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Settis: Il paesaggio malato (un promemoria per la battaglia di domani in consiglio sulla legge edilizia)

5LEGGE EDILIZIA: INDISPENSABILI MODIFICHE ALTRIMENTI OSTRUZIONISMO

Domani riprende l’esame del testo unico dell’edilizia in Consiglio Regionale.

Ci batteremo affinché al testo siano apportate significative modifiche su questioni che sono essenziali per il futuro della nostra Regione:

1)   PERMEBILITA’ DEI SUOLI: è assurda una norma per il Contenimento della impermeabilizzazione dei suoli urbani come quella contenuta nel testo che consente di giungere persino alla cementificazione dell’intero lotto edificabile;

2)   SUOLI AGRICOLI: ridurre la edificabilità dei suoli agricoli è indispensabile considerato che il lotto minimo di un ettaro ha prodotto effetti devastanti sul territorio;

3)   PAESAGGIO: cancellare la prassi consolidata per la quale i Comuni, con il beneplacito della Regione, eliminano i vincoli sulle zone A e B del Piano Paesistico;

Tra le proposte della maggioranza che riteniamo non razionali segnaliamo quella di consentire che i sottotetti divengano nuove unità abitative senza l’obbligo di reperimento dei parcheggi.

In Consiglio Regionale cercheremo di far prevalere una visione che ci avvicini all’Europa con una serie di emendamenti migliorativi di un testo unico che altrimenti non servirebbe a nulla.

A tal fine abbiamo già presentato nella precedente seduta circa 1000 emendamenti volti a dissuadere la maggioranza da atteggiamenti di chiusura.

In Commissione siamo riusciti a depurare il testo da norme pro-costruttori con giganteschi premi di volumetria e cercheremo di impedirne la reintroduzione.

Le cronache di questi giorni sugli allagamenti in Veneto hanno riportato di nuovo all’attenzione le conseguenze di un “modello di sviluppo” fondato sulla cementificazione selvaggia del territorio.

 

Maurizio Acerbo, consigliere regionale PRC

…………………………………………………………………

Il paesaggio malato
(intervento di Salvatore Settis)

