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APPRENDISTATO: CORTE COSTITUZIONALE BOCCIA ASSESSORE GATTI

gomorra1La sentenza della Corte Costituzionale non ci ha sorpreso perché

conferma le critiche che ci avevano spinto a un voto contrario alla

legge regionale sull’apprendistato.Nel corso del dibattito in Consiglio Regionale avevamo ripetutamente fatto presente all’assessore Gatti e alla sua maggioranza  che la scelta di estendere la possibilità di assolvimento dell’obbligo d’istruzione nei percorsi di apprendistato era non solo orrenda e classista ma soprattutto impossibile:

http://www.maurizioacerbo.it/blogs/?p=423

Fortunatamente la Corte Costituzionale ha cancellato una vergogna legislativa.

Consigliamo all’assessore Gatti e al centrodestra una maggiore umiltà perché la strada della superbia spesso porta soltanto a sbattere la faccia contro un muro.

 

Per la Federazione della Sinistra

Maurizio Acerbo, consigliere regionale PRC

Antonio Saia, consigliere regionale PdCI

———————————————————————————

SENTENZA N. 334ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

 

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 4, 25, commi 1 e 2, 28, comma 1, 29, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo 4 dicembre 2009, n. 30 (Disciplina dell’apprendistato), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 13-17 febbraio 2010, depositato in cancelleria il 23 febbraio 2010 ed iscritto al n. 24 del registro ricorsi 2010.

Udito nell’udienza pubblica del 3 novembre 2010 il Giudice relatore Sabino Cassese;

udito l’avvocato dello Stato Beatrice Gaia Fiduccia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso in via principale ritualmente notificato e depositato (reg. ric. n. 24 del 2010), il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale degli articoli 6, comma 4, 25, commi 1 e 2, 28, comma 1, 29, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo 4 dicembre 2009, n. 30 (Disciplina dell’apprendistato), per contrasto con gli articoli 117, commi secondo, lettere l) e n), e terzo, della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.

2. – La suddetta legge contiene la disciplina regionale delle tre diverse tipologie di apprendistato: per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, professionalizzante, per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.

2.1. – In particolare, l’art. 6, comma 4, della legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009, nel regolare la formazione formale e, dunque, la formazione organizzata e strutturata, attuata mediante specifica progettazione, fissa alcuni requisiti generali di esplicazione della stessa con riferimento sia alla formazione esterna sia a quella interna all’impresa.

Allo stesso modo, l’art. 29, commi 1, 2 e 3, della medesima legge regionale, relativo all’apprendistato professionalizzante, indica alcuni requisiti essenziali per la formazione formale, con particolare riferimento alla formazione interna all’impresa.

2.2. – L’art. 25, comma 1, della citata legge regionale prevede che «L’attività di formazione formale esterna all’impresa, correlata all’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere d’istruzione e formazione, è riservata ai giovani ed agli adolescenti che abbiano compiuto i quindici anni di età e che non siano in possesso di una qualifica professionale».

2.3. – Il comma 2 del medesimo articolo stabilisce che «La Giunta regionale, nelle more della regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione prevista dall’articolo 48, comma 4, D.Lgs. n. 276/2003, provvede a disciplinare la formazione formale esterna all’impresa, indicando la durata, in coerenza con la qualifica da conseguire, le ore medie per ogni anno del contratto, nonché la durata minima annuale, secondo le modalità ed i contenuti rispondenti ai diversi livelli di formazione posseduti dagli apprendisti al momento dell’avviamento al lavoro».

2.4. – L’art. 28, comma 1, della legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009, concernente i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante, dispone che «I profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono disciplinati, sentita la Commissione regionale per l’Apprendistato, con provvedimento della Giunta regionale, nel rispetto dei livelli essenziali stabiliti a livello nazionale e delle disposizioni contenute nell’articolo 49, comma 5, D.Lgs. n. 276/2003, e successive modifiche ed integrazioni, tenuto conto di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali e dagli accordi interconfederali. Con il medesimo provvedimento sono individuati i profili formativi, i quali sono regolati per competenze ed attività in coerenza con il repertorio nazionale delle professioni».

3. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, solleva quattro motivi di ricorso.

3.1. – La prima censura investe gli artt. 6, comma 4, e 29, commi 1, 2, e 3, della legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009. Tali disposizioni violerebbero la competenza legislativa dello Stato in materia di ordinamento civile (art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.), perché, nel regolare la formazione formale, si riferiscono non soltanto alla formazione esterna, ma anche alla formazione interna alle aziende, la cui disciplina è rimessa alla contrattazione collettiva. In particolare, la lettera b) dell’art. 6, comma 4, interverrebbe a definire la valutazione della capacità formativa delle aziende, che è rimessa alla contrattazione collettiva. Allo stesso modo, i primi tre commi dell’art. 29, stabilendo i requisiti ritenuti necessari per l’erogazione della formazione formale all’interno delle imprese, finirebbero anch’essi per definire la valutazione della capacità formativa delle aziende.

3.2. – La seconda censura concerne l’art. 25, comma 1, della suddetta legge regionale. Questa norma fissa in quindici anni l’età per iniziare l’attività di formazione formale esterna all’impresa, correlata all’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere d’istruzione e formazione. Tale previsione violerebbe le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lettera n), Cost.) e i principi fondamentali della materia (art. 117, terzo comma, Cost.), dal momento che contrasterebbe con l’art. 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che ha elevato a sedici anni l’età per l’accesso al lavoro, estendendo l’obbligo di istruzione a dieci anni.

3.3. – La terza censura riguarda l’art. 25, comma 2, della legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009. Tale disposizione prevede che, nelle more dell’attuazione dell’art. 48, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30), la Giunta regionale disciplini la formazione formale esterna all’impresa, indicando anche la durata dell’attività formativa. Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri questa disposizione violerebbe, da un lato, la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e i principi fondamentali in materia di istruzione e di tutela e sicurezza del lavoro e, dall’altro, il principio di leale collaborazione, dal momento che eluderebbe il meccanismo dell’intesa previsto dal suddetto art. 48, comma 4.

3.4. – La quarta censura ha ad oggetto l’art. 28, comma 1, della citata legge regionale, la quale stabilisce che sia la Giunta regionale, con proprio provvedimento, a fissare i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante. La disposizione impugnata, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, invaderebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, dal momento che i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante atterrebbero al sinallagma contrattuale e, dunque, sarebbero devoluti alla contrattazione collettiva. Inoltre, la disposizione impugnata, seguirebbe una procedura diversa rispetto a quella indicata dalla norma statale (regioni d’intesa con le associazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale), pur richiamando espressamente l’art. 49, comma 5, del d.lgs. n. 276 del 2003, che prevede proprio il meccanismo dell’intesa per comporre gli interessi compresenti.

4. – Con memoria depositata il 13 ottobre 2010, il Presidente del Consiglio dei ministri, dopo aver ribadito le argomentazioni sostenute nel ricorso, ha svolto ulteriori considerazioni a sostegno delle censure prospettate. In particolare, in riferimento alla prima questione sollevata, ha richiamato, a sostegno della fondatezza della questione sollevata, l’impianto motivazionale della sentenza di questa Corte n. 176 del 2010.

 

 

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 4, 25, commi 1 e 2, 28, comma 1, 29, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo 4 dicembre 2009, n. 30 (Disciplina dell’apprendistato), per contrasto con gli articoli 117, commi secondo, lettere l) e n), e terzo, della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.

2. – Ad avviso del ricorrente, che solleva quattro motivi di censura, le suddette norme violerebbero la competenza legislativa esclusiva dello Stato: in particolare, l’art. 25, comma 1, della citata legge regionale invaderebbe la competenza statale sulle norme generali sull’istruzione, mentre le restanti disposizioni impugnate lederebbero la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile. Gli artt. 25, comma 2, e 28, comma 1, inoltre, violerebbero i principi fondamentali in materia di istruzione e di tutela e sicurezza del lavoro e il principio di leale collaborazione.

