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Gianni Chiodi indagato per disastro ambientale

In cronaca nazionale, questa volta su l’Espresso tornano le disastrose vicende abruzzesi. Una storiaccia di qualche tempo fa i cui risvolti processuali incombono sul candidato della PDL , Gianni Chiodi, ex Sindaco di Teramo.

 

 

Una frana nell’urna

di Primo Di Nicola

Si tratta della frana della discarica la Torre, nel Teramano. Discarica realizzata in un calanco, in zona a forte rischio idrogeologico. Appena a valle un laghetto.

Lo scandalo della discarica esplode nelle prime ore del mattino del 17 febbraio 2006. Chiodi è Sindaco dal Giugno 2004 (l’impianto è in funzione dal 1996). Un boato e una valanga di rifiuti (centinaia di migliaia di mt cubi) frana riversandosi nel lago sottostante.

Fango e percolato invadono i fossi circostanti inquinando le falde acquifere e il fiume Vomano, il principale corso d’acqua della provincia.

Protezione Civile e Presidenza del Consiglio dichiarano lo stato di Emegenza e viene nominato Commissario Straordinario il prefetto di Teramo Francesco Camerino, oggi anche lui indagato nel secondo filone dell’inchiesta, che riguarda la correttezza dell’impiego dei due milioni di euro spesi per la messa in sicurezza del sito e la verifica dei lavori, rivelatisi inadeguati. Ma non solo: il prefetto Camerino è al centro dei sospetti anche per aver affidato i lavori della messa in sicurezza della discarica addirittura agli stessi tecnici che l’avevano originariamente progettata, in primis tale ing. Carlo Taraschi, rinviato a giudizio per disastro ambientale.

Se c’era una catastrofe che si poteva evitare questa era certamente la frana dell’impianto La Torre. Tutti erano a conoscenza dei pericoli che incombevano. Il WWF abruzzese (che si è costituito parte civile nel processo) da subito denunciò che il sito era stato realizzato in un’area a forte rischio idrogeologico e dunque soggetta a frane, era chiaro anche dalla consultazione delle mappe della provincia di Teramo e della Regione Abruzzo. Non solo: instabilità e rischi erano documentati anche in studi e ricerche commissionate dal comune di Teramo e confermati dalle consulenze redatte per il pm D’Agostino a catastrofe avvenuta. Una delle perizie recita : “Aver progettato e realizzato la discarica in quel sito dimostra una disattenzione nei confronti della pericolosità idrogeologica del territorio”. La discarica in quella zona non andava aperta. E certamente andava chiusa quando Chiodi venne eletto sindaco nel 2004. Invece di chiuderla, anche perchè ormai più che satura, Chiodi vara prima un piano di ampliamento della discarica già considerata a rischio. Poi un progetto per la realizzazione di un secondo impianto (rimasto sulla carta) accanto a quello esistente. Nel frattempo continua a inzeppare tonnellate di spazzatura nel calanco di La Torre utilizzando le “generose” proroghe di Provincia e Regione.

Morale: un impianto autorizzato nel 1994 per una capacità massima di 220 mila metri cubi, arriva a contenere, dalla sua apertura nel 1996 al 2006 (quando avviene il disastro) oltre un milione e 100 mila metri cubi.

Le conseguenze penali e ambientali ora pesano come un macigno nel curriculum del candidato-governatore. “L’aver continuato ad ammassare rifiuti in una situazione oggettivamente così sfavorevole – scrive infatti nella perizia il geologo Giuseppe Gisotti- costituisce sicuramente un’aggravante, una concausa del fenomeno franoso”.

 

Ecco perchè, scottato dalle vicende dei rifiuti da Sindaco di Teramo, da Governatore Chiodi si prepara.. a incenerirli

Dal suo programma:

-modificare il piano rifiuti per eliminare la soglia di raccolta differenziata, in modo da progettare e realizzare immediatamente un piano di termovalorizzazione con uno o più impianti sul territorio regionale.

Ci viene proprio da dire: dalla padella alla brace!

fonte: http://www.marelibero.net/

L’alternativa agli inceneritori di Chiodi:

Chiodi non punta sulla raccolta differenziata, ma sulla proliferazione degli inceneritori. La pensa davvero come Del turco.

Se era per Del Turco infatti  in Abruzzo sarebbe stata avviata la realizzazione di almeno tre inceneritori (Chiodi si dichiarò favorevole). Fortunatamente c’era Rifondazione che ha imposto un Piano Regionale innovativo che va ulteriormente sviluppato. Innanzitutto puntiamo sulla raccolta differenziata che è ancora insufficiente (20%) e su incentivi/sanzioni ai Comuni per generalizzare implementare la raccolta “porta porta”. Non diciamo solo no agli inceneritori, business che fa gola agli stessi soggetti che nel passato hanno fatto affari con le discariche, ma Rifondazione ha formulato anche proposte concrete, praticabili, alternative. La programmazione di settore deve orientarsi verso la rapida messa in opera di un sistema di impianti dedicati in via prioritaria al recupero di materia, favorendo le filiere brevi.

Vanno messe in atto politiche incisive per la riduzione della produzione di rifiuti. Su due assi: green procurement e controllo delle attività ad alto impatto dal punto di vista della produzione di rifiuti.

E’ indispensabile la promozione di un sistema impiantistico decentrato per il trattamento dei rifiuti compostabili, cogestito dal mondo dell’agricoltura e l’ammodernamento degli impianti centralizzati (uno per ciascuno dei 4 ATO) per il trattamento a freddo dei rifiuti non riciclabili o non differenziati.

E’ necessaria una rigorosa verifica delle attività industriali alle quali è stato consentito l’impiego di CDR quale combustibile (per esempio i cementifici). Dopo anni di gestione fallimentare del settore va attuato un rigoroso controllo delle attività dei futuri ATO, mediante indicatori di obiettivo e sostegno delle competenze, e la riforma dell’Osservatorio regionale rifiuti: da organismo tecnico a sede di indirizzo partecipativo (che veda dunque la partecipazione dei cittadini, delle loro associazioni e delle categorie interessate). Possiamo evitare di respirare le diossine degli inceneritori e creare tanti posti di lavoro.

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