Credo che oggi il paesaggio sia il grande malato d’Italia: vorrei dare qualche dato, e sono dati
Istat, istituto centrale per la statistica. Tra il 1990 e il 2005 l’Italia ha ridotto la propria
superficie agricola utilizzata (SAU) di 3 milioni 663 mila ettari di suolo, cioè una superficie
equivalente a Lazio più Abruzzo. In 15 anni siamo riusciti a consumare il 17 % del territorio
nazionale che era libero da costruzioni. Qualche dato sulle regioni: il record assoluto spetta alla
Liguria. La Liguria si è mangiata il 45% del proprio territorio, in 15 anni; seguita dalla Calabria,
territorio in cui sono nato, col 26%; non vi illudete, lo dico come calabrese, il 26 % della Calabria
sarà la metà del vero, perché in Calabria ci saranno almeno altrettante costruzioni abusive, che
sfuggono alle statistiche.
Il colore politico delle amministrazioni non conta più niente. L’Emilia Romagna consuma suolo
esattamente quanto la Sicilia: 22 %. La Toscana ha il 17,7%: più del Veneto! Assistiamo a un
fenomeno trasversale per cui gli Italiani hanno sempre meno cura del proprio paesaggio. Un ultimo
dato: nel biennio 2005-2007, in cui si registra una flessione della popolazione nazionale dell’1%, si
sono tuttavia costruite ben 732.157 nuove unità immobiliari. Ci sono, dunque, meno abitanti e più
case.
Da nessuna parte segni di resipiscenza: la Lombardia ha consumato in quel quindicennio, col suo
“rito ambrosiano”, il 18% del territorio; ma oggi le autostrade in costruzione in Lombardia stanno
distruggendo 2700 ettari di suolo agricolo. In un anno la Lombardia consuma in suolo agricolo le
dimensioni di una città pari a Brescia; nel comune di Lodi, lo abbiamo sentito (rif. all’intervento
precedente di De Lucia), sono gli stessi dati, e qui la giunta è di sinistra. La campagna veneta è
invasa da capannoni industriali e artigianali; nel triennio 2000/2003, capannoni industriali e
artigianali di 113 milioni di metri cubi, di cui almeno il 40% è inutilizzato. Ma come mai
costruiscono i capannoni e non li utilizzano? Ma perché c’è una norma secondo la quale gli utili
d’impresa sono detassati se reimpiegati in costruzioni: allora meglio cementificare che pagare le
tasse. In Toscana la riduzione negli ultimi anni di 70mila ettari di superficie coltivata ha comportato
nel 1999/2003, l’unico dato che ho, la scomparsa del 7% delle aziende agricole di dimensioni
piccole.
Gli effetti di questa invasione del suolo sono di varia natura, vorrei ricordarne solo uno: i danni
ecologici e ambientali. Non c’è bisogno di molta eloquenza per far capire, che il suolo, una volta
coperto di cemento, non “respira” più. E’ quella che si chiama copertura del suolo, o “soil sealing“ ,
con la perdita spesso irreversibile delle funzioni ecologiche di sistema. Il suolo che cementifichiamo
si fragilizza, e com’è ovvio terremoti, alluvioni, frane, su un suolo fragilizzato fanno più danno.
Nessuno ci pensa. Non ci sono correttivi. Non ci sono controlli. Un altro piccolo particolare che
riguarda la costa, in particolare del Tirreno ma non solo, è il moltiplicarsi dei porti turistici,
l’invasione del cemento sulle spiagge, che accresce il rischio di estinzione delle specie marine
acclimatate lungo le coste. Nella sola Liguria, faccio apposta a non citare la Toscana, ci sono 49
porticcioli oggi, pari a 20.500 posti barca, ne sono in costruzione altri 15 con altri 10.000 posti
barca. All’esito di questo processo ci saranno in Liguria ci sarà un posto barca ogni 45 abitanti. L’
esito è un esito dannoso sulle spiagge, sulla vegetazione, sulla flora e sulla fauna.
L’Istituto centrale per la statistica ha pubblicato il suo ultimo rapporto annuale il 26 maggio, (è il
rapporto del 2009 che vale per il 2008). Vi leggo solo due frasi: ” il legame fra crescita demografica
ed economica da una parte e crescita urbana dall’altra, non è più lineare”, non c’è nessun rapporto
fra popolazione e urbanizzazione. “L’urbanizzazione si manifesta in forme sempre più pervasive e
complesse con un’accelerazione senza precedenti, del tutto autonoma rispetto agli andamenti
demografici ed economici, che si può spiegare solo come un’evoluzione in senso consumistico del
rapporto della popolazione col proprio territorio”. La popolazione tende a consumare, a divorare il
territorio, senza alcun rapporto con le forme e la quantità della popolazione. Vi cito solo un’altra