3. – Prima di esaminare le singole censure, è opportuno ricostruire la disciplina legislativa relativa all’apprendistato e la giurisprudenza di questa Corte.

La normativa statale di riferimento in materia è contenuta nel d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30), nel titolo VI (artt. 47-53). In particolare, l’art. 47 di tale decreto legislativo contempla tre tipologie di apprendistato: a) qualificante, per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, volto al conseguimento di una qualifica professionale; b) professionalizzante (attivabile tra i 18 e i 29 anni), diretto al conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale; c) specializzante, per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.

L’attività formativa in apprendistato consta di una parte interna all’azienda e di una parte esterna ad essa, presso istituti di istruzione e formazione e soggetti accreditati (la sola eccezione è contemplata dall’art. 49, comma 5-ter, del d.lgs. n. 276 del 2003, che ha previsto forme di apprendistato con formazione esclusivamente interna all’azienda).

Nella disciplina dell’apprendistato si incrociano più materie (sentenza n. 24 del 2007): ordinamento civile per ciò che attiene al rapporto contrattuale e alla formazione interna all’azienda (art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.); per ciò che attiene, in particolare, l’apprendistato qualificante e quello specializzante, istruzione per le norme generali e i principi fondamentali (art. 117, commi secondo, lettera n), e terzo, Cost.); istruzione e formazione professionale per quanto riguarda la formazione esterna all’azienda (art. 117, quarto comma, Cost.); tutela e sicurezza del lavoro per quanto concerne la tutela degli apprendisti (art. 117, terzo comma, Cost.).

Le competenze statali e regionali in materia non si presentano «allo stato puro, ossia separate nettamente tra di loro e da altri aspetti dell’istituto. Occorre perciò tener conto di tali interferenze» (sentenza n. 50 del 2005). A queste ultime si provvede attraverso il criterio della prevalenza, oppure tramite gli strumenti della leale collaborazione, laddove non sia possibile procedere con il primo criterio. Nel caso in cui il legislatore opti per lo strumento dell’intesa, occorre rispettarne il regime giuridico, fondato essenzialmente sui criteri di codeterminazione dell’atto e di equivalenza delle volontà dei soggetti coinvolti (sentenza n. 24 del 2007).

Alle Regioni è, dunque, attribuito, in materia, un ruolo significativo, sia per ciò che attiene alla definizione dei profili formativi, sia per quanto riguarda i compiti di verifica e di controllo degli standard che le aziende devono rispettare. Questa Corte (sentenza n. 176 del 2010) ha precisato che, anche nei casi di formazione formale esclusivamente interna all’azienda, la disciplina dei profili formativi dell’apprendistato non possa essere rimessa «integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale». Di qui la declaratoria di illegittimità costituzionale del termine «integralmente», contenuto nell’art. 49, comma 5-ter, del d.lgs. n. 276 del 2003.

La legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009 riproduce sia nell’art. 6, comma 7, sia nell’art. 28, comma 2, l’originaria formulazione («sono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro») dell’art. 49, comma 5-ter, del d.lgs. n. 276 del 2003. Il termine «integralmente» rimosso dall’atto legislativo statale, a seguito della sentenza n. 176 del 2010, è tuttora in vigore nella citata legge regionale.

4. – Ciò premesso, può passarsi all’esame delle singole censure.

4.1. – La prima questione non è fondata.

Ad avviso del ricorrente, gli artt. 6, comma 4, e 29, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009, nella parte in cui disciplinano la «formazione formale interna» all’azienda, avrebbero invaso la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile (art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.).

L’art. 48, comma 4, lettera c), del d.lgs. n. 276 del 2003 stabilisce, in relazione all’apprendistato qualificante, che la disciplina delle «modalità di erogazione della formazione aziendale» è rimessa ai contratti collettivi di lavoro. L’art. 49, comma 5, lettera b), del medesimo decreto legislativo, in relazione all’apprendistato professionalizzante, rinvia alla contrattazione collettiva la determinazione «delle modalità di erogazione e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni».

