nell’Histadrut, e incuranti dei loro avvertimenti, i rappresentanti dei famigerati gruppi terroristici ebraici con familiari tendenze fasciste sono inclusi nel governo. Tale pacificazione delle tendenze fasciste ha sempre portato a risultati fatali, ovunque sia stata tentata. È destinata a portare agli stessi cupi sviluppi all’interno dello Stato ebraico.
Il nano Stato ebraico in Palestina è già diventato l’attrazione principale della vita ebraica ovunque. Centinaia di milioni di dollari, per non parlare dell’enorme quantità di sforzi spirituali, sono già stati estorti alle comunità ebraiche e riversati nello Stato ebraico in Palestina. La necessità di dichiarare guerra è incline ad aumentare la portata di tutti i tipi di donazioni e attività per il bene di uno Stato ebraico indipendente. L’impatto di tale generosità sulle comunità ebraiche fuori dalla Palestina non può che essere devastante. La deviazione dai loro bisogni reali, le speranze frustrate che inevitabilmente sostituiranno l’attuale stato di beatitudine, l’apatia che prima o poi arriverà sulla scia dell’attuale eccitazione, sono le tristi conseguenze che gli ebrei ovunque dovranno pagare per l’attuale paradiso nazionalista che amano.
I socialisti ebrei non hanno mai condiviso l’opinione dei sionisti secondo cui uno stato indipendente in Palestina avrebbe risolto il problema ebraico. Né la condividiamo oggi, dopo che tale stato è stato istituito. Abbiamo sempre creduto che l’unica soluzione per gli ebrei, così come per l’umanità in generale, sia la ricostruzione del mondo su una base socialista e democratica. La nostra convinzione rimane incrollabile anche ora, quando i sionisti hanno raggiunto, almeno temporaneamente, il loro obiettivo. Per mezzo secolo il movimento BUND ha cercato di conquistare la popolazione operaia ebraica per la lotta internazionale per il socialismo. I socialisti non ebrei, piuttosto che i nazionalisti ebrei, sono stati per mezzo secolo i nostri più stretti alleati. L’istituzione di uno stato ebraico in Palestina non ci riconcilia con il nazionalismo ebraico e non può cambiare il nostro atteggiamento tradizionale. Apparteniamo al campo socialista internazionale e vi rimarremo.
Ma prima di tutto e soprattutto è nostro dovere, in quanto socialisti ebrei, fedeli alla nostra tradizione socialista e alla nostra eredità socialista, fare del nostro meglio per fermare la guerra che sta devastando la Palestina. Bisogna porre fine immediatamente a questa sanguinosa guerra. Solo gli elementi nazionalisti in entrambi i campi, sia quello arabo che quello ebraico, sono inebriati dall’odio verso il cosiddetto nemico.
La popolazione ebraica, così come gli arabi, non devono sacrificare la propria vita sul sacrario del nazionalismo. Gli ebrei, così come gli arabi, hanno bisogno di relazioni pacifiche basate sull’uguaglianza, sul rispetto reciproco per le legittime aspirazioni di entrambe le nazionalità della Palestina. Una Palestina indipendente, uno stato comune degli arabi e degli ebrei che possa garantire a entrambe le nazioni la più ampia autonomia per il loro ulteriore sviluppo nazionale e culturale e unirle per il benessere di tutti gli abitanti della terra, questo è il vero obiettivo a cui tendere.
Tratto dal Bund Bulletin, Vol. 1 No. 6, giugno 1948.
Leave a Reply
You must be logged in to post a comment.