frase da questo rapporto: “L’espansione dell’urbanizzazione ha conosciuto negli ultimi decenni
un’accelerazione senza precedenti, in assenza di pianificazione urbanistica sovracomunale in quasi
tutte le aree più importanti del paese. Dal 1995 al 2006 i comuni italiani hanno rilasciato in media
permessi di costruire per 3,1 miliardi di metri cubi, il 40% dei quali per l’edilizia residenziale e il
rimanente per le attività produttive”. E potrei continuare.
E’ un panorama che sconsolante, preoccupante, e molto, per il futuro dei nostri figli e dei figli dei
nostri figli. E’ difficilissimo comprendere la vastità del fenomeno, proprio per l’enorme numero di
dati disordinatamente disponibili via Internet, e spesso discordanti fra loro. Come orientarsi in tale
labirinto, con tanta informazione e pochissima vera conoscenza? Perché la conoscenza richiede uno
sguardo dall’alto, la conoscenza non è un accumulo di cifre, ma uno sguardo dall’altro, guidato da
una qualche idea storica, etica, culturale, politica. Chi dovrebbe mettere in ordine questi dati, per
uso e beneficio dei cittadini? In teoria, un’entità astratta, straordinaria, inesistente: il Governo.
Ma non lo fa. Non lo fa questo governo, non lo ha fatto il governo di centro sinistra, non lo ha fatto
in Italia, da trent’anni a questa parte, nessun governo. La crescente riduzione di differenza fra
destra e sinistra non è un dettaglio, e una delle con-cause del degrado del paesaggio…
Forse l’isolazionismo toscano si spiega come una reazione di chi che non vuol vedere, si copre gli occhi e fondandosi su una sorta di
primogenitura toscana se ne infischia del resto d’Italia. Ma allora quale è la differenza rispetto
all’egoismo lumbard della Lega Nord? E’ proprio così che il paese sta andando a rotoli. Inoltre in
Toscana, come in altre regioni, viviamo un’altra aberrazione; quando uno dice che in Toscana
qualcosa non va, una delle risposte più frequenti dei politici di mestiere è: ma se si va, per esempio,
in Liguria, è peggio. Ma che vuol dire? Due torti non fanno mica una ragione! Se a Chicago ci sono
più morti che a New York non è che New York dev ’essere felice per ognuno che viene
ammazzato! Di morti sarebbe bene che non ce ne fosse nessuno né a Chicago né a New York. Non
è che la città che ne ha di meno debba essere considerata virtuosa!
Vorrei ora elencarvi brevemente tre dati di fatto che sono tre paradossi italiani. Primo dato di fatto:
tutti sanno che l’Italia ha ormai da molti anni ha il più basso tasso di crescita della popolazione
d’Europa. Non c’è nessun paese in Europa che fa meno figli di noi. Se la popolazione italiana non
decresce, o decresce poco, ciò è dovuto esclusivamente agli immigrati; solo gli immigrati
mantengono grosso modo il livello demografico. (Ma gli immigrati sono un elemento che
riequilibra la popolazione, ma crea un problema culturale: questi immigrati saranno sempre di più e,
o condivideranno una cultura comune con la nostra, oppure non proteggeranno cose che non gli
appartengono). Dunque l’Italia è il paese con la crescita demografica più bassa d’Europa. Ma
l’Italia è simultaneamente il paese con il consumo di suolo più alto d’Europa. Ma come mettere
insieme queste due cose? Sempre meno persone, sempre più case. Questa è secondo me una vera
bomba a orologeria destinata a scoppiare. Non ci vuole moltissimo per capire che “sempre meno
persone e sempre più case” è una contraddizione destinata ad esplodere.
Il secondo dato di fatto è anch’esso un paradosso: l’Italia è il paese in Europa, e forse – credo – al
mondo con le più antiche leggi di tutela del patrimonio culturale; anche le nostre leggi di tutela del
paesaggio sono fra le più antiche del mondo (la prima legge organica fu fatta nel 1920 quando era
ministro Benedetto Croce, ma c’erano norme ancora anteriori). Abbiamo un Codice dei beni
culturali ricco di prescrizioni, abbiamo tante leggi regionali anch’esse volte alla conservazione del
paesaggio. Eppure, l’Italia è un Paese in cui queste leggi si violano con una straordinaria frequenza.
La Gran Bretagna ha molte meno leggi di noi e rispetta il paesaggio molto più di noi. Perché
abbiamo tante norme e non le sappiamo rispettare? Forse ci stiamo facendo scudo delle norme,
proprio per violarle? Forse le regole ormai sono una specie di declamazione pubblica, hanno un
valore declamatorio, di facciata, sono una foglia di fico dietro la quale nascondiamo le nostre