Gli stessi artt. 48, comma 4, e 49, comma 5, del d.lgs. n. 276 del 2003 prevedono che i contratti collettivi di lavoro, nel definire le modalità di erogazione della formazione aziendale per l’apprendistato qualificante, rispettino gli «standard generali fissati dalle regioni competenti» (art. 48, comma 4, lettera c), del d.lgs. n. 276 del 2003). Alle Regioni deve essere riconosciuto un ruolo «di stimolo e di controllo dell’attività formativa» (sentenza n. 176 del 2010).

Le disposizioni impugnate non invadono le competenze legislative esclusive dello Stato. Da un lato, sia l’art. 6, comma 4, lettere da a) a d), sia l’art. 29, commi 1 e 2, della legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009 si limitano a formulare indicazioni generali relative alla capacità formativa dell’azienda, che riprendono, a grandi linee, criteri e requisiti già previsti dalla legislazione statale (nei più volte citati artt. 48, comma 4, e 49, comma 5, del d.lgs. n. 276 del 2003). Dall’altro, gli artt. 6, comma 4, lettera e), e 29, comma 3, sono espressione del potere di controllo delle Regioni in materia (come indicato dalla sentenza n. 176 del 2010), perché definiscono i criteri e le modalità di verifica della formazione aziendale, non la capacità formativa dell’impresa.

4.2. – La seconda questione è fondata.

Ad avviso del ricorrente, l’art. 25, comma 1, della legge della Regione Abruzzo n. 30 del 2009, nel prevedere che l’apprendistato qualificante, mediante «formazione formale esterna» all’azienda, possa essere svolto da chi abbia compiuto il quindicesimo anno di età e non sia in possesso di una qualifica professionale, avrebbe invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di norme generali sull’istruzione.

L’art. 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), nell’estendere a dieci anni l’obbligo di istruzione, da assolvere nel percorso liceale o in quello di istruzione e formazione professionale, ha portato da quindici a sedici anni l’età per l’accesso al lavoro. In tal modo, il legislatore statale, seguendo l’esperienza di altri paesi europei, ha inteso elevare il livello di istruzione dei cittadini.

Da ciò deriva che si può accedere all’apprendistato qualificante soltanto dopo il compimento del sedicesimo anno di età e, cioè, dopo aver assolto l’obbligo di istruzione. La disposizione impugnata, dunque, fissando in quindici anni l’età minima per accedere all’apprendistato, è in contrasto con la su richiamata disciplina statale sull’obbligo di istruzione, che rientra tra le norme generali sull’istruzione (sentenza n. 309 del 2010). Ne discende la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione.

4.3. – La terza e la quarta questione sono fondate.

Ad avviso del ricorrente, gli artt. 25, comma 2, e 28, comma 1, della legge regionale abruzzese, nel prevedere che la Giunta regionale possa disciplinare in via autonoma i profili formativi dell’apprendistato, violerebbero la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e quella concorrente relativa ai principi fondamentali dell’istruzione e della tutela e sicurezza del lavoro, nonché il principio di leale collaborazione. In particolare, le disposizioni impugnate contrasterebbero con gli artt. 48, comma 4, e 49, comma 5, del d.lgs. n. 276 del 2003, che richiedono l’intesa tra la Regione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nonché le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Le disposizioni censurate violano, in effetti, il principio di leale collaborazione, in quanto dispongono che la Regione possa provvedere unilateralmente a regolare la materia, anziché codeterminare i profili formativi dell’apprendistato per il tramite dello strumento (l’intesa) appositamente contemplato dalla legislazione statale.

Le altre censure restano assorbite.

 

 

per questi motivi

La CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli art. 25, commi 1 e 2, e 28, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 4 dicembre 2009, n. 30 (Disciplina dell’apprendistato);

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 4, e 29, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo 4 dicembre 2009, n. 30 (Disciplina dell’apprendistato), promossa, in riferimento agli articoli 117, comma secondo, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2010.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 novembre 2010.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA

 

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