vergogne? Non sarà forse così?
Arriviamo al terzo e ultimo paradosso che vorrei elencare: in Italia in questo momento, forse anche
a questa stessa ora, ci saranno in giro per l’Italia, come minimo 20 o 30 riunioni come questa; si
discute in continuazione del paesaggio, c’è una grandissima attenzione, ci sono i comitati, la rete dei
comitati di Asor Rosa e poi altre reti di comitati che si stanno estendendo dappertutto; si parla
moltissimo del paesaggio. Però c’è un luogo in cui non se ne parla; questo luogo è la scuola. Nella
scuola italiana il paesaggio non c’è, o meglio: il paesaggio che c’è è solo quello dipinto, quello dei
quadri; si parla del paesaggio del Lorenzetti, del paesaggio di Tiziano… però il paesaggio nel quale
viviamo noi, il paesaggio dell’aria che respiriamo, nella nostra scuola non c’è, e questa assenza
aiuta a capire questa devastazione del paesaggio con le carenze dell’orizzonte culturale.
Abbiamo bisogno di una seria concezione del paesaggio come bene comune. Quegli esperimenti di
urbanistica positiva degli anni ’60 di cui parlava Vezio De Lucia prima, ed altri esperimenti positivi
che si potrebbero elencare, la grande spinta positiva della Val di Cornia, quella che ha generato
l’esperienza del sistema dei parchi, da cosa nascevano? Da una cosa molto semplice: il senso del
bene comune, del paesaggio come bene comune. Nel momento in cui il bene comune non vale
nulla, mentre vale soltanto la proposta indecente di espandere la mia casa del 20 o 30 % perché mi
fa comodo, il concetto stesso del bene comune sparisce, e il suo posto vien preso dal più cieco
egoismo proprietario.
Finisco con un ultima considerazione… Il paesaggio può essere distrutto dalle leggi. Pensiamo soltanto ad un punto,
visto che è stato ricordato il ministro Bucalossi. Il ministro Bucalossi fra le sue benemerenze ebbe
quella della legge Bucalossi del ’77 che prevedeva gli oneri di urbanizzazione. Il concetto di “onere
di urbanizzazione” è molto semplice: nel momento in cui costruisco una casa è evidente che ho
bisogno di nuovi servizi, ho bisogno per esempio di avere l’acquedotto, le fognature, ecc. Secondo
la legge Bucalossi, il cittadino doveva ogni volta al Comune gli “oneri di urbanizzazione” per
coprire queste spese; e i Comuni avevano l’obbligo di utilizzare tutto quello che il cittadino paga
come onere di urbanizzazione precisamente «per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria,
il risanamento dei complessi edilizi nei centri storici e le spese di manutenzione ordinaria del
patrimonio comunale». Punto e basta, solo questo. Così furono le cose dal ’77 al 2001. Nel 2001 il
Testo Unico per l’edilizia stabilisce invece che gli oneri di urbanizzazione i Comuni li continuano a
prendere, ma ci possono fare quello che vogliono, possono pagarci che so gli stipendi o qualsiasi
altra cosa, insomma le spese correnti. Questa legge l’ha fatta un governo di centrosinistra, l’ha fatta
e il dubbio merito di aver dirottato gli oneri di urbanizzazione dal loro vero fine spetta all’allora
ministro Bassanini, che la fece varare cinque giorni prima che Berlusconi giurasse come presidente
del Consiglio. Cinque giorni prima! Naturalmente la destra l’ha lietamente accolta. Che cosa è
successo subito dopo? Che il governo ha abbassato il finanziamento ai comuni, e i comuni avendo
minori fonti d’introito, ma avendo a disposizione gli oneri di urbanizzazione, cercano di incentivare
queste entrate concedendo più licenze edilizie, facendolo più facilmente, riducendo i controlli.
Imponendo ai comuni la necessità di accrescere il flusso di introiti da oneri di urbanizzazione, il
governo italiano li ha obbligati ad accelerare la svendita del territorio; il deficit comunale si sana
ormai svendendo il paesaggio. Questo è il risultato del combinato disposto di governi di destra e di
governi di sinistra. In una situazione come questa io credo che la difficoltà (forse “incapacità”
sarebbe la parola più giusta) dei grandi partiti, di quelli che sono più rappresentati in parlamento, di
individuare una linea politica chiara e definita sia sotto gli occhi di tutti. Nella campagna elettorale
dell’anno scorso questi temi, infatti, non c’erano.

da: Locus – rivista di cultura del territorio, n. 12‐13, novembre 2009, pp. 146‐155